In Italia da parte di certa stampa c’è sempre stata una certa predilezione verso gli artisti country ‘minori’, quelli cioè che (volenti o nolenti) rimangono ai margini del grande music business di Nashville. Rimanerne ai margini, per tutti i ’70, voleva dire risparmiarsi dalle imposizioni di un business troppo teso verso arrangiamenti ‘pop’ (ampia sezione di violini, coretti, tastiere…), pertanto a quegli artisti che non volevano riconoscersi in quelle caratteristiche andava tutta la nostra ammirazione in quanto outsiders di una scena artisticamente in crisi. E proprio in quegli anni, non a caso, veniva giustamente spinta la nuova realtà texana, fatta di cantautori che, anteponendosi alle caratteristiche nashvilliane, raccontavano storie con maggiore schiettezza e in maniera più diretta, con voci ‘vissute’ sostenute da una musica scarna. Di Nashville, purtroppo, ci è rimasta un immagine fatta di lustrini e di fighetti da classifica, quando invece il livello dei suoi artisti è oggi quasi sempre altissimo.
Così succede che cantautori come Rhody, del quale anni fa avremmo riposto i dischi a fianco a quelli di Townes, Guy e Jerry Jeff, si ritrovino ad incidere le loro belle canzoni per indies solo in attesa di firmare un contratto con una major, poiché il loro country non è affatto diverso da quello made in Nashville. Alan Rhody ha tutte le carte per il successo, e scommetto che mentre noi siamo qui a celebrare l’ennesimo outsider lui sta bussando alle porte dei potenti di Music City con questo buon CD in tasca.
Con una voce che ricorda da vicino quella di Steve Earle e tante cose sane da raccontare, Mr. Rhody è un altro personaggio che può avvicinare a Nashville quanti tra di voi sostengono ancora che per suonare buona country music bisogna necessariamente puzzare di vacca e Jack Daniels.
Taxim TX 3005-2 (Singer Songwriter, Alternative Country, 1994)
Maurizio Faulisi, fonte Out Of Time n. 4, 1994