Dopo King Of California, Blackjack David e Public Domain, Dave Alvin torna a suoni più elettrici rispolverando la sua chitarra elettrica, quella che infiammava la musica della sua band, i Blasters. Naturalmente rispetto ad allora c’è un suono meno selvaggio e più attentamente meditato e così, dopo la trilogia dedicata alla musica delle radici e della tradizione americana, Alvin si rivela un autore rock meno viscerale ma più completo e vario. Tornano quindi gli assoli crudi di chitarra e torna il blues ad ammantare un rock duro e spartano, fatto senza compromessi, con il valore aggiunto di tutto quello che Dave ha portato a casa dopo le ultime esperienze discografiche. Lo si sente nel cantato, a tratti introspettivo, altre volte più secco e ficcante e nelle atmosfere che alternano una grinta asciutta e affilata con la calma pastorale di lunghe ballate dai tratti epici. Emblematiche, sotto quest’ultimo profilo, Rio Grande ed Everett Ruess, legate a doppio filo al country, e che rimandano almeno in parte al folk-rock di Mark Knopfler.
C’è comunque spazio per un rock a tutto campo, con quella Stratocaster scrostata a ruggire rabbiosa in Ashgrove o con i fendenti di una slide che serpeggia in un pezzo come Sinful Daughter, caratterizzato da un incedere pigro ma incombente anche grazie alla voce grave di Alvin.
Disco completo e che gode di notevole solidità compositiva, Ashgrove è così segnato da uno stile chitarristico, mai banale, teso a cogliere l’essenza, il cuore della melodia, senza per questo rinunciare ad una lucida attenzione ai dettagli.
Yep Rock 2075 (Roots Rock, Singer Songwriter, 2004)
Matteo Strukul, fonte JAM n. 106, 2004
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