Questo è il bluegrass della terza generazione. Poiché stiamo parlando di uno stilista di quell’incredibile strumento che è il ‘dobro’, la chitarra con il cuore in acciaio, dobbiamo ricostruire una necessariamente sintetica genealogia. Prima ci fu Bashful Brother Oswald a far gemere il suo strumento dietro la voce del grande Roy Acuff, seguito a ruota da ‘Uncle Josh’ Graves, che scambiava licks bluesy con il rivoluzionario banjo di Earl Scruggs.
Da loro derivarono due mitici dobroisti: Mike Auldridge dei Seldom Scene e Jerry ‘Flux’ Douglas, rivelatosi per lo stellare virtuosismo tecnico, nei Boone Creek di Skaggs.
Fu proprio ascoltando il primo disco di Mike che iniziò la magnifica ossessione di Rob per questo strumento lamentoso e caldo, terribilmente vicino alla voce umana. Seguì lo studio approfondito di ogni possibilità espressiva dello strumento e di ogni suo precedente utilizzatore. Rob Ickes oltretutto non è proprio un neofita: è membro di una delle più stimolanti band del momento, i Blue Highway, che lo assistono in massa in questo suo lavoro solista, ed ha fatto parte degli Union Station, pure loro presenti in alcuni brani, che hanno affiancato Alison Krauss nella registrazione del suo album capolavoro, Every Time You Say Goodbye.
In conclusione, giovani musicisti di altissimo livello. E la musica, beh… è vera musica! Nel senso che è un album tutto da ascoltare, che spazia dal bluegrass (Flatt Lonesome e Reuben) al blues, dal ritmo superveloce al lento strappacuore. Nel gospel How Great Thou Art, il dobro è tutto solo e crea un’atmosfera tersa e serena, come solo in certi lavori del Flux più maturo si era sentito. C’è anche una variante, ripresa da un vecchio disco di Doc Watson, di Tom Dooley, il superhit del Kingston Trio che diede inizio alla folk era; qui Rob esordisce anche come cantante solista e non è affatto male.
Rounder 0402 (Bluegrass Moderno, 1997)
Maurizio Angelo, fonte Out Of Time n. 22, 1997
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