Creek Bend è un gruppo con inclinazioni progressive attivo da circa quindici anni nello stato di New York. I musicisti sono Chris Panfil (mandolino e fiddle), Carl Eddy (chitarra), Rich Shaefer (basso) e Mark Panfil (banjo e dobro).
Tutti cantano, con una netta prevalenza per Carl Eddy, che è anche autore di alcuni brani.
In questo eclettico Thanksgiving si sente di tutto: influenze Newgrass Revival, specie sulle voci; alcuni testi che toccano temi tradizionalissimi, parecchio swing, e anche un po’ d’Irlanda.
I risultati sono parecchio discontinui. Le voci, mai ‘high & lonesome’, sono oneste voci da country imprestate al bluegrass. Ma, con la giusta scelta dei pezzi, ciò potrebbe non essere un problema: infatti l’apertura dell’album, con una Bury Me di Dwight Yoakam, molto orecchiabile, richiama l’attenzione, anche se per scrivere di certe cose (“Seppelliscimi lungo il Big Sandy … sotto i cielia zzurri del Kentucky”) senza cadere nello stucchevole, ci vuole un Ralph Stanley, come minimo.
Riesce bene il gospel a cappella Belshazzar, dal repertorio di Johnny Cash, ed anche If You Leave, che suona molto Marlboro Country.
Discreto anche il valzer Stars In Their Crown, che pare registrata da un australiano di origine irlandese.
Sento invece alcune debolezze nei pezzi più tradizionali, specialmente nelle parti strumentali, ma non solo. Un altro gospel, stile bluegrass, riesce così così. Il timing del banjo è sempre incerto (a dir poco), e, qua e là, affiorano dissonanze ritmiche. E non sarebbe onesto dire che alcuni difetti sono così evidenti che se ne sono accorti anche i miei bambini: sono venuti su a pane e bluegrass.
È quasi incredibile come Mark Panfil, all’altezza quando suona il dobro, riesca poi a rovinarsi da solo una altrimenti discreta Evelina con un backup di banjo non solo inutile, ma invadente ed in costante ritardo sul dobro (che è correttamente ‘on top of the beat’, con il banjo che arriva dopo): usando, presumo, sempre la stessa mano destra.
Va detto che, in tutto l’album, non si sente molto banjo: un solo kickoff, e pochi, brevissimi break. I Wish You’d Say Hello, in tre quarti, con sonorità alla Mino Reitano (mi scuso con gli eventuali fan del Mino nazionale, che, intendiamoci, è appropriato sul suo materiale) è quasi irritante, così come la sua gemella Mama And Dad’s Waltz. Stranamente, tra i pezzi che riescono meglio ci sono alcuni strumentali: uno swing, ben fatto e con un ritmo molto compatto, ed il finale medley irlandese, specialmente la prima metà, che si intitola Swallow Tall Jig.
Direi che il gruppo sia in grado di destreggiarsi con il timing ed il feeling di diversi stili musicali, ma che, tra questi, il bluegrass non sia il più importante.
Se pensate di comprare questo CD, accertatevi prima che il vostro lettore vi permetta di programmare i brani da non suonare.
Copper Creck CCCD-O15O (Bluegrass Tradizionale, 1996)
Aldo Marchioni, fonte Country Store n. 48, 1999