California Zephir - Back In The Saddle cover album

Primo album per questa nuova etichetta californiana distribuita negli States da Slim Richey, un intraprendente texano già proprietario della Ridge Runner e della Flying High. Spiacente di dover ricorrere ad una frase fatta, ma sono costretto a costatare che esordio migliore non ci poteva essere sia per la Iron Horse sia per i California Zephyr. Si tratta di una canonica, anche se moderna nei suoi componenti, country band west-coastiana proveniente dall’interno della California dove la musica country ha ben più solide tradizioni e largo seguito che nei grossi agglomerati urbani della costa.

Un gruppo genuino, provinciale e campagnolo, ama definirsi questo sestetto guidato da Alan Arnopole e Doug Benson, eccellenti compositori, pluristrumentisti e cantanti, che è inoltre composto da S. Barry, banjo, mandolino e chitarra, Mark Masarek, violino e da Tom Bischoff e Mark Raus, rispettivamente batteria e basso. Il magnifico impasto sonoro costituito da chitarre acustiche, mandolino, banjo e violino, sostenuto da una sezione ritmica dinamica e precisa, caratterizza il sound dei California Zephyr, e ci permette di gustare, nel modo migliore possibile ed in una forma sentita, autentica e genuina, tutte le sensazioni che questa musica può esprimere ed offrire. Back In The Saddle si rivela, già dal primo ascolto, un disco gustoso, di scintillante ed accattivante bellezza; si ha subito la convinzione di trovarsi di fronte ad una band la cui musica è fresca ed originale come raramente accade di sentire, le voci di Benson e Arnopole, particolarmente centrate, suonano sincere e sono di grande effetto.

Dall’ultimo album di Ray Wyllie Hubbard (al quale tra l’altro i California Zephyr rendono omaggio riprendendo Up Against The Wall, Redneck Mother, una delle sue più belle ed emblematiche canzoni), raramente è capitato di ascoltare della country music a questi livelli. Una musica pulita ed incisiva, non sorretta da arrangiamenti falsi, artefatti e logori, tenuta viva da una ispirazione sentita e profonda, uno spirito da giovani honky tonk men che aleggia per tutto il disco degli eredi dei vari Hubbard, Lee Clayton, Guy Clark.
Questo ci offre al suo esordio questa band, in un magnifico esempio di progressive country che si concretizza anche nel rifacimento di classici come Folsom Prison Blue di Johnny Cash, il traditional Halleluiah l’m A Bum, brano corale in una simpatica versione, ed in un omaggio agli Stones. Si tratta di No Expectations, in una cover di gran classe, grazie anche alla pedal-steel di Bill Edwards, malinconica e di grande atmosfera con un’ottima interpretazione vocale. Una band pronta per il grande salto, se così si può chiamare…, verso una grande casa discografica.

Iron Horse (Traditional Country, 1979)

Franco Ratti, fonte Mucchio Selvaggio n. 20, 1979

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