Cosa c’entra un disco di rockabilly in una rivista come questa? Quelli di Hi.Folks! devono essere impazziti! Non è tanto difficile però comprendere il perché di questa segnalazione dato che il rockabilly, molto genericamente etichettato come il rock’n’roll del sud degli Stati Uniti, in realtà non era altro che una nuova forma di country music emersa in un’era in cui stavano verificandosi molti mutamenti in seno alla musica popolare.
Sulla scia del successo di Elvis Presley e sull’esempio della Sun Records e prima ancora di Hank Williams, verso la metà degli anni ’50 la scena country fu infatti investita da un’ondata di rinnovamento caratterizzata da una stupefacente fusione di stili e forme della musica bianca e nera.
La cosa oggi può far sorridere ma va presa seriamente: l’effetto del rockabilly, per quanto non trascendentale in termini strettamente commerciali, fu infatti quello di stabilire una nuova tradizione country con un ritmo più frenetico e ballabile ma, soprattutto, diede un contributo a dir poco essenziale nell’aiutare a sgretolare le barriere che in precedenza separavano country, blues e pop.
L’antologia della Ace non propone materiale di Elvis Presley, Carl Perkins o altri celebri nomi che cominciarono col rockabilly salvo diventare poi le prime rock’n’roll stars della storia; Rockabilly Fever difatti verte unicamente su registrazioni edite originariamente dalla Starday, una delle molte piccole etichette sorte all’epoca specializzandosi nel genere di cui stiamo parlando.
Con l’eccezione di Charlie Feathers e Sleepy La Beef (recentemente tornato su vinile), i protagonisti sono praticamente sconosciuti oggi ma rappresentano egregiamente molte varietà regionali del rockabilly che presero forma in Texas, Louisiana, Tennessee e così via.
In tutti loro, persino in quelli più vicini al r’n’r di derivazione nera, risalta in maniera più che evidente l’origine country, genere a cui del resto molti di loro probabilmente tornarono una volta esauritasi la ‘febbre’.
Data la mole dei nomi presenti nell’antologia (ben sedici su ventidue titoli), è ovviamente inutile tentare di addentrarsi in dettaglio nel suo contenuto. Facciamo un’eccezione per menzionare il duo Jimmy & Johnny la cui Slipping & Sliding esprime un forte aroma cajun, Hal Harris che con True Affection si avvicina molto allo stile di Hank Williams ed il già nominato Charlie Feathers che con Wild Wild Party ricorda abbastanza il primo Johnny Cash.
Per il resto, molti cloni di Elvis e compagni ma anche un pugno di giovani artisti che con grande energia ed entusiasmo, pur senza lasciare personalmente una traccia indelebile, hanno se non altro contribuito a cambiar volto alla musica popolare moderna con quel che può venir considerato (mi si passi il termine) il primo esempio di ‘country-rock’.
Per la serie The Fifties ricordo che è pure disponibile un volume dedicato al blues urbano, Juke Joint Blues (Ace CHA 216), con eccellenti incisioni di B.B.King, Elmore James, Howlin’ Wolf ed altri meno noti ma straordinari interpreti di quell’epoca.
I Guess It’s Meant That Way / Everybody’s Movin’ / I Don’t Know When / True Affection / Be Boppin’ Daddy / My Big Fat Baby / Rock My Warriors Rock / Rock Little Baby / Snake Eyed Mama / Nothin’ But A Nuthin’ / Wild Wild Party / Pink Cadillac / I Can’t Find The Doorknob / Slipping And Sliding / Long Gone Daddy / All The Time / Go Home Letter / If I Had Me A Woman / Boppin’ Wig Wam Willie / Do Me No Wrong / Jitterbop / Little Bit More
Ace CHA 218 (Rockabilly, 1987)
Massimo Ferro, fonte Hi, Folks! N. 35, 1989