“Mia madre è morta che non avevo ancora 12 anni. Mio padre aveva un lavoro notturno di dodici ore per dieci mesi all’anno. Di notte, la radio mi faceva compagnia con le grandi canzoni country del passato. Sono state loro a darmi una formazione ed uno scopo nella vita. E lo scopo della mia vita è stato proprio quello di mantenerle vive”.
Così ci spiega Don Walser nelle note di copertina del suo Rolling Stone From Texas, e ad ascoltarlo ci convince subito che ha ben mantenuto i suoi propositi, a cominciare dalla title-track da lui stesso composta e che già gli aveva valso qualche favore di critica nel 1964. Questo signore dal faccione rubicondo e gioviale ci propone dodici brani di classico country texano con il giusto blend di violini e steel-guitars e con la ritmica in piena evidenza come vuole lo stile: né manca il tipico yodel cosi popolare in Texas – da fare invidia ai tirolesi – nel quale Don si cimenta con risultati sorprendenti.
Ma la sua voce, al di là degli orpelli imposti dalla tradizione, brilla sempre per sicurezza, feeling e potenza sia nei brani di sapore western-swing (Shotgun Boogie, Till The Play-boys Get Here) che nelle più romantiche ballate (That’s Why I’m Walkin, I’ll Hold You In My Arms), rendendocelo caro e familiare, come fosse parente stretto di Elvis e Hank Williams, di George Jones e Conway Twitty…
Il disco si snoda piacevolmente fra classici come Cowpoke e brani dello stesso Walser ottimamente sorretti dalla Pure Texas Band in cui spiccano Jimmy Day alla pedal-steel, Cindy Cashdollar al dobro ed alla lap-steel e Johnny Gimble al fiddle. A completare l’affresco un omaggio a Jimmie Rodgers, California Blues, una vecchia e dimenticata canzone di Willie Nelson, Three Days ed un finale tex-mex con Down On The Cantina.
Watermelon CD 1028 (Alternative Country, Singer Songwriter, 1994)
Luigi Grechi, fonte Out Of Time n. 7, 1994
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