Di nuovo ristampato l’album That’s Earl. Collins Family Fiddling di questo violinista a cura della Sierra/Briar Records di John M. Delgatto. L’etichetta, oltre ad operare nel campo del bluegrass più o meno progressivo (Scotty Stoneman, Kentucky Colonels, Bluegrass Cardinals) e del primo country rock (Nashville West) californiani, ha intrapreso cinque anni orsono con discreto successo una ricerca sistematica di anziani musicisti tradizionali o pseudo-tradizionali provenienti da altri Stati e per diverse ragioni confluiti nell’area della West Coast.
Buoni risultano i venti titoli di pura old-time music contenuti nell’album di Earl Collins, un ottimo violinista sessantottenne missouriano (Ozark Mountains). Collins ha subito numerose influenze musicali regionali dal momento che la famiglia era costretta a spostarsi spesso in cerca di lavoro. Dal padre (un provetto fiddler) acquistò una certa padronanza dell’Ozark-style; nel suo breve soggiorno in Georgia ascoltò artisti quali Lowe Stokes, Gid Tanner e Clayton Mc Michen; in Oklahoma e Texas assimilò i motivi di Jimmy Revard e Bob Wills; il western-swing lo accompagnò infine sulla costa occidentale. È un laringectomizzato e vive tuttora in California.
That’s Earl. Collins Family Fiddling appare un disco certamente omogeneo, dove le diverse tecniche recepite ed elaborate dal musicista sono messe da costui al proprio servizio e non viceversa. Run Nigger Run risente della versione incisa ad Atlanta nel 1927 dagli Skillet Lickers, ma la non comune capacità di Collins sta proprio nel conciliare due stili strumentali per molti versi contrastanti (quello irriverente, eterodosso, semi-jazzistico della Georgia e quello quadrato, scarno, rozzo, si fa per dire, degli Ozarks) in una sintesi perfettamente riuscita.
Cruel Willie e Druther Be A Nigger sono un chiaro esempio di come sfruttare in modo intelligente l’effetto di un’accordatura inusuale (Re/Re/La&Re): il suono di due distinti violini che scaturisce da uno solo. La gemma va cercata in Rye Straw, il cui duetto tutto all’unisono tra fiddle e banjo (nelle mani di Tom Suber, autore anche delle concise ottime note di copertina), ci riporta con rimpianto all’embrione della string band rurale e montana ed a una musica tanto genuina quanto bistrattata, della quale si fa scempio oggigiorno in California da parte di sedicenti gruppi di otm-revival con l’apparente proposito di un recupero indiscriminato delle tradizioni.
Briar SBR-4204 (Old Time Music, 1980)
Pierangelo Valenti, fonte Mucchio Selvaggio n. 33, 1980
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