Il recupero di certe radici svolto da alcuni gruppi americani che mescolano il furore punk con suoni più tradizionali ha forse favorito una certa rinascita d’interesse verso la musica country e la conseguente ascesa di nuove interessanti figure.
I nomi di Dwight Yoakam e Steve Earle sono senza dubbio i più noti di questa nuova generazione ma la loro musica, a mio modesto parere, non ha poi proposto molto di nuovo rispetto a certi gruppi della scorsa decade. Di ben altra portata risulta invece l’apparizione su vinile di Eddy Lawrence, un giovane artista newyorkese il cui esordio discografico va sicuramente inquadrato come uno dei principali eventi dell’anno.
Originario dell’Alabama, Eddy è giunto a New York nel ’82 ed ha suonato in un paio di gruppi uno dei quali, chiamato L.E.S.R., proponeva una forma molto elettrica di country-rock; con loro ha pure inciso un E.P., con quattro sue canzoni, che non ha certo spopolato nelle classifiche ma è stato accolto positivamente da testate come il New York Times ed il Village Voice.
Dopo lo scioglimento di questo gruppo Eddy ha iniziato così a lavorare con Jeffrey Glenn e quindi come solista sino a concepire questo straordinario album, un’opera che esalta le sue naturali doti di autore e polistrumentista.
Eddy infatti suona chitarra, mandolino, armonica e basso con una tale abilità che ha reso inutile ogni contributo esterno; il disco in sostanza è stato registrato interamente da solo con un’attrezzatura domestica che comunque si è rivelata più che sufficiente per tenere alta la qualità della produzione. Al di là di queste considerazioni puramente tecniche, con Walker County ci troviamo dinanzi ad un lavoro di eccezionale valore artistico, certamente uno degli esordi su vinile più memorabili e brillanti in tempi recenti e forse il migliore L.P. realizzato da un cantautore nel corso dell’anno.
Walker County è totalmente acustico e si presenta quasi come un lavoro a concetto contenendo una sequenza di canzoni che, richiamando talora alla mente il Randy Newman di Good Old Boys, ritraggono frammenti di vita sudista o descrivono sensazioni personali con grande chiarezza e semplicità. Una volta tanto, dunque, un disco country con dei testi intelligenti e soprattutto un lavoro che, se deve far sorgere dei paragoni, è più vicino allo spirito di Hank Williams (citato fra l’altro insieme a Johnny Cash in Sid’s Blues) che a quello di Bob Dylan.
Walker County avvince sin dalle prime note mostrando nei suoi momenti più frizzanti uno schietto sapore bluegrass, con mandolino e chitarra che si intrecciano vorticosamente, specie in titoli come lo strumentale The Hind Tit, Cryin’ And Blue e Say It In Southern ove l’artista sfodera il suo accento sudista mostrando con orgoglio le proprie radici. Il suo retaggio rurale però é stato spesso filtrato da influenze urbane producendo anche diverse ballate dalla vena più folk come Cecil’s Gone (già apparsa in un disco di Fast Folk Magazine), la struggente Mary Lee e il brano che dà titolo all’album, un delizioso quadretto sudista dipinto con nostalgia e sentimento.
Tutte le canzoni dell’LP, sistemate in una continua altalena fra episodi più spumeggianti ed altri più quieti, meriterebbero invero una menzione.
Walker County è difatti un lavoro perfetto sotto ogni punto di vista, un disco che non ha alcun cedimento e va gustato in ogni dettaglio.
Snowplow SP 101 (Singer Songwriter, 1986)
Massimo Ferro, fonte Hi, Folks! n. 21, 1987
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