Novembre 1982: Roland White, Alan Munde, Joe Carr e il ‘nuovo’ bassista-vocalist Bill Smith si chiudono nello Studio 19 di Nashville per sei giorni ed incidono uno dei più bei dischi nella storia della Country Gazette. La ricetta è apparentemente semplice, ma l’equilibrio degli ingredienti non è facile da ottenere: sono molti, al contrario dei precedenti album, i classici bluegrass, presi dal repertorio di Flatt & Scruggs, Stanley Brothers, Don Reno, Bill Monroe; i compositori Bill Caswell e John Hadley anche questa volta forniscono una buona quota di pezzi, e trovano in Bill Smith un interprete ideale; per finire la ‘vena di follia’ del gruppo (assai criticata in passato) trova libero sfogo in un pezzo ‘bluebilly’ e in un tipico brano ‘cajun-grass’.
Confessiamolo: siamo in fondo abituati a mettere in canna il colpo alla nostra personale ‘critica’ prima dell’ascolto di un nuovo album della Gazette, e questa volta, al contrario di quasi tutte le precedenti, il colpo resta in canna.
Al di là di una non perfetta presenza degli strumenti nel missaggio, infatti, ben poche possono essere le critiche negative a questo album, anche da parte di un tradizionalista-duro-a-morire. I quattro musicisti sono perfettamente in grado di farci saltellare sulla sedia nei brani più ‘grassy’, rilassare e addolcire nelle quiete composizioni di Caswell, divertire senza problemi al suono quasi-Elvis del ‘classico bluebilly style della Gazette’.
Certamente la più grossa innovazione in termini di suono è dovuta all’ingresso nella band di Bill Smith: il suo contrabbasso, suonato in uno stile che ricorda molto quello di Bill Yates, stacca la Gazette dall’atmosfera jazzata a cui la legava il contrabbasso di Mike Anderson, e la riporta entro più grintosi territori bluegrass, mentre la sua voce si rivela il migliore veicolo per i pezzi più diversi, dallo struggente ‘lamento d’amore per un trattore’ di Sweet Allis Chalmers alla ruggente Molly & Tenbrooks.
Degli altri tre componenti del gruppo non è il caso di parlare molto: tutti conosciamo le loro notevoli doti strumentali e vocali, che qui vengono naturalmente riconfermate, insieme con quelle di arrangiatori e, nel caso di Joe Carr, di compositori.
Due curiosità: nell’album è presente uno dei rarissimi gospel incisi dalla band (credo che l’unico, isolatissimo precedente sia il Beautiful Life di What A Way To Make A Living), e l’ascoltatore può avere un saggio di cosa sia l’attuale Gazette in concerto (con l’eccezione di Greg Kennedy al posto di Bill Smith) nel lunghissimo Kentucky Colonels Medley, ormai un classico delle loro esibizioni dal vivo.
Country Gazette sta programmando un tour europeo a breve scadenza, forse il prossimo anno: chissà se ci toccherà la fortuna di assistere ad un concerto di una band così eccitante, al tempo stesso tradizionale e, non dimentichiamolo, costantemente innovatrice.
Flying Fish FF 295 (Bluegrass Moderno, 1983)
Silvio Ferretti, fonte Hi, Folks! n. 4, 1984