Dietro il nome Powderblue si cela Marjolein van der Klauw, cantautrice olandese giunta qui al suo secondo album. Il nome si riferisce sia al suo colore preferito, un blu tendente al grigio, sia ad un atteggiamento vagamente malinconico presente nella musica e nei testi: “some sadness with a twist”, stando alle sue parole.
Marjolein è diventata famosa tra gli amanti della musica tradizionale americana – una cerchia ristretta, ammettiamolo pure, e tanto più in un paese piccolo come l’Olanda – a seguito della vincita del Grote Preijs (categoria singer/songwriter) nel 1998. Da qui sono poi seguite partecipazioni a festival, tour e spazio nelle playlist delle radio nazionali. Del 1999 è l’incontro con Jac Bico, strumentista poliedrico, con cui incide nel 2002 So Much To Cover. L’album riceve una buona accoglienza e arriva fino in Texas, dove una radio locale elegge la van der Klauw ad ‘artista femminile e scoperta dell’anno’.
Il secondo album, del 2004, conferma le promesse del primo e, pur senza rinunciare al cantautorato folk tipico di So Much To Cover, accentua la componente country, grazie ad un uso maggiore di dobro, pedal steel e banjo, quest’ultimo non presente nel disco del debutto. Continua anche il sodalizio artistico con Bico, che, come nel primo disco, suona la maggior parte degli strumenti, mentre Marjolein, autrice di tutte le canzoni tranne Dry Town (vedi sotto), contribuisce con voce e chitarra acustica.
I legami con la musica tradizionale americana si evidenziano subito nella prima traccia, Upstairs, Downstairs, che apre il disco con una nota di brio. Tocchi di banjo, steel e dobro rimangono nel resto dell’album e gli danno quel caratteristico ‘gusto’ country, anche se nelle tracce successive prevale comunque una vena più malinconica.
Da segnalare sono Look Me In The Eye e She’s Got My Heart, entrambe con accompagnamento di armonica a bocca, Things To Do e Rosie, dove l’abile finger-picking di Bico fa da cornice alla chiara e mesta voce della van der Klauw.
Il tono si riaccende in parte in I Wear Your Jeans, grazie anche al notevole lavoro del banjo, ma, complessivamente, tutte le tracce sono contraddistinte da una calma e pensosità che ricorda il folk degli Appalachi e il traditional country del primo Novecento.
Tali caratteristiche portano inevitabilmente a paragonare il duo Powderblue con il duo Gillian Welch e David Rawlings. È innegabile, infatti, una certa affinità musicale tra le due coppie, sottolineata ancora maggiormente dalla scelta di chiudere l’album con Dry Town, una canzone della Welch scovata su un nastro e non ancora pubblicata dalla cantautrice americana. Questa canzone, il cui titolo si riferisce a una città ‘secca’, in cui non è possibile trovare neanche un goccio di birra o whiskey, è un pezzo vivace e leggero, che rimanda per briosità al brano con cui era iniziato il disco.
Volendo fare altri paragoni, la van der Klauw per voce e stile ricorda Laura Cantrell, con cui condivide un curioso aneddoto. Eccolo: l’artista americana ha inciso una canzone dal titolo Not The Tremblin’ Kind, mentre quella olandese un pezzo dal titolo The Trembling Kind. Entrambe le canzoni figurano poi nei rispettivi album d’esordio. Speriamo soltanto che Marjolein, contrariamente al titolo della canzone, abbia quella ‘risolutezza’ che le permetta di imporsi oltre gli stretti confini dei Paesi Bassi.
Basta 30-9137-2 (Country Folk, Singer Songwriter, 2004)
Vito Minerva, fonte TLJ, 2005
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