Che succede quando i bambini prodigio diventano grandi? Chris Thile il primo disco l’ha fatto a 12 anni e in questi ultimi dieci ha vinto tutto quello che c’era da vincere sia come mandolinista blugrass (la sua specialità), sia come componente dei Nickel Creek, campioni del new grass, togliendosi anche parecchie curiosità percorrendo, lungo tre album, sentieri acustici tra jazz, progressive, bluegrass.
Con Deceiver cambia ancora le carte in tavola, lascia a casa tutti gli illustri compagni di viaggio dei suoi album precedenti e, suonando circa 25 strumenti diversi (li ha contati per noi l’ufficio stampa della Sugar Hill), prova a diventare songwriter, scrivendo e soprattutto cantando otto delle dieci canzoni dell’album. Un album che parte come se Thile fosse Harry Connick Jr. (altro bambino prodigio), con un elegante fraseggio da giovane crooner sopra un pianoforte appena sfiorato, mentre sullo sfondo prende posto una piccola sezione d’archi e poi una chitarra acustica: poco più di un minuto, quindi The Wrong Idea (dedicata alla giovane moglie) prende ritmo e chitarre e si trasforma in un piccolo movimento pop di due minuti e mezzo, perfetta overture per la successiva On Ice, bozzetto di progressive pop giocato su una coralità di plettri.
Ma le sorprese non sono finite, perché quando pare di aver capito dove Thile voglia andare a parare, arriva una canzone come Locking Doors, bislacco, ma fantasioso, pastiche di funk-pop con inserti orchestrali, break dissonanti e brandelli di musica colta. Deceiver è così, un disco ambizioso che solo un ex bambino prodigio può permettersi, un disco che scherza con una sicurezza impressionante con il power pop (Empire Falls, The Believer) e un attimo dopo svuota lo spettro sonoro lasciando solo armonie vocali e qualche plettro per una incantevole I’m Nowhere And You’re Everything o meglio ancora, nella conclusiva Ready For Anything.
Sugar Hill 3976 (Bluegrass Tradizionale, Bluegrass Progressivo, 2004)
Mauro Eufrosini, fonte JAM n. 109, 2004
Ascolta l’album ora