Per gli appassionati di bluegrass il nome Birchmere è quasi mitico: nel club di Arlington, Virginia, sono infatti da casa i piú grossi nomi del bluegrass, i Seldom Scene vi suonano ogni giovedi, ed è possibile assistere a concerti di ‘supergruppi’ spesso estemporanei, che non suonano il altre situazioni.
E’ grazie alla gente del Birchmere che si è tenuto lo scorso anno (in data non precisata sul disco) un grosso concerto al Lisner Auditorium della George Washington University di Washington, D.C., a cui hanno partecipato i Country Gentlemen, i Seldom Scene, ambedue i gruppi anche nella formazione ‘originale’, e i New South di J.D.Crowe in formazione ‘quasi originale’.
Non è necessario precisare che questo album, doppio naturalmente, è una vera manna per i bluegrassari, e un acquisto obbligato.
I Seldom Scene in versione live non sono una novitá, ma c’è molto di interessante nelle nuove canzoni proposte, nell’ottima versione di Hickory Wind con Mike Auldridge alla pedal-steel, e nella simpatica sfrontatezza di alcune presentazioni di John Duffey: chiamando sul palcoi John Starling, per ricreare la formazione originale dei Scene, Duffey spiega che da tempo ‘Doctor’ Starling ha in parte abbandonato la musica per dedicarsi alla cura di “orecchi, naso e portafoglio”…
E gli ‘original Seldom Scene’ ci regalano cose davvero belle, e momenti di divertimento in una versione appropriatamente ‘ubriaca’ di Through The Bottom Of The Glass. La lunga assenza di Starling dal gruppo non pare abbia conseguenze negative sul suono, e questi pochi cuts hanno tutto il fascino del precedente Live At The Cellar Door.
Un pó privi del passato smalto appaiono invece i Country Gentlemen in formazione ‘originale’, con John Duffey, Eddie Adcock, Tom Gray e naturalmente Charlie Waller (in realtá la formazione originale vedeva Bill Emerson al posto di Adcock e Tom Morgan al posto di Gray, ma poco conta: è con la formazione qui presentata che i Gentlemen hanno creato uno stile, quindi evitiamo le pignolerie).
Adcock, al momento attuale in relativa oscuritá, è il banjoista grintoso di sempre, in possesso di uno stile personalissimo e in continuo rinnovamento, come prova brillantemente in Lonesome Day, e il suo baritone è come sempre elemento di unione nel trio del gruppo.
E’ peró proprio una complessiva mancanza di compattezza il difetto piú evidente di questa rimpatriata; Bringing Mary Home, cantata qui alternativamente da Duffey e Waller , mi riconcilia tuttavia in extremis con i ‘nuovi’ Country Gentlemen originali: ben fatto, ‘Dufè’…
E passiamo al secondo disco. Troviamo ‘The Almost Original New South’ con J.D.Crowe, Tony Rice, Ricky Skaggs, Jerry Douglas e Todd Phillips; quest’ultimo vorrebbe essere l’unico elemento estraneo ai New South originali, ma noialtri ben informati sappiamo che in relatá i primi New South erano, con Crowe, Tony Rice, Larry Rice e Bobby Slone.
Fa lo stesso: il suono di questa band è impressionante, se possibile migiore ancora di quando la band era in piena attivitá; la maturazione avvenuta in Rice, Skaggs e Douglas in questi 4 anni è avvertibile in ogni singola nota, nella perfezione di timbro, ritmo e fraseggio, nel gusto decisamente evoluto e piú personale.
Come sempre il Gibson Granada di Crowe lascia a bocca aperta, e ci si puó chiedere se J.D. possa mai avere un attimo di ‘stanchezza’; noi, naturalmente, pensiamo di no.
Una facciata intera dedicata ai Country Gentlemen in versione 1982, con Rick Allred al mandolino e Kent Dowell al banjo, lascia lievemente perplessi, ad onta del suono compatto e brillante: Bill Yates è ‘fuori’ in non pochi momenti, sia nel tempo sia nell’intonazione, seppure ottimo e inconfondibile nel timbro; l’ennesima versione di Fox On The Run non aggiunge niente a ció che sapevamo del pezzo e perde nel confronto con l’originale (Emerson e Lawson dove siete?); nel complesso, infine, il gruppo appare certo ottimo tecnicamente, ma un pó privo del fascino che i Gentlemen hanno sempre avuto.
Per fortuna Waller e Yates hanno un asso nella manica, e il loro arrangiamento del gospel negro Feel Like My Time Ain’t Long è degna chiusura dell’album e una gioia per chi ascolta.
Vogliamo tirare le somme? In pochi casi è possibile trovare un album live di qualitá cosí elevata, registrato cosí bene, e cosí interessante anche da un punto di vista storico.
I difetti, come abbiamo visto, ci sono, ma non sono tali da rovinare in alcun modo l’ascolto.
D’accordo, questo show non sará forse ‘the greatest on earth’, ma è certamente da ascoltare fino ad esaurimento dei solchi.
Come in effetti sto facendo!
Sugar Hill SH 2201 (Bluegrass Tradizionale, Bluegrass Moderno, 1982)
Silvio Ferretti, fonte Hi, Folks! N. 2, 1983