David Olney – Ache Of Longing cover album

Come tormentata da un rovello amletico, la creatività di David Olney oscilla da tempi memorabili fra i richiami sanguigni del rock e una vocazione mai sopita ad atmosfere acustiche e rilassate. Di disco in disco, come un nodo gordiano che non vuole essere sciolto. L’ex leader degli X-Rays che aveva dato alla luce nel 1991 l’energico Top To Bottom, realizza sotto il cielo di Nashville un lavoro di qualità opinabile e chiaroscurale, con brani che scendono come neve che non può che sciogliersi a contatto col suolo. Onesto, ma impersonale, suonato con dignità e qualche guizzo di fantasia, ma appesantito da ripetizioni e luoghi comuni melodici, l’opera fatica a decollare. Il buon lavoro della chitarra è talvolta sciupato da arrangiamenti che destano perplessità e una decorosa ispirazione compositiva scivola con indulgenza sulle lastre sdrucciolevoli dell’ovvio e dell’emulazione.

Liberatisi da talune zavorre, strisce di luce appaiono all’improvviso fra le zone d’ombra. Come la ballata country-folk Farewell Sedalia dalla melodia profumata e malinconica, Such A Simple Thing, con la siderea Tomi Lunsford vocalist e un buon ricamo sulle corde, la solenne Soldier Of Misfortune. Il brano più interessante, benché fortemente derivativo, appare la suggestiva The Man On The Flying Trapeze, con il suo grottesco riferimento al circo e un clima alla ‘Ombre e nebbia’ di W. Allen. In questa obliqua e affascinante song il richiamo al genio di Randy Newman si evidenzia imperioso. Il resto finisce per evaporare e sfilacciarsi per debolezza di trame nella spirale del già sentito e nell’insipidezza dei gusti. Ma questi, come la verità, sono caratteristici del soggetto e come tali non incontrovertibili. Molti fans di David Olney potrebbero non essere sulla mia lunghezza d’onda.

IRS 993.152 (Singer Songwriter, 1994)

Francesco Caltagirone, fonte Out Of Time n. 8, 1995

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