Se volessi cercare un pò di folklore per spingervi ad avvicinarvi ad un personaggio che facile non è, con Cary Swinney non avrei problemi. Nativo del West Texas, vive a Lubbock; si potrebbe descriverlo come l’ultimo anello di una catena che da Buddy Holly sino a Butch Hancock, Joe Ely, Jimmy Dale Gilmore e Terry Allen ha legato a noi per anni la musica d’autore texana. Vi è un fondo di verità in tutto questo, ma nulla aggiunge alle capacità di questo 37enne cantautore che sembra descrivere in canzoni il West Texas con la stessa amara lucidità, il senso della solitudine, le angosce esistenziali di scrittori come McMurtry o McCarthy.
Ma è anche un autentico primitivo, una sorta di provocatore che vuole colpire subito forte per catturare l’attenzione e tenerci in pugno canzone dopo canzone. Ho letto di accostamenti tra i più disparati, ed in molti c’è un fondo di verità, non si può sbagliare: Terry Allen, Butch Hancock, il cui ultimo solitario album è una sorta di compendio di un uomo più maturo a Human Masquerade, Todd Snider, John Prine, la sua prima musa ispiratrice, ed io aggiungerei, stilisticamente, anche il Dirk Hamilton anni ’90. Un ‘primitivo’ è spesso simile solo a sé stesso e, la prima cosa che colpisce in Human Masquerade, dopo la copertina, è l’enfasi dell’uso della voce e della chitarra. Le ragioni sono chiare, vi è la necessità assoluta di tenere concentrato l’ascoltatore sui testi, non deve distrarsi per seguire il ritmo o la melodia.
Cary, ancora non professionista, ha realizzato nel ’96 una quarantina di canzoni suonando solitario dal vivo ai Brazos Studios, il suo produttore Allan Crossland ne ha scelte 13 per questo CD che Cary voleva titolare Convoluted Philosophical Bullshit.
Chiama a posteriori una serie di musicisti celebri come Richard Bowden, violino e mandolino, Lloyd Maines, chitarre, lap steel e dobro, Robin Griffin, suo abituale compagno live, chitarra, Alan Munde, banjo, Braxton Howle, basso, e Steve Meador, percussioni, a completare la produzione, quasi a riempire i pochi ‘spazi emotivi’ lasciati vuoti dalla voce e dalla chitarra di Swinney. L’intento è quello di far sì che il CD assomigli il più possibile alle performances live del protagonista. Ne risulta un sound di eccezionale efficacia, che valorizza al massimo tanto i silenzi che le scarne sonorità acustiche che fanno risaltare l’espressiva e ruvida voce di Cary Swinney lasciando padrone assoluto della scena proprio i testi e colui che li declama.
Apre con “Il povero gioca per divertimento, il ricco per vincere”, Human Masquerade, ed è una provocazione continua, una satira tagliente dall’humor abrasivo. Caldo, passionale, drammatico, non concede tregua, è una continua stimolazione intellettuale, un invito a filosofiche riflessioni per le coscienze assopite, pronto a ironizzare o mettere in discussione tutto.
La religione e la fede sono temi dominanti: Jesus Silverstein, What If Jesus Was A Woman? (And Jesus Is A Black Man?) e Desperate Searcher sono testimonianze tangibili della ricerca della verità come una fede.
Ma il desiderio di risposte sembra rimbalzargli indietro sotto forma di nuove domande, di sempre più grandi interrogativi senza soluzione. “Se Egli ha creato tutto, chi ha creato lui?” si chiede il ‘Disperate searcher’. Pochi accordi di chitarra, qualche incisiva puntata solista di uno strumentista, ed ecco che Cary Swinney affronta un altro argomento: il potere, il femminismo, i problemi sociali e razziali, la country-music. Un violino, un dobro, la lap-steel, un banjo, bastano, da soli, ad incorniciare ogni suo ritratto sonoro, ad esaltarne il disegno, a sublimarne il messaggio. Canzoni dal titolo innocente nascondono drammi e problemi profondi, When I Was A Kid, Love Is Never Caged, mentre tocca momenti di pura poesia, Hair In The Windshield, dove Sweeney impersona un’autostrada per descrivere la vita nel Texas.
La copertina è rivelatrice del modo di vedere la vita e le cose da parte di Cary: da dietro la scena. In un vicolo di down-town Lubbock un ubriaco dorme appoggiato ad un muro, un bambino gli è nascosto dietro e sbircia dalle sue spalle. Sullo sfondo Sweeney osserva la scena da un’altra prospettiva offrendo tanto un ritratto dell’Human Masquerade che un’illuminante indicazione del modo di ‘sentire’ dell’artista. In seconda pagina, prima degli imperdibili testi, la lista di canzoni già registrate di questa futura gloria di Lubbock e del Texas. Credo che ne sentiremo ancora parlare; un debutto così è una cosa rara e preziosa per chi ama il cantautorato USA.
Johnson Grass JGPC-75760 (Country Acustico, Traditional Country, 1997)
Franco Ratti, fonte Out Of Time n. 27, 1998