Dopo lo splendido Snap, passato stranamente inosservato, questo cantautore residente nel Michigan si trasferisce ad Austin per realizzarne il seguito. Snap ci aveva rivelato un songwriter di razza, un personaggio vero con una robusta vena creativa saldamente radicata nel jazz ma capace di esprimersi ‘swingando’ verso il blues ed il r & b, verso il folk ed il rock con una grande naturalezza. Doti che Siegel esprimeva, alla guida di una piccola ‘big band’, con una facilità disarmante unite ad un affascinante candore, tanto dal sembrare una dissacrante sfrontatezza, attraverso un linguaggio musicale caro a Waits, cui era stato accostato anche dalla critica Usa. Sostenuto da un eccellente pianista, da una duttile sezione di fiati, da ricercati ed originali arrangiamenti vocali, questo cantante chitarrista confezionava un lavoro intelligente ed avventuroso come da tempo non si ascoltava. La musica di Siegel, percorsa da una carica indescrivibile per potenza e forza emotiva, coinvolgeva e colpiva come poche.
Per seguirlo occorreva però uno sforzo intellettuale, una disponibilità mentale solitamente riservata alle opere dei ‘grandi’. I ‘cantori’ di Waits e di altri giganti, certo non hanno tempo per i loro epigoni, non li ascoltano e, se pur lo fanno, volutamente li ignorano. Non è colpa loro, sono abituati ai cibi ‘preconfezionati’, con una grande etichetta sopra, ed hanno perso il gusto per il prodotto artigianale preparato con cura ed amore, introvabile nel supermercato sotto casa e che, se lo vuoi gustare, lo devi andare a cercare con l’aiuto del tuo gusto e della tua sensibilità.
Anche per questo Snap, una delle opere più interessanti ed articolate proposte da un songwriter USA emergente, è passata ancora una volta inosservata.
Ma torniamo ad Angel Aweigh, pubblicato da questa piccola label di Ann Arbor, ma registrato ad Austin dove Siegel si fa accompagnare da musicisti locali e coprodurre da Paul Pearcy, che siede anche alla batteria, in compagnia di altri ‘local heroes’ quali Marvin Dykhuis, chitarre e mandolino, e Jeff Haley, basso.
Nonostante in qualche brano faccia capolino una sezione di fiati o l’accordion di Ponty Bone, il nuovo lavoro di Siegel è collocabile in una dimensione diversa dalla precedente ed è quella, decisamente più comune, del songwriter folk contemporaneo. Siegel si esprime attraverso sonorità acustiche o elettroacustiche molto più dolci ed intimiste, spesso evocative e sognanti, che si concretizzano spesso in delicate ballate.
Una bella produzione senza dubbio, ma senza l’originalità e la carica della precedente, dove di acustico ricordo la sola Carry Me Away.
Angels Aweigh si mantiene comunque sopra la media grazie al talento di un autore di notevole spessore, coinvolgente anche in questa veste più ‘privata’, e meno grintosa, da uomo appagato, ed alla qualità dell’interprete che da una dimensione ‘waitsiana’, urbana, notturna e fumosa, scusate l’iperbolico accostamento, si sposta verso una più solare e rilassata che definirei ‘buffettiana’.
Il salto è notevole, ma è fatto dalla stessa chitarra e dalla stessa voce. Dick Siegel non ci coglie spiazzati, graffia ancora – la bluesy The Silvertones, il rap-mex ecologico Mother’s Plaint – ma prevalgono le atmosfere calde e rassicuranti delle sue splendide e sognanti ballads.
E come rimanere insensibili a love-song come Let Me Touch Your Dress, all’evocativa e nostalgica Someone’s Crossing Over ed al fascino della title-track, alchimia di buoni sentimenti ed acustiche magie.
Questa prova di Austin, sembra esprimere, per Siegel, l’altra faccia del songwriter USA, impegnato sì, ma felice ed appagato.
Schoolkids SKR 1519 (Singer Songwriter, 1994)
Franco Ratti, fonte Out Of Time n. 8, 1995
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