‘Croz’ ci ha lasciato da qualche tempo (18 Gennaio 2023), ma il suo ricordo nel cuore di quanti hanno seguito ed amato la sua arte resta immutato. Dagli esordi con il folk revival dei Les Baxter Balladeers alle prime timide proposte soliste – ed assolutamente ‘avanti’ per l’epoca – contenute nella compilation del 1970 Early L.A. edita dalla misconosciuta Together Records (ST-T-1014); dall’esordio solista di If I Could Only Remember My Name del 1971 (registrato con la crema della West Coast dell’epoca) ai primi fasti con il trio Crosby, Stills & Nash ai quali si aggiungerà ben presto il Canadese Neil Young per dare vita ad uno dei primi – se non proprio il primo – supergruppi del rock, naturalmente passando attraverso la militanza nel l’imprescindibile band dei Byrds, veri e propri creatori di stili ‘nuovi’, almeno per quanto riguardava quegli anni, quali il folk-rock, il raga-rock ed il – poi – celeberrimo country-rock. Come non ricordare il lunghissimo sodalizio con l’amico di sempre Graham ‘Willy’ Nash, rimasto un riferimento costante attraverso gli anni. E che dire poi della ‘rinascita’ (non solo artistica) dopo il trapianto di fegato, che ce lo ha riportato in gran forma, sia come solista, che come membro del trio Crosby-Peavar-Raymond, dove James Raymond altri non è se non il figlio ‘biologico’ dello stesso David. Ma non mi dilungo oltre… tanto sono notizie che chiunque può reperire in rete.
Molto più interessante è invece tentare di sviscerare questo Long Time Gone, tributo a Croz che è stato concepito prevalentemente sul nostro patrio suolo, ma non solo, visto che ci sono contributi blasonati quali quello a firma Jeff Pevar nell’iniziale Higher Place e Clive Carrol, inglese di nascita, ma appassionato di musica americana fin dall’infanzia, cioè da quando suonava un banjo fatto in casa.
Voglio cominciare proprio dalla sua interpretazione deliziosamente strumentale di Guinnevere: un esercizio acustico dove la gut-string guitar la fa da padrone e sostituisce la voce di David in modo mirabile, riproponendo fedelmente la particolare vocalità del nostro. Clive suona da solo tutte le chitarra acustiche del brano.
Il già citato Jeff Pevar, richiestissimo session-man e chitarrista alla corte del terzetto di cui sopra, ci propone l’iniziale Higher Place, un brano dall’anima blues che brilla nella sua semplicità elettrica. Almost Cut My Hair esce da quello scrigno comunemente noto come Déjà Vu, attribuito a CSN & Y, anno domini 1970. Il gruppo romano dei Rawstars ce ne fornisce una versione impreziosita dall’originale contributo del trombettista Giovanni Di Cosimo, che conferisce al brano un’eterea purezza sottolineata dalla dolce voce solista di Luisa Capuani.
Il chitarrista Alberto Grollo, regista e coordinatore dell’intera operazione Long Time Gone, con l’apporto di Jeff Pevar alla lap steel guitar, si lancia in una rilettura elettroacustica della celebre Laughing, tratta dal succitato If I Could Only Remember My Name, disco di esordio di David. Pregevoli le prestazioni vocali dello stesso Alberto e di Federica Capra e Manuel Furlan.
E’ interessante poi vedere come, pur all’interno di un vastissimo catalogo a firma David Crosby, che spazia su ben sei decadi, i musicisti coinvolti in questo progetto abbiamo individualmente identificato il brano da interpretare, senza accordi preventivi e senza sovrapposizioni di scelta: ciascuno secondo la propria sensibilità e gusto artistico. Jackie Perkins ci ripropone Music Is Love, tratta dal solito disco di esordio di Croz, con un’introduzione acustica reminiscente degli accordi di 4+20 di Stephen Stills. Il sax soprano di Biccio Benevelli apre le nostre orecchie al lussuoso cantato di Jackie che rammenta da vicino lo stile vocale di Joni Mitchell, musa canadese poi naturalizzata westcoastiana che ebbe una lunga relazione con David stesso e che compare anche nella versione originale del brano. Pregevole anche il lavoro al fretless bass di Stefano Carrara.
Gg Cifarelli ci propone una versione psichedelica di un’altra perla crosbiana, quella Triad datata 1967 che tanto scalpore suscitò all’epoca. In quel momento David era ancora parte integrante dei Byrds, ma l’argomento del ménage a trois era allora troppo ‘delicato’ per essere affrontato su un disco e fu così che i Byrds non la inclusero nel loro album Younger Than Yesterday del 1967, ma fu ripescata a distanza di vent’anni per includerla nel Never Before del 1987. La voce di Gg a tratti ricorda Barry White o Mario Biondi quando tocca I toni più bassi, ma la scelta, il tocco di chitarra elettrica e l’esecuzione sono davvero di altissimo livello. Il brano sarà inciso anche dai Jefferson Airplane nel loro Crown Of Creation del 1968.
Il disco di esordio di Croz risulta evidentemente il più saccheggiato in questo tributo: Orleans, il cui testo è giocato unicamente sulla recitazione di nomi di chiese in lingua francese vede Michele Gazich (violinista, autore, compositore, produttore già fido partner dei tour italiani di Eric Andersen e candidato al Music Award in coppia con Mary Gauthier) alla voce, violino, viola e Tibetan cymbal ed Andrea Del Favero (operatore culturale ed etnomusicologo di fama europea, qui in veste oltre che di musicista, anche di discografico) alla fisarmonica ed al fujara, che ci regalano un’ interpretazione atipica e suggestiva, con quel tocco iniziale e finale di campanellino tibetano.
Andrea Luciani alla voce solista e chitarra classica propone poi un estratto dal periodo del sodalizio con Nash e rispolvera Carry Me direttamente dall’album del duo intitolato Wind On The Water del 1975. La voce è molto dolce ed il violino di Antony John Silveri rappresenta un prezioso compendio alla chitarra classica di Andrea. Di Guinnevere abbiamo già detto, ma vale la pena di ripetere che è favolosa nella sua originalità strumentale e nella sua fedeltà all’arrangiamento originale: great job, Clive!
Giancarlo Masia si esibisce in una Déjà Vu che molto si avvicina alla versione che conosciamo (dall’omonimo album di CSNY), supportato alla seconda voce da Stefano Santangelo per un prodotto corale di grande impatto. C’è da domandarsi come mai musicisti di questo livello non trovino il modo di raggiungere un loro pubblico e di farsi conoscere pur nell’era di internet…
Long Time Gone prosegue con la rendition di Morrison, un brano a firma dello stesso Croz e di suo figlio James Raymond ed originariamente compreso nell’album di esordio C.P.R., accreditato all’omonimo supergruppo. Dedicato ai sentimenti contrastanti che David provava nei confronti di Jim Morrison (dei Doors), il brano è eseguito da una non meglio identificata Carry On Band di probabile italica nazionalità, con la partecipazione dello stesso Raymond al piano. Particolarmente bravo Massimo Piran alla voce solista, magistralmente coadiuvato da Sandro Colombini e Mary Santoro alle armonie vocali.
Anything At All è un salto all’indietro nel 1977, quando David, Stephen e Graham si ripresentano in trio a distanza di ben otto anni dal loro esordio a tre con C.S.N., un album davvero memorabile. Joe Slomp e Stefano Micarelli ne danno qui un’interpretazione di indubbio valore con Stefano alla voce solista ed alle chitarra, mentre Joe si occupa degli impasti vocali e dell’armonica. Dolcissima e languida, si snoda sinuosa lasciandoci di sè un morbido ricordo.
The Lee Shore apparve per la prima volta nel 1971 nello storico live di CSNY Four Way Street e rappresenta probabilmente uno dei momenti più alti dello script di Croz. Ambientata a bordo del suo schooner, il brano riprende le atmosphere rilassate e rilassanti di chi solca il mare per puro piacere e per riaccostarsi ad una natura incontaminata. The Smallable Ensemble ci rilascia un’interpretazione pregevole, impreziosita dalla voce e dalla chitarra spagnola di Alex Gariazzo, ben supportato da Marco Benz Gentile alla seconda voce ed al violino e Michele Guaglio al basso. Un cenno particolare per la performance di Roberto Bongianino all’accordion.
Here If You Listen è uno dei lavori più recenti – si fa per dire – del nostro, in quanto è datato 2018. Cantato a tre voci (Serenella Lunesu, Luca Panciroli e Fabio Pulina), si sviluppa sul grande lavoro chitarristico di Gavino Loche con il curioso ed azzeccatissimo intervento di Giovanni Sanna Passino ad un’improbabile tromba.
Long Time Gone si conclude con un’altra gemma: Paint You A Picture, tratta dall’album solista di David del 2016, intitolato Lighthouse. Il modenese Maurizio Bettelli la rilegge con una vocalità molto personale, ben supportata dalle chitarre sognanti di Amos Amaranti (ex-Nomadi). Originariamente si ventilava la possibilità di inserire nel tributo una versione di questo brano in italiano, ma il progetto è stato poi abbandonato in favore dell’opzione inglese: il risultato finale è decisamente pregevole, ma resta la curiosità relativa alla rendition in Italiano, vista la consumata esperienza di Maurizio nel rielaborare i testi in inglese, cercando di rispettare al massimo i contenuti originali (si vedano/ascoltino in proposito i suoi lavori sui testi di Woody Guthrie).
Poiché l’album non gode (ancora) di una distribuzione… diciamo ‘capillare’, chi fosse interessato a procurarsene una copia può scrivere a info@editeventi.com.
Long Time Gone vede l’attenta e precisa produzione di Alberto Grollo, Alessio Ambrosi (che firma anche le note di copertina) ed Andrea Del Favero. La confezione fa invidia ai prodotti delle major in quanto si presenta con un folder in cartoncino ed il CD con l’immagine (di copertina) del nostro. Gran bel lavoro… davvero…
Ascoltare questi suoni equivale ad una salto all’indietro di oltre cinquant’anni, con la possibilità di apprezzarli con l’orecchio della maturità… che allora non potevamo anagraficamente avere. Grazie ragazzi! Anche David vi ringrazia e vi strizza l’occhio da lassù con il suo sorrisetto sornione… sotto i baffoni bianchi da tricheco! So long, Croz!
Folkwest DF25-3 (Singer Songwriter, Roots Rock, 2024)
Dino Della Casa, fonte TLJ, 2024