Ho visto Darden Smith per la prima volta tra gli ocotillo e i prickly pears del Big Bend, West Texas, proprio quest’anno. Non stava suonando e non sapevo nemmeno che fosse un musicista.
Era una figura alta, asciutta e dinoccolata, con un buffo cappello a bombetta a tese più larghe del normale, capelli corti, piccolo orecchino al lobo di un orecchio, un look semialternativo che si distingueva nettamente da quello dell’escursionista ordinario ‘sacco-e-scarponi’, ed un bambino al suo fianco.
Insieme passeggiavano tra la vegetazione del deserto e, da lontano, li vedevo soffermarsi presso i cactus in fiore, esaminarli, parlottare, poi riprendere il cammino.
Davano una tale sensazione di serenità che si facevano notare. Un’ora più tardi, forse notandoci affaticati, ci offriva un passaggio sul suo fuori-strada, alleviandoci così sensibilmente il peso di una pista che imprudentemente avevamo valutato più breve e lieve del reale, sotto il sole del deserto.
Chiacchierando durante il tragitto, mi rivelava di essere un musicista, ‘non country’ specificava, scoprivamo di avere amici in comune a Nashville e a Austin e addirittura che aveva suonato a Torino qualche anno fa durante un suo breve viaggio in Europa, un viaggio che aveva prodotto un primo disco, Evidence, in duo con l’inglese Boo Hewerdine, leader della band The Bible.
Arrivati alla nostra macchina, ci congedava più che cordialmente e ci regalava pure questo suo disco, gesto che suscitava l’ilare incredulità di mia moglie per la circostanza (“…riesci a trovare dischi anche nel deserto del Texas!”).
Ed eccomi qui con Deep Fantastic Blue, un CD di musica vero, non propriamente country, ma assolutamente adatta alle nostre orecchie e non convenzionale.
L’impronta del suono e lo stile sono da cantautore e mi ricordano un po’ il primo Jackson Browne (Drowning Man) e la California degli anni ’70 (Silver And Gold).
I testi, in qualche occasione sono quanto di più vicino al country si possa trovare: Can you count the teardrops/falling from a mother’s eye/Hey that’s somebody’s daughter/…somebody’s son/Somebody’s pride and joy/Turned out to be/The broken branch of a family tree.
Le atmosfere e le melodie sono sottili, di quelle che al primo ascolto sembrano sfuggire ma che poi si insinuano gradatamente e inesorabilmente nella parte buona del cervello.
Alla track numero sette (Different Train) lo si è già gioiosamente metabolizzato. Musicalmente parlando, le cose sono trattate molto semplicemente: Darden suona la chitarra acustica ed è affiancato da un paio di chitarre elettriche, basso, batteria; occasionalmente si fa sentire qualche tocco di tastiera.
Quasi tutti i brani sono dei rilassati medium tempo e la garbata voce solista di Darden è al centro dell’attenzione.
In sostanza, Deep Fantastic Blue è un buon CD di Americana, attuale, gradevole, onesto e suonato con il cuore.
Per queste qualità può stare tranquillamente sugli scaffali di un lettore di Country Store o almeno di quello attento a tutto quanto di buono si muove intorno e accanto al prediletto mondo della country music.
Demon 930 (Alternative Country, 1998)
Fabrizio Salmoni, fonte Country Store n. 55, 2000
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