Neil Young - Hawks & Doves

Dopo il successo strameritato dell’album precedente, Rust Never Sleeps, Neil Young si ritrova nuovamente inseguito dai suoi fantasmi. Nasce il secondo figlio, anch’egli afflitto da gravi problemi cerebrali e la moglie Pegi viene operata al cervello per un tumore maligno da cui fortunatamente si salverà.
Young preferisce non sbandierare i suoi guai e getta lì in pochi giorni un album molto breve e poco interessante. Hawks & Doves viene registrato di (ri)getto e consta di un primo lato acustico e di uno country-rock. Il primo, quello delle colombe (Doves nel titolo) è migliore, il secondo è sconcertante più per le tematiche smaccatamente conservatrici e redneck che per la musica, se vogliamo anche gradevole. Le idee sono poche e per arrivare a trenta minuti di musica, Young è costretto a recuperare due buone outtakes del passato.
La prima di esse apre l’album ed è sin dal titolo una dedica a Hendrix. Little Wing proviene da Homegrown, un progetto abortito nel 1975 da cui poi nacque l’album Tonight’s The Night. Ballata acustica e breve, tra le poche da salvare. Il secondo ripescaggio dal passato è la successiva The Old Homestead, che vede alle percussioni (fastidiose, secondo me) Levon Helm, ex-The Band, proveniente dalle sessioni di On The Beach (1974). Il testo misterioso e la lunghezza di quasi otto minuti in un disco brevissimo ne fanno il fulcro dell’album, anche se in futuro del brano rimarranno poche tracce. Il lato acustico si chiude con Lost In Space, una bella canzone penalizzata da un finto e insulso coro infantile e Captain Kennedy il cui testo rimanda a un periodo della storia americana sicuramente più dignitoso.

Il lato b, quello dei falchi (Hawkes nel titolo), è come detto infarcito da un inspiegabile e allucinante patriottismo. Coastline ricorda vagamente le square dances, ma con testi aggressivi e musica banalotta. Union Man ha un patriottismo smaccato e il canto di Neil Young può ricordare alcuni brani del Lennon solista. Gradevole.
Chiudono Comin’ Apart At Every Nail che non si può negare sia effettivamente gradevole, anche se il testo in bilico tra ironia e conservatorismo stona. Chiude la title track che annichilisce per l’assurdità delle tematiche e che musicalmente non aggiunge nulla.
Dopo questo album, Young farà incredibilmente anche di peggio per ben 8 anni! Come si dice in questi casi? Solo per fans, ecco.

Reprise 2297 (Singer Songwriter, Country Rock, 1980)

Fabrizio Demarie, fonte TLJ, 2006

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