A.A.V.V. - Folk Visions & Voices, Vol. 1 & 2 cover album

Se qualcuno provasse a fare un inventario delle registrazioni sul campo condotte in Georgia dal 1950 ai giorni nostri scoprirebbe non senza grande sorpresa di ritrovarsi con un pugno di mosche. Sette albums, e quasi tutti abbastanza convenzionali, rappresentano il magro bottino racimolato in una regione che fino a trent’anni fa era all’avanguardia per la qualità e la quantità della musica prodotta. Artisti e gruppi georgiani, incisi tra le due guerre mondiali, si contano a decine (Skillet Lickers, Earl Johnson, John Carson sono i nomi che vengono subito alla mente); nell’archivio musicale della Library Of Congress i musicisti della Georgia occupano un posto di tutto rispetto sciorinando una tecnica strumentale (banjo e fiddle) notevolissima ed una memoria di ferro (soprattutto i cantanti tradizionali). Eppure tutto questo retaggio sembra andato perduto o, a giudicare dai pochi gruppi locali di revival, completamente ignorato in favore di forme musicali a più facile presa.
Si pensi solamente all’imponente movimento del southern-rock nato a cavallo degli anni Sessanta e Settanta intorno alla città di Macon e all’etichetta Capricorn. Nessuno comunque si è accorto del sottile ma robusto filo che lega il rock e l’otm sudisti: la Allman Brothers Band, per esempio, un gruppo composto da eccellenti musicisti, applicando alla propria formazione ed ai propri arrangiamenti l’idea di una doppia strumentazione solista (le due chitarre) e ritmica (due batterie) non ha fatto altro che rifare il verso a gente come gli Skillet Lickers, i quali, mezzo secolo prima, adottando una soluzione similare (due e spesso tre fiddles) crearono le basi e diedero corpo alla tipica irruenza musicale georgiana.

Mi si perdoni la divagazione e torniamo al pane per i nostri denti.
Dei sette LPs menzionati sopra, ben cinque sono stati registrati da Art Rosenbaum, banjoista sempre molto attento e sensibile al canto del cigno di aree un tempo ricche e produttive (v. le sue battute di caccia grossa in Indiana documentate da Fine Times At Our House, Folkways 3809, e Indiana Fiddler, Rounder 0194, del violinista John W. Summers).
A lui si devono anche i due albums in questione che comprendono parecchie field-recordings effettuate nella parte settentrionale dello Stato (Traditional Music & Song in Northern Georgia il sottotitolo) tra il 1977 ed il 1983 e sono suddivisi in quattro tematiche con due facciate dedicate ai musicisti bianchi e due a quelli di colore.
Early Mountain Songs, Ballads & Tunes vede all’opera la più genuina tradizione bianca con versioni arcaiche di brani rintracciabili, sotto forme profondamente differenti, in altre zone sud-orientali (c/o The Famous Wedding o Once I Had An Old Grey Mare; quest’ultima, tanto per cambiare, è l’antenata della Old Grey Mare riproposta da Norman Blake in Whiskey Before Breakfast).

Buono il livello medio degli artisti (sia nella voce che negli strumenti) ed eccezionale per nitidezza e perizia la performance di Vaughn Eller alle prese con il ‘mouth bow’, aggeggio musicale le cui origini, probabilmente africane, si perdono nella notte dei tempi.
In Black Religious Singing non si può fare a meno di notare come in più di 50 anni il gospel nero, a differenza di quello bianco, non sia minimamente cambiato: le registrazioni eseguite direttamente nelle chiese delle varie congregazioni non si staccano punto da quelle su disco, incise tra il 1920 ed il 1930, dai vari Rev. J.M. Gates, Rev. F.W. McGee, Pace Jubilee Singers, ecc. Il principale protagonista di questo settore sembra essere in ogni caso il chitarrista Brady Barnes che in soli tre brani è in grado di svolgere un colorito programma con influenze radiofoniche e discografiche di r&b e soul da una parte, e una personalissima tecnica slide dall’altra.
Una delle facciate più interessanti è senza dubbio quella dedicata alle Black Frolic Songs, Works Songs & Blues dove musicisti neri, oltre ai blues, eseguono con estrema disinvoltura canzoni di matrice bianca usando strumenti (banjo in impeccabile stile clawhammer e fiddle) ormai completo appannaggio dei visi pallidi. Le esecuzioni del banjoista Jake Staggers e del violinista Joe Rakestraw appaiono perfettamente incolori e difficilmente attribuibili a musicisti negri; questa perdita dell’identità etnica e stilistica merita certo un approfondimento a breve scadenza.

Viceversa troviamo dei discreti tentativi di barrelhouse-piano (Long-Legged Lula’s Back In Town) e di blues dal suono a volte delicato a volte graffiante (Good Old Birmingham).
String Band Music, Banjo Tunes & Songs
contiene il materiale più prevedibile e ospita le varie stars Gordon Tanner (1916-1982), Uncle John Patterson (1911-1980) e Smoky Joe Miller.
Da notare che tutte le string bands e i solisti qui riuniti non hanno nulla a che vedere coi vecchi artisti e gruppi storici georgiani anche se il repertorio è il medesimo e, in qualche caso, anche i musicisti. Probabilmente la vecchiaia e certe scellerate concessioni al bluegrass hanno giocato un ruolo determinante su voci, strumenti e resa finale.
I due dischi, comunque validi anche solo per la rarità di simili iniziative in Georgia, sono caldamente raccomandati, insieme al libro omonimo di fotografie e trascrizioni di brani, compilato da Rosenbaum e dalla moglie Margo, edito dalla University Of Georgia Press.

Folkways 34161/2 (Folk, 1984)

Pierangelo Valenti, fonte Hi, Folks! n. 9, 1984

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