La Bluegrass Album Band diventerà presto la rovina dei critici, che si troveranno a corto di aggettivi e costretti ad aumentare ogni volta le lodi, nel tentativo di rendere anche una vaga idea di cosa Rice, Crowe, Lawson e amici possono fare. Il fatto è che la Bluegrass Album Band non è solo un ‘supergruppo’ costituito da fantastici musicisti, ma è anche uno degli insieme musicali più affiatati che si siano mai visti: durante il recente tour del gruppo nel Sud degli States qualcuno ha commentato: “Si incontrano ad Asheville, provano tre giorni, e sono la migliore bluegrass band mai esistita”. E al di là delle esagerazioni, per quanto sincere ed entusiastiche, l’affiatamento dei musicisti emerge si può dire da ogni singola nota, dal perfetto sincronismo delle parti svolte, dal reciproco sostegno dato a breaks, back-up. cori e parti vocali solistiche, dal suono sempre pieno ma non affastellato (e con sei strumenti questo è veramente qualcosa!), dal ‘drive’ di cui ogni numero è carico. E quando una band tradizionale (per quanto progressivi possano essere gli stili dei singoli componenti) vanta questi elementi come base per il proprio lavoro, più che come risultato ultimo, il prodotto non può che essere superiore a qualsiasi aggettivo trovato dai critici.
Alcuni elementi distinguono il Vol. 3 dai due precedenti Bluegrass Album: l’aggiunta di Jerry Douglas, ed il conseguente spostamento del suono complessivo verso atmosfere più recenti; la più che ovvia esplorazione di aree del repertorio bluegrass più vicine a noi, in particolare utilizzando pezzi degli anni dal ’50 in giù; l’inserimento di numeri decisamente contemporanei, in tondo prevedibili data la presenza di Crowe e Rice, ma un po’ inaspettati in un contesto così tradizionale.
Su Jerry Douglas c’è poco da aggiungere a quanto già scritto da otto o nove anni a questa parte: ‘Flux’ non tenta sterilmente di imitare un Josh Graves, e non fa mai della propria invidiabile tecnica un oggetto di culto; la sua presenza, pur senza nulla sacrificare alla propria personalità e ‘avventurosità’, non è mai intrusiva o inadeguata e il suo gusto raffinato è tale da esaltare e migliorare non pochi pezzi: “Dovevamo aggiungere Jerry in questo album”, ha detto Rice, e Jerry gli da ragione in ogni momento dell’album.
Molto, al contrario, c’è da dire sui pezzi che compongono California Connection: dopo avere rivisitato e rivitalizzato il repertorio di Monroe e di Flatt & Scruggs del periodo 1946-1955 (con alcune piccole eccezioni), diciamo il periodo Columbia per Bill Monroe e Mercury per Flatt & Scruggs, e dopo aver dato un parziale assaggio del primo Jimmy Martin, i sei della Bluegrass Album Band si dedicano ora a periodi successivi dei ‘padri del bluegrass’, con pezzi tratti dagli anni Columbia di Flatt & Scruggs e da un Monroe etichetta Decca, e inseriscono per la prima volta canzoni di Reno & Smiley e degli Osborne Brothers. Oltre a queste magnifiche rivisitazioni sono presenti, come già detto, pezzi contemporanei: Devil In Disguise di Hillman & Parsons, per anni cavallo di battaglia, ancorché discusso, della coppia Rice-Crowe, e Search Your Heart di Doyle Lawson e Pete Goble, pezzo forte dei Kentucky Mountain Boys di fine anni ’60: dopo le ‘radici’ anche i frutti.
La registrazione, il missaggio e il mastering, come sempre, sono ottimi, perfettamente adeguati all’ineguagliabile timbrica e dinamica della band, e la progressione dei pezzi è studiata alla perfezione.
Con queste premesse, e considerato il notevole divertimento che i musicisti hanno provato ad incidere questi album (Lawson, per sua stessa ammissione, è entusiasta dell’esperienza), c’è soltanto da augurarsi che i Bluegrass Album diventino una costante nella produzione della Rounder. E non ditemi che sono un fanatico: ascoltate California Connection…
Rounder 0180 (Bluegrass Tradizionale, 1983)
Silvio Ferretti, fonte Hi, Folks! n. 5, 1984
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