Al sesto album all’attivo, David Berkeley ha trovato il suo equilibrio, personale ed artistico, trasferendosi con la famiglia a Santa Fe, New Mexico, dopo anni di vagabondaggi musicali per gli Stati Uniti e per l’Europa, coltivando la sua doppia passione, per la musica e per la scrittura.
Cardboard Boat è infatti strettamente legato ad un libro intitolato The Free Brontosaurus pubblicato in concomitanza e i cui personaggi vengono qui sviscerati e descritti attraverso dieci canzoni dal taglio cantautorale che deve molto a Nick Drake, Donovan, Tim Buckley e anche ai Fairport Convention più americani.
Una voce calda ed espressiva, arrangiamenti curati nei minimi particolari senza risultare freddi ma con la consapevolezza di trovarci di fronte ad un autore profondo e maturo, la presenza di ospiti di grande valore come Sara Watkins (Nickel Creek, Watkins Family Hour), qui ‘solo’ come vocalist, il chitarrista Bill Titus, i fiati di Jordan Katz e il corposo contrabbasso di Will Robertson, queste sono le peculiarità di un lavoro intimista, accorato e pregno di poesia.
To The Sea con un break chitarristico che mi ha ricordato il Jerry Donahue (chitarrista americano con i Fairport e i Fotheringay) più ispirato, la title-track in cui si rincorrono violino e banjo in un crescendo ricco di pathos, Setting Sail, Colored Birds, la tenue Wishing Well introdotta da un piacevolissimo arpeggio di chitarra acustica, Hole In My Heart guidata ancora da un bel fiddle nelle mani di Jason Crosby, giocano tutte con le emozioni più vere, con le impressioni più coinvolgenti, in un insieme coeso, un ‘body of work’ veramente rimarchevole.
La produzione, oltre al coinvolgimento diretto dei musicisti stessi, vede la presenza di Jono Manson, nella triplice veste di ingegnere del suono e di session man, sempre prezioso per i suoi interventi alla chitarra acustica.
Disco cristallino e profondamente ispirato.
Autoprodotto (Singer Songwriter, 2015)
Remo Ricaldone, fonte TLJ, 2016
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