Già in precedenza su Hi, Folks! si è parlato delle etichette indipendenti nel folk nordamericano, accennando a quelle minuscole labels a gestione familiare la cui musica, priva quasi del tutto di promozione e talvolta eccessivamente colonizzata per la presenza di musicisti regionali, di rado supera la cerchia ristretta degli adepti e vende quel tanto che basta a pareggiare un bilancio destinato a rimanere in passivo già dall’inizio.
Anche The Model Church appartiene a simili realtà discografiche e credo venga spontaneo chiedersi, dopo l’ascolto del suo contenuto, quali e quanti possano essere gli ipotetici, ottimi gruppi sfuggiti al ‘setaccio’ dell’appassionato. Ad ingrossare le file dei ‘dispersi’ non va, per fortuna, il Primitive Quartet, gruppo specializzato in gospel originario del North Carolina, che ha all’attivo più di una dozzina di albums, di cui questo, che è il loro secondo, mi sembra il migliore.
The Model Church è la prova di come si possa fare un magnifico disco di gospel dal suono più nuovo e brioso, senza essere necessariamente un Ralph Stanley e soprattutto senza l’assillo di una super produzione. Il segreto sicuramente sta nella religiosità autentica che anima i nostri, a giudicare dalla dedica alla loro guida spirituale e dalla loro discografia interamente votata al gospel con un’accentuata preferenza per la produzione di autori sconosciuti, tant’e’ che molto raramente, nel loro repertorio, troverete i brani-sempre-quelli, che solleticano la vanità vocale (e, perché no, i portafogli) dei loro colleghi più famosi.
Inutile dire che gruppi del genere pullulano negli USA, ma il Primitive Quartet ha un sound più brillante e senz’altro più moderno rispetto ad altre ben più note formazioni regionali, come gli statici, ‘a cappellistici’ Chestnut Grave Quartet, o i tradizionalissimi Easter Bros. Innanzitutto il quartetto rimane tale solo vocalmente: in realtà il gruppo sembra essere una formazione aperta da cui passano di volta in volta, disco dopo disco, gli strumenti più vari, tra cui una steel-guitar e un pianoforte che purtroppo hanno contribuito ad appesantire alcune loro successive incisioni.
Nell’LP che ci occupa, il quartetto in realtà è un settetto, in cui ognuno ha un suo ruolo ben definito, fatta eccezione per due componenti impegnati a svolgere la duplice funzione di cantanti e strumentisti. Infatti la solita line-up basso-chitarra-mandolino è irrobustita da un’ulteriore chitarra ritmica e da una vivacissima chitarra solista (Mike Riddle) che saltella, contrappunta e guida strumenti e voci delle quali mi limito a segnalare soltanto la personalissima, svettante solista, tralasciando volutamente particolari sui cori e sulle finezze vocali che devono essere necessariamente il punto di forza di un disco di gospel che vuole essere rispettato come tale.
Ma il sound del gruppo sembra essere di marca più ‘nera’ e meno bluegrass di quanto la strumentazione possa lasciar credere nei brani ritmicamente veloci o sostenuti, in cui i quattro eccellono, sfoggiando una grinta e uno swing da fare invidia al Golden Gate Quartet.
Dei dodici brani, ricordo l”a cappella’ Don’t Leave Me Here, l’inflazionatissima The Model Church che non ha niente da invidiare a quella più blasonata della Bluegrass Album Band, e infine le ritmiche I Feel Him Near Me e Let Me Travel Along, in cui il gruppo mi sembra a proprio agio.
Infine, per chi è a caccia di definizioni, dirò che il Primitive Quartet è una via di mezzo tra la cooderiana Jesus On The Mainline e la voce dei Quicksilver, quelli di Doyle Lawson, naturalmente!
WES RSR 604 (Bluegrass Gospel, 1980)
Pierpaolo De Luca, fonte Hi, Folks! n. 17, 1986