A giudicare dal responso della critica inglese Down Home, principesca serie documentaria sulla fiddle-music realizzata da Channel Four sotto l’illuminata guida di Aly Bain, deve essere risultata un evento epico. La copertina parla invero di un viaggio storico dalla Scozia al Nord America, e sebbene in patria Bain non si sia mosso dalle Shetland ed oltreoceano abbia di fatto ignorato la Louisiana, dove pure il fiddle ha un ruolo di tutto rispetto, certamente è riuscito a coinvolgere gran parte dei nomi più illustri del settore. Per citare solo la crema ha chiamato, tra i conterranei, l’antico maestro Tom Anderson ed il giovane Willie Hunter, ha inserito i suoi Boys Of The Lough (oltre ad esibirsi con vari altri big), ha ripescato tra i canadesi il leggendario Jean Carignan e tra i fiddlers di Cape Breton Buddy MacMaster e Lee Cremo.
Per chi guarda agli States poi è un vero tripudio: ci sono il compianto Tommy Jarrell, Mike Seeger, Bill Monroe ed i Blue Grass Boys con Kenny Baker, Junior Daugherty, Mark O’Connor a solo e come membro della Peter Rowan Band, e tanti altri ancora.
Con quasi due ore di registrazioni originali, mediamente di qualità sonora dignitosa, questi due dischi, Down Home 1 & 2, rappresentano un acquisto d’obbligo per gli amanti della fiddle-music. E dato che la selezione del materiale è stata assai oculata, e varie sono le tracce cantate e quelle in cui il fiddle comunque non è dominatore assoluto (in un paio di occasioni incongruamente neppure c’è), sono anche consigliabili a tutti come godibilissima proposta d’ascolto e preziosa raccolta documentaria.
Detto questo, anche a costo di sembrare quello che cerca sempre il pelo nell’uovo, credo sia doveroso sottolineare un piccolo neo nella produzione, dovuto al tentativo di risparmiare all’osso.
Posso comprendere che spezzare quello che avrebbe dovuto essere un album doppio in due volumi separati fosse una grossa tentazione, ed anche che una volta fatta la scelta allegare ad essi un qualche tipo di inserto, che poi sarebbe risultato un inutile doppione per chi avesse acquistato entrambi, avrebbe annullato il margine di guadagno che essa offriva. Però non capisco, visto che il materiale illustrativo non poteva assolutamente mancare, perché in copertina non sia stata utilizzata qualche foto, ed invece di una autocompiacente sbrodolata del coproduttore americano del programma non siano stati accreditati i musicisti come Dio comanda.
Nessuno morirà a non sapere i nomi dei componenti, ad esempio, della Bottine Souriante o del Lerwick Lounge Ensemble, e si godrà comunque le performances di Carignan anche senza conoscere il nome del pianista che gli fa da spalla, ma perché fare allora i nomi di altri? O tutti, che sarebbe stato l’optimum, o nessuno, cosa antipatica, ma almeno di una certa logica.
Lismor LIFL 7011/2 (1986)
Gianni Cunich, fonte Hi, Folks! n. 18, 1986