L’uscita sul mercato discografico dell’album White Mansions – A Tale From The American Civil War 1861-1865, ci offre l’occasione di soffermarci un momentino sulla guerra civile americana e sulle ragioni che la scatenarono.
Sfatiamo subito la leggenda che vuole un nord attento ai problemi dei negri o contro un sud schiavista e bieco. Ai nordisti non gliene fregava niente della condizione dei negri (gli abolizionisti non furono mai un gruppo numeroso).
Le ragioni che portarono all’immane eccidio furono puramente economiche anche se in fin dei conti fu la stessa natura a decidere per il nord a scapito del sud quando il regno del cotone si fermò al 98° parallelo. Del resto alla fine della guerra quelli che soffrirono di più furono proprio gli ex-schiavi raccolti come bestie nei controband camps (specie di lager dove il tasso di mortalità raggiungeva il 25%). Il problema andrebbe ampliato e non bastano certo queste poche righe a spiegare il fatto e le sue numerose sfaccettature.
Per quanto riguarda il disco è una delle cose più belle apparse negli ultimi tempi nella area del country rock. Scritto e progettato da Paul Kennerley, White Mansions è un ambizioso album concept che mescola abilmente personaggi, luoghi ed emozioni della guerra civile.
La storia è narrata da quattro personaggi. Matthew J. Fuller (John Dillon) è un giovane aristocratico del sud; Polly Ann Stafford (Jessi Colter), l’innamorata di Matthew, è la figlia di un vicino proprietario terriero; Caleb Stone (Steve Cash) riassume i poveri rifiuti bianchi; The Drifter (Waylon Jennings), il vagabondo, fa la parte del narratore della storia ed è un solitario che vaga di città in città.
La produzione è di Glyn Johns, famoso produttore degli Who, Armatrading, gli Ozark. Tra i musicisti Dillon e Cash (degli Ozark), Jennings, una bravissima Jessi Colter e tanti session-men come Bernie Leadon (che firma un brano), Eric Clapton, Henry Spinetti.
Il disco è accompagnato da un libro di 28 pagine con foto originali tratte dalla Library of Congress degli Stati Uniti. L’album è molto bello e vede a mio parere le cose migliori nella presenza degli Ozark.
A & M SP-6004 (Country Rock, 1978)
Massimo Stefani, fonte Mucchio Selvaggio n. 12, 1978