Raddoppia la propria discografia, la bionda Terri Hendrix, facendo uscire a pochi mesi di distanza un album dal vivo, registrato al Cibolo Creek Country Club (che già ospitò le registrazioni del live di Ray Wylie Hubbard) ed un nuovo lavoro in studio, Places In Between, proseguendo la collaborazione con Lloyd Maines, suo vero padrino, nel senso non malavitoso del termine. Terri Hendrix, come sempre più spesso accade di questi tempi, è imprenditrice di se stessa, artista e discografica allo stesso tempo, e nel giro di pochi anni ha dimostrato di saper fare l’uno e l’altro con sicurezza, spavalderia e talento. Esplosa lo scorso anno, quando grazie all’album Wilory Farm conquistò ad Austin una lunga serie di Award, Terri da allora ha visto aumentare la propria popolarità estendendola anche al di fuori dei confini regionali, grazie anche a tour nella east coast, giocati in complicità con concittadini come Joe Ely.
Live cattura Terri in una calda notte texana, una notte nella quale tutto pare riuscirle con disarmante semplicità e contagioso entusiasmo. Sono solo in tre alle sue spalle, ma trattandosi di Glen Fukunaga, Paul Pearcy e, ovviamente, Lloyd Maines, altro, francamente, non occorreva. Spumeggiante e scatenata, Terri alza la sua voce, virandola nel country, nel folk-blues, nel bluegrass, i territori che più naturalmente le appartengono, portando per mano il ristretto combo elettroacustico attraverso alcune cover eccellenti come Fisherman’s Blues (dal repertorio Waterboys), Who Needs You (Darcy Deaville), o anche If Love Was A Train (Michelle Shocked), ed altre ancora, e brani di propria composizione, fra i quali spiccano la splendida Gravity (già in Wilory Farm) dall’irresistibile uncino pop, le divertenti The Know How, Wallet e l’intima Sister’s Song, dolcissima ballata folkie.
Pur essendo ancora molto breve, la stagione artistica di Terri Hendrix sembra chiudere, con Live, un primo capitolo, fatto di canzoni forti, colori accesi, entusiasmo e senso d’innocenza, per aprirne, con il successivo Places In Between, uno nuovo, più adulto e consapevole, dai toni più sfumati e meditati.
Le canzoni contenute nel nuovo lavoro, per stessa ammissione dell’autrice, sono infatti le riflessioni di una giovane donna la cui esperienza di vita è stata sin qui caratterizzata dalla paura, dalla insicurezza esistenziale e l’album nella sua totalità, è concepito come un piccolo grande viaggio della sua coscienza, nella coscienza del mondo, un mondo maschilista e pieno di ostacoli, ancor più impegnativi se affrontati in solitudine e con una manciata di canzoni al posto delle banconote.
Ma non aspettatevi una folk girrrl (si, proprio con tre R) arrabbiata e pronta ad alzare il dito medio, tutt’altro. La dolce solarità di Terri Hendrix, il suo largo sorriso di donna-bambina, si fa comunque largo, nelle pieghe di un cammino lastricato di sacrifici, ma ineluttabile per intima verità di vita. Certamente non un album dark, Places In Between, pur nella varietà di accenti, privilegia quindi ambienti sonori più meditati e i mezzi toni del pastello.
Rispetto ai precedenti lavori in studio, il nuovo album è più ricco di suggestioni, dall’irish folk di Joy Of Sorrow, al rock amaro di Throw My Love Against The Wall, dal bluegrass di My Own Place, al caustico funk di Invisible Girl, sino alla catartica ballata Fair, tra le sue canzoni più belle.
Anche Places In Between si avvale della produzione di Lloyd Maines e dell’apporto dei soliti amici Fukunaga e Pearcy, assieme a Bukka Allen, Riley Osborne, Richard Bowden, Danny Barnes, John Mills e George Morgan, ed è, a tutt’oggi, il disco migliore di Terri Hendrix.
CRS 1016 (Singer Songwriter, 2000)
Mauro Eufrosini, Out Of Time n. 37, 2001
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