Dirk Hamilton: festa grande! Il disco è bellissimo, la soddisfazione… completa. Al settimo disco in vent’anni (trascurando le due cassette autogestite: Big At Blackwater e Rough Takes ed un vinilico ‘boot’ nostrano), Dirk si ripropone personaggio di caratura superiore nell’ambito della grande tradizione della canzone d’autore.
Yep!, come i due che l’hanno preceduto – Go Down Swingin’ e Too Tired To Sleep – esce ancora per l’Appaloosa, grazie alla passione e determinazione di Franco Ratti al quale rivolgo un sincero ringraziamento nonché l’invito a persistere. E non solo per un ulteriore ‘Dirk Hamilton’, ma per un nuovo ‘Don Sampson’ oppure un ‘Townes Van Zandt’ o anche un ‘Guthrie Thomas’… chissà.
Yep!: 14 brani, quasi un’ora di musica, registrati in studio a San Jose, California, ed a Austin, Texas, da un musicista motivatissimo che si accompagna alla chitarra acustica e, talvolta, all’armonica, con il supporto piuttosto continuo di David Hyes al contrabbasso.
Ai due si aggiungono, in combinazioni diverse e comunque raramente all’unisono, Radoslav Lorkovich al piano, Hammond e accordion; Paul Pearcey, batteria; Marvin Denon, chitarra e mandolino; Tommy Elskes, spoons; e Champ Hood, fiddle. Un disco fondamentalmente acustico quindi: non v’è traccia di chitarra elettrica e la batteria, quando presente, è discreta e finemente spazzolata. Il contrabbasso non invade mai e gli altri strumenti sono dosati con parsimonia, sia nella frequenza che nella profondità di intervento, quasi a voler dipingere un quadretto sonoro dalle tenui tonalità pastello.
Formalmente, pertanto, non un’opera dai toni forti… al contrario, piuttosto sobria, quasi minimalista negli arrangiamenti, ancorché complessa nella tessitura, atmosferica e riflessiva. E qui sta la forza ‘sostanziale’: la dimensione poetica, la potenza della voce, la chiarezza espositiva, l’interiorità e la profondità del ‘craft’: su questi irrinunciabili valori si esprime la superiorità del prodotto. Dirk è in piena voce (quella voce!) ha le canzoni, tutte nuove e nessuna banale, risultando inoltre operosissimo strumentalmente: insomma è in ottima forma.
C’è molta autobiografia riflessa nei testi, valga per tutti Long Blonde Hair: “Son dovuto andare in Italia per trovare qualcuno che apprezzasse la mia arte poetica”. In effetti, proprio in Italia esiste un mercato per la canzone d’autore che non ha forse riscontro altrove, soprattutto se relazionato al consumo discografico medio e se valutato su base ‘frequentazione’; basti pensare a quanti cantautori abbiano visitato, spesso ripetutamente il nostro Paese (o siano in procinto di farlo) grazie all’intraprendenza della Carlini Family, un fenomeno nato dal nulla che ha assunto proporzioni ‘industriali’. Dirk è stato fra i primi e propio mentre scrivo è nuovamente ‘on tour in Italy’.
Ha attraversato periodi bui – fatto apparentemente comune a molti di questi menestrelli – ma non ha perso lo smalto e l’entusiasmo per il proprio lavoro. Attendevo da tempo un nuovo disco che potesse illustrare l’attuale status artistico di questa importantissima figura del can-tautorato USA e Yep! non mi ha deluso.
E’ puro, incontaminato, anche un po’ anticommerciale, pur nell’accezione più innocente del termine che intende negare… mi spiego: rispetto ad altri stimatissimi predecessori si cura anche meno di piacere subito, ma piace, perbacco se piace! Occorre però ascoltare con attenzione, il che mi sembra comunque abbastanza ovvio.
Appaloosa AP 107 (Singer Songwriter, 1994)
Renato Bottani, fonte Out Of Time n. 4, 1994
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