Questo disco è un esempio concreto di ció che probabilmente (e purtroppo) non vedremo mai realizzato nella nostra penisola sonnecchiante: una collezione di brani quasi tutti eccezionali, sulla base di una concezione acuta e particolare (‘string ragtime’), scelti da una cricca di gente illustre che da tempo lavora in campo tradizionale, come Dave Jasen (che ha scritto libri e articoli sul ragtime), Stephen Calt (musicista, collezionista di 78rpm, autore di un libro mai pubblicato su Charley Patton), Nick Perls, capo della Yazoo records; in piú una copertina geniale e spiritosa disegnata dal (Cheap Suit) Serenader Robert Armstrong (in una tradizione parallela a quella del compagno Robert Crumb) e il resoconto di una ipotetica discussione, sulla back cover, tra il fantomatico Promotion Director della Yazoo e un altrettanto fantomatico giornalista in cerca di dischi gratis da recensire…
La discussione tocca il contenuto del disco e piú o meno esplicitamente lo spiega, parlando di questo String Ragtime come di un disco in cui il Ragtime non è riportato secondo le rigorose formule pianistiche dei classici rags, ma in un’accezione piú vasta (e pur sempre corretta) che vede gravitare in questa sfera musicisti bianchi e neri, culture e generi musicali diversi, il tutto tramite la musica suonata da strumenti a corde tra i piú disparati (ukulele, banjo, mandolino, arpa, chitarra, ecc.).
Il materiale è eccellente sia da un punto di vista artistico sia per il fatto di evidenziare perfettamente le connessioni e le interazioni tra i vari contesti musicali tradizionali americani, il tutto in nome di una libertá artistica che non puó non evadere da etichette che sono insufficienti, a volte, a spiegare o a definire non pochi episodi.
Cosí troviamo queste intersezioni nella scelta dei brani, dei musicisti, della loro estrazione culturale; il mandolinista Dave Apollon, il chitarrista Lonnie Johnson e il banjoista Chaucey C.Lee mettono in mostra una bravura strumentale mozzafiato che ridicolizza una delle piú comuni (e grossolane) concezioni per cui i musicisti tradizionali hanno feeling ma poca tecnica: Banjo Rag di Lee, con una prima sezione praticamente identica alle progressioni di Salty Dog (cosí come l’E Rag dei Walker’s Corbin Ramblers, sulla seconda facciata) è un brano eccellente, come anche gli indefinibili brani di Apollon (Mandolin Blues e Russian Rag) con echi di musiche russe che si mischiano con elementi ragtime, appunto, o l’incredibile fraseggio, fluido e inventivo, di Lonnie Johnson in To Do This You Got To Know How.
L’album contiene altre perle come le non ortodosse progressioni, in Sweet Georgia Beown, dei ‘geniali hawaiiani’ Jim & Bob, Spaghetti Rag eseguita all’arpa (!) da Robert Maxwell e Arizona Stomp dei grandi East Texas Serenaders: suonate su un piano questo pezzo dandogli il giusto ‘tempo-di-rag’ e vi troverete quasi un rag classico compiuto!
Somethin’ Doin’ di Nap hayes & Matthew Prater ricalca le linee melodiche del famoso classico di Joplin (i fans di quell’incantatore di serpenti chiamato John Fahey constateranno con sorpresa e angoscia che il Bean Wine Blues N.2 che appare in The Voice Of The Turtle non è altro che un 78rpm in cui loro, e non Fahey, risuonano analogamente le varie sezioni di The Entertainer di Joplin su chitarra e mandolino!); Dallas Rag infine, eseguito dalla Dallas String Band, non puó non superare le piú note versioni dei New Lost City Ramblers o di Dave Laibman, con un ritmo impeccabile e un contrappunto elaborato e perfetto tra i vari strumenti, e con un risultato sonoro che è praticamente l’esemplificazione musicale del titolo di questo album.
Yazoo L-1045 (Old Time Music, 1974)
Maurizio Angeletti, fonte Hi, Folks! n. 2, 1983