Bob Dylan - Bob Dylan cover album

Count Basie, Billie Holiday, Bruce Springsteen, Aretha Franklin, Pete Seeger, Big Joe Turner, Benny Goodman, Steve Ray Vaughan, Leonard Cohen sono solo alcuni degli artisti scoperti dal grande talent scout John Hammond. Tra questi manca però quello musicalmente più longevo, ovvero Bob Dylan.
Hammond nel 1961 costruisce attorno a lui, alla sua voce già anziana, alla sua chitarra ancora (sempre?) grezza un disco d’esordio di cover folk, sicuramente sopra le righe nell’esecuzione, ma di intenti nobilissimi. Tra queste cover ci inserisce anche due originali di Dylan, gradevoli, ma non ancora da botto: Song To Woody e Talkin’ New York.

Partiamo dalle undici cover. Ci sono quelle meno famose, come l’iniziale indiavolata You’re No Good di Jesse Fuller, Gospel Plow uno spiritual della tradizione popolare, Freigh Train Blues di Roy Acuff, Peggy Peggy-O un tradizional scozzese di cui Dylan incide una versione più texana e più completa nelle liriche e See That My Grave Is Kept Clean, un toccante country blues sulla morte e sulla disperazione dal repertorio di Blind Lemon Jefferson.
C’è poi un’altrettanto lunga serie di brani altrui (o della tradizione popolare) ben più conosciuti o che avranno interpretazioni più famose e mi riferisco a Man Of Constant Sorrow, un traditional folk appalaciano dei primi del ‘900, che vedrà il suo periodo d’oro a metà anni novanta come brano trainante del film Fratello dove sei? (Brother Where Art Thou?) dei fratelli Cohen, oppure House Of The Rising Sun, dove la povera prostituta di New Orleans verrà omaggiata molto meglio dagli Animals che da Dylan, qui in una versione imparata da Dave Van Ronk.

Chiudono il lotto delle cover In My Time Of Dyin’, un gran blues, Fixin’ To Die di Bukka White cantata da Dylan con estremo vigore, Highway 51 Blues di Curtis Jones, un brano stile Everly Brothers (soprattutto nell’incipit di chitarra), ma interpretato in modo aspro da Dylan e Baby Let Me Follow You Down, uno dei pezzi migliori dell’album, che proviene dalla penna del Reverendo Gary Davis, ma con lo zampino di eminenti folksinger come Eric Von Schmidt (da cui la imparò Dylan) e Dave Van Ronk
Il primo brano originale è la divertente Talkin’ New York, un brano decisamente comico, anzi sarcastico, sul suo arrivo nella Grande Mela, in perfetto stile Woody Guthrie. E proprio a quest’ultimo, il suo idolo, in quegli anni già ricoverato all’ospedale del Queens per la fatale corea di Huntington, è dedicata la seconda composizione originale dell’album, ovvero quella Song To Woody che oggi potremmo identificare come il primo piccolo capolavoro dylaniano.
“Hey, hey, Woody Guthrie I wrote you a song…”. Il ragazzo si farà, basta crederci…

Columbia 519891 (Singer Songwriter, Folk, Folk Revival, 1962)

Fabrizio Demarie, fonte TLJ, 2006

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