C’è da fare un piccolo discorso chiarificatore prima di inoltrarci a parlare di Lonesome Road, questo ottimo album di Doc & Merle Watson (padre e figlio per chi non lo sapesse). Nella recensione del precedente disco di Doc, Doc & The Boys, avevo parlato in termini più che positivi dell’album, sottolineando come ci si trovasse di fronte ad un più che onesto prodotto di country-rock. Lonesome Road non fa che confermare che l’ultimo Watson si è allontanato dalla old-time music, di cui Doc è considerato giustamente uno dei più grandi interpreti, per avvicinarsi al mondo del country-rock, Poco old-time quindi, ma del blues, del country e classici di Mississippi John Hurt (My Creole Belle), di Sister Rosetta Tharpe (Ain’t Nobody’s Fault But Mine), di Jimmie Rodgers (Mean Mama Blues), di Ernest Tubb (la comica I Ain’t Going Honky-tonkin’ Anymore).
Il risultato è stupendo e la chitarra di Doc è ancora una volta eccezionale. Una purezza di suono incredibile ed un swing eccellente che confermano Doc un caposcuola. Molti giovani chitarristi devono molto a Watson a cominciare da Norman Blake che pur bravo ha ancora molta strada da fare per raggiungere il maestro.
Questo Lonesome Road presenta come già per il precedente disco una veste tipografica assai povera specie se confrontata con i vecchi dischi. Poco o niente è dato sapere sui singoli pezzi. Il disco è dedicato a Gaither Carlton, violinista e banjoista che suonava verso gli anni trenta nel sud-est degli States. Oltre a Doc (chitarra acustica ed armonica) suonano il figlio Merle (slide, acustica e dobro), Karl Himmel (batteria), Michael Coleman (bass), Joe Allen (bass), Bob Wilson (piano). C’è anche una nota di ringraziamento a Bill McEuen ed alla Nitty Gritty in generale. Ottima l’incisione e discreta la cover. Lonesome Road è una delle migliori cose apparse nel ’77. Per quanti volessero andare nel passato consiglio senza alcun timore Doc Watson su Vanguard ed il doppio Memories per la United Artists. Sarà una spesa di cui non vi pentirete.
United Artists 725-G 0698 (Country Rock, 1977)
Massimo Stefani, fonte Mucchio Selvaggio n. 1, 1977