Per aiutare il neofita a comprendere i termini inseriti dagli autori nei loro articoli, è stata creata questa sezione del sito dove si può leggere la descrizione, con cenni storici e nomi di riferimento, di tutti i generi e stili trattati in The Long Journey.
L’evoluzione della musica popolare americana, grazie alle influenze e contaminazioni subite dalle numerose differenti tradizioni musicali importate, è andata ramificandosi fino a produrre un numero considerevole di generi e sottogeneri le cui differenze possono inizialmente non essere colte.
La descrizione specifica dei generi, sottogeneri e stili aiuterà a comprenderne le peculiarità.


      • Acoustic Guitar

        Questa etichetta include esclusivamente gli artisti e le registrazioni di sola chitarra acustica, a prescindere dalle diverse tecniche (finger-picking, flat-picking, tapping, ecc.), stili e tradizioni musicali (tradizionale, originale, classico, progressivo, contemporaneo, ecc.). (Maurizio Faulisi)

        Alternative Country

        Filone country che si pone al di fuori del genere ‘ufficiale’ comunemente considerato ‘mainstream’, che ha la sua più importante sede produttiva a Nashville. Spesso il suo considerarsi alternativo è tuttavia solo frutto di un approccio non ‘industriale’, quindi artigianale, piuttosto che ad aspetti stilistici. Il suono è quasi sempre più scarno e meno curato, e si indirizza verso un pubblico incline ad ascoltare musica rock.
        In sintesi, sono proprio i limiti inerenti alla produzione e distribuzione a caratterizzare una realizzazione discografica di ‘alternative country’, ponendola, appunto, nel circuito alternativo a quello gestito dalle grandi major. (Maurizio Faulisi)

        Bakersfield Sound

        E’ dalla città californiana di Bakersfield che giunse, tra la fine degli anni ’50 e i primi ’60, una risposta alternativa al country sempre più smaccatamente pop del Nashville sound, creato da Chet Atkins e in voga da circa un lustro. Le sezioni d’archi e i cori, che contribuirono a far sopravvivere la country music nel periodo di massimo splendore del rock’n’roll, non trovarono spazio all’interno del Bakersfield sound, anzi, fu proprio l’essenzialità di un suono prodotto da Telecaster, basso e batteria, a rendere questo nuovo stile così interessante e originale in quel periodo. Il Bakersfield sound è probabilmente lo stile country che più ha contribuito alla nascita, nella seconda metà degli anni ’60, del country rock.

        Wynn Stewart, Merle Haggard, Tommy Collins e, soprattutto, Buck Owens erano i personaggi storici di riferimento, quelli che ispirarono decine di altri musicisti convincendoli ad avvicinarsi ad una forma di musica country schietta e diretta, che si suonava, si ballava e si ascoltava nei locali affollati dalla classe lavoratrice al sabato sera. Uno su tutti Dwight Yoakam, che dalla metà degli anni ’80 incide dischi dal marcato sound chitarristico, responsabile, tra l’altro, di aver riportato sulle scene un anziano, ma sempre validissimo Buck Owens. (Maurizio Faulisi)

        Bluegrass Gospel

        Il gospel ha trovato collocazione integrandosi in diversi generi musicali, fino a divenire in alcuni casi un distinto e preciso sottogenere degli stessi, come ad esempio nell’ambito della musica bluegrass. Già nei primi giorni di vita del bluegrass, durante le esibizioni di gruppi quali Bill Monroe & The Bluegrass Boys o The Stanley Brothers, la musica gospel veniva eseguita in versione bluegrass. Spesso l’esecuzione prevedeva un accompagnamento di sola chitarra e mandolino, nello stile dei country duet, affinché le parti vocali risaltassero meglio.
        Il maggiore promotore della diffusione del gospel a-cappella, uno stile vocale privo di accompagnamento strumentale, è stato senza dubbio Doyle Lawson. Personaggio di spicco nel mondo della musica bluegrass, ha da sempre promosso il gospel vocale riproponendo oscure canzoni trascritte col metodo delle shape-notes pubblicate in vecchi song-book di proprietà della sua famiglia.
        Oggi molte formazioni bluegrass ad un certo momento del loro show eseguono qualche brano gospel e tante inseriscono almeno un pezzo nei loro nuovi album. Numerosi, tra i gruppi bluegrass, sono infine quelli che propongono esclusivamente materiale gospel. (Maurizio Faulisi)

        Bluegrass Moderno

        Intorno grosso modo al 1980 cominciò a prendere forma uno stile bluegrass fortemente tradizionale nella sua struttura, ma con elementi derivanti dall’ondata progressiva che caratterizzò gli anni ’70. In aggiunta a quello spirito innovativo, che si esprimeva soprattutto negli assolo strumentali, vennero inserite altre componenti, quale l’utilizzo di un repertorio più attuale e brani originali con un testo che potesse far identificare nelle sue tematiche anche ascoltatori culturalmente lontani rispetto a quelli cui il bluegrass si era rivolto in passato.
        Negli anni ’90, con formazioni e artisti quali Alison Krauss & Union Station, Lonesome River Band, Rhonda Vincent, IIIrd Tyme Out, proprio grazie allo stile moderno del ‘nuovo’ bluegrass (‘contemporary bluegrass’ è il termine usato negli Stati Uniti) la musica di Bill Monroe conquistò un livello di popolarità internazionale mai raggiunto in passato. (Maurizio Faulisi)

        Bluegrass Progressivo

        La particolare tecnica applicata a tutti gli strumenti bluegrass contribuisce a rendere il genere musicale tra i più caratteristici, e, per lo stesso motivo, anche tra i più rigidi. Tuttavia, nella sua ormai lunga storia, ha subito notevolissimi cambiamenti, in alcuni casi dimostratisi forzature, in altri naturale evoluzione.
        Alla musica bluegrass sono stati accostati altri generi, o elementi caratteristici di altri generi, andando a modificarne, in maniera più o meno sensibile, il suo tradizionale sound. Artisti di provenienza folk, jazz, rock, country e blues hanno ampliato i confini di questa musica facendola apprezzare, o quantomeno ascoltare, ad un pubblico diverso, più giovane, urbano, internazionale.
        Durante i primi anni ’70 alcuni giovani musicisti della East e West Coast, avvicinatisi inizialmente al genere tradizionale, cominciarono ad inserire soluzioni innovative fino a snaturare il ‘vecchio’ bluegrass, creando uno stile assolutamente nuovo e moderno.

        Gli elementi stilistici che, negli anni ’70, influenzarono in maniera più significativa il bluegrass, furono il jazz e il rock. Musicisti dall’aspetto molto poco formale, in alcuni casi veri e propri hippies, come David Grisman, Sam Bush, Tony Trischka, Peter Rowan, diedero una netta, decisiva sterzata ad una musica che solo timidamente, e con grande difficoltà, aveva fino ad allora dimostrato di volersi evolvere, adattandosi ai veloci cambiamenti della società moderna.
        Nonostante la musica dei Newgrass Revival di Sam Bush, molto vicina al rock, fosse di più facile ascolto e di maggiore immediatezza, non ispirò molte altre formazioni a seguirne le orme, a differenza del sound jazzato di Grisman e di altri musicisti della West Coast, evolutosi in dawg music, spacegrass, new age e new acoustic music. (Maurizio Faulisi)

        Bluegrass Tradizionale

        La musica bluegrass è una forma di country music nata intorno alla metà degli anni ’40 nel Sud Est degli Stati Uniti. Il musicista al quale è attribuita la quasi totale responsabilità della nascita e, almeno nella prima parte della sua storia, della diffusione di questo genere, è Bill Monroe.
        Originario del Kentucky, il giovane Monroe, dopo l’esperienza artistica vissuta in coppia col fratello Charlie, col quale formò uno dei più importanti country duet della musica country, diede vita ad una band il cui nome, The Bluegrass Boys, ricordava lo Stato dove nacque, crebbe e si formò come musicista (il Kentucky è lo Stato dell’Erbablu, ‘The Bluegrass State’).
        A partire dalla metà degli anni ’40 fino ai primi ’50, quella musica dal forte impatto, veloce, diversa dal country che si era ascoltato in passato, non venne etichettata in alcun modo, era semplicemente la musica di Bill Monroe & The Bluegrass Boys. Soltanto negli anni ’50, con l’affermazione in tutto il Sud del nome del suo gruppo, il genere musicale iniziò ad essere denominato ‘bluegrass’.

        Naturale e forse inevitabile evoluzione della string band music, il nuovo genere conteneva elementi di blues, gospel, e jazz. L’accostamento di questi elementi si deve attribuire alle personali intuizioni di Monroe, ma anche al fondamentale apporto dei singoli componenti della ‘original band’, alcuni dei quali particolarmente innovativi e fondamentali sul proprio strumento, come Earl Scruggs per il banjo.
        La composizione originale del gruppo vedeva la presenza di soli strumenti a corda, tutti acustici, e precisamente: chitarra, mandolino, banjo, violino (fiddle) e contrabbasso. Durante gli anni ’50 venne aggiunta la chitarra dobro e successivamente cominciò ad essere utilizzato anche il basso elettrico anziché il contrabbasso.
        Nei primi anni ’50 il bluegrass era ascoltato in tutto il Sud, molte erano le formazioni ad eseguirlo, con caratteristiche diverse, ma con gli stessi principi fondamentali. Tra i primi, contemporanei di Bill Monroe, si fecero conoscere gli Stanley Brothers, quindi gli Osborne Brothers, Jim & Jesse, Jimmy Martin, Reno & Smiley e, in assoluto i più famosi, resi tali grazie all’aiuto di un importante sponsor, Lester Flatt & Earl Scruggs, entrambi fuoriusciti dai Bluegrass Boys nel 1948. Quando ci si riferisce alla musica bluegrass, comunemente si intende proprio lo stile che si affermò in quel decennio.

        Nella seconda parte degli anni ’60, e ancora di più negli anni ’70, subì sostanziali cambiamenti, ma il bluegrass tradizionale, così come venne concepito a metà degli anni ’40, e popolarizzato nei ’50, non ha mai smesso di essere suonato e ascoltato dal suo non ampio, ma fedelissimo pubblico.
        Dagli anni ’80, dopo un lungo periodo caratterizzato da suoni particolarmente progressivi e sperimentali, il traditional bluegrass è tornato a riaffermarsi diffusamente, grazie a band quali Johnson Mountain Boys, Nashville Bluegrass Band, Del McCoury Band, Ricky Skaggs’ Kentucky Thunder, confermandosi tra i generi musicali di origine tradizionale più apprezzati ed in continua crescita di popolarità in tutto il mondo. (Maurizio Faulisi)

        Blues

        Forma di espressione musicale sviluppatasi tra i neri afroamericani presumibilmente dopo la Guerra Civile; assunse una forma strutturata e definitiva nell’ultimo decennio dell’Ottocento. Attraverso i testi del blues il nero esprimeva il proprio stato psicologico di oppressione — che l’emancipazione non aveva liberato —ed esorcizzava le angosce generate dalla nuova, alienante condizione di emarginato. La struttura tipica del blues è costituita da strofe di tre versi, il secondo dei quali è la ripetizione del primo (AAB); armonicamente utilizza la sequenza tonica, sottodominante, dominante. Il termine ‘blue’ era la contrazione di un modo di dire, ‘to have the blue devils’ (avere i diavoli blu), che esprimeva, per gli afroamericani, la sensazione di essere di pessimo umore. (Mariano De Simone)

        Blues Rock

        Termine coniato probabilmente a metà degli anni ’60: ha lo stesso significato anche l’analogo Rock Blues. La stragrande maggioranza dei musicisti e delle band che hanno fatto la storia del rock in quegli anni e nel decennio successivo (periodo noto come ‘classic rock’) hanno sviluppato il loro sound e la loro musica ispirandosi al blues. Citarli tutti è impossibile, basti ricordare che Rolling Stones piuttosto che Led Zeppelin hanno inserito cover di grandi bluesman nei loro primi dischi, ma non solo. Sempre in Inghilterra gli Yardbirds e John Mayall con i suoi Bluesbreakers hanno gettato le fondamenta per lo sviluppo e la notorietà del genere.
        Parallelamente negli Stati Uniti non si possono tralasciare i Doors, gli Allman Brothers Band – i quali hanno poi contribuito a dare vita al southern rock – Janis Joplin, la cui voce resta tuttora un termine di riferimento, e naturalmente Jimi Hendrix, il chitarrista che ha rivoluzionato l’approccio allo strumento: la base di partenza è la stessa per tutti, le evoluzioni sono poi state differenti.
        Nelle formazioni di blues rock le chitarre sono quasi esclusivamente elettriche, spesso con abbondante uso di distorsore o altri effetti, specie negli assoli; abbastanza diffusa è la presenza di tastiere, in particolare organo elettrico o Hammond. Nel corso dei decenni il genere si è ampliato ulteriormente, arricchendosi di molteplici sfumature, diffondendosi inoltre in tutto il mondo: anche quando è cantato nelle singole nazioni, il blues rock mantiene pressoché sempre i testi in inglese. (Luca Zaninello)

        Boogie

        Genere musicale nato, nel corso degli anni Quaranta, nelle taverne e nelle sale da ballo frequentate dai neri. Risultato delle sperimentazioni dei pianisti di colore, il boogie prevedeva l’esecuzione con uno stile molto percussivo e il frequente utilizzo di riff standardizzati. (Mariano De Simone)

        Cajun

        E’ la musica di origine tradizionale della comunità francofona della Louisiana. Giunto dal Canada nella zona più paludosa e inospitale della Louisiana, dopo un lungo viaggio alla ricerca di una terra dove potersi stabilire a seguito del suo esilio, il popolo degli Acadian (cajun è la pronuncia storpiata inglese del termine ‘acadian’) per secoli è vissuto in totale isolamento. Questa è la motivazione per cui lingua e tradizioni si sono conservate nel tempo, e con esse la propria musica tradizionale.
        Una musica caratterizzata dal suono dell’accordeon diatonica (principalmente nella tonalità DO) e del violino, e dalla ritmica del triangolo e della chitarra, e concepita principalmente per essere danzata con i tipici one-step, two-step e valzer (danza è ‘fais-do-do’ in lingua cajun).
        I musicisti cajun di maggiore importanza storica sono stati il creolo Amédé Ardoin, Joe Falcon, Iry LeJeune, Harry Choates e Nathan Abshire che, dal decennio 1920 a tutti gli anni ‘40, registrarono le tracce più significative del genere e caratterizzarono in modo determinante questa musica. Eccetto la sporadica aggiunta di batteria, steel guitar e qualche strumento elettrico, la musica cajun non ha subito rilevanti trasformazioni fino ad oggi, almeno rispetto a come costoro la eseguivano nel periodo antecedente la Seconda Guerra Mondiale.
        Le maggiori influenze che si possono riscontrare nell’ascolto di canzoni di questo genere musicale registrate dagli anni ’50 in poi, oltre alla componente blues già metabolizzata da tempo, sono il traditional country e in seguito il rock’n’roll. Durante gli anni ’70 diverse formazioni ed artisti, su tutti i Beausoleil e Zachary Richard, inclusero con creatività ingredienti esterni, che tuttavia non incisero significativamente i classici canoni di questo genere secolare. (Maurizio Faulisi)

        Canzone di Protesta

        Genere nato con il folk revival che, sfruttando i moduli musicali popolari, esprimeva nei testi temi di protesta sociale – contro la durezza della vita in fabbrica, le malattie conseguenza del lavoro nelle miniere, la disgregazione sociale causata dall’industrializzazione e dalla conseguente inurbanizzazione -, prima (anni Trenta) e politici (protesta contro la guerra, contro la bomba atomica, contro la guerra nel Vietnam), dopo (negli anni Sessanta). (Mariano De Simone)

        Celtic Folk

        L’area geografica in cui si sono diffuse, nell’arco di due millenni, cultura e tradizioni celtiche, coinvolge Irlanda e Scozia più ampie zone di Cornovaglia, Galles, Bretagna e Galizia. Conseguentemente alle numerose emigrazioni, è fatto naturale che influenze celtiche siano divenute parte integrante della cultura popolare laddove, come nel continente nord americano, si sono stabiliti nell’arco dei secoli immigrati di origine anglo-scoto-irlandese.
        La zona di Cape Breton, in Canada, si è distinta per aver sviluppato caratteristici stili di musica celtica. La musica suonata dagli irlandesi insidiatisi negli Stati Uniti, anche in aree urbane, si è dimostrata essere a volte persino più vicina alla tradizione, rispetto a quella eseguita nel paese d’origine.
        La string band music della zona dei Monti Appalachi, risente in maniera diretta della tradizione celtica, molti brani ancora oggi eseguiti negli Stati Uniti da musicisti old time, bluegrass e folk sono stati importati nel nuovo continente secoli or sono conservandosi nel tempo, continuando ad essere inseriti nel repertorio da tanti musicisti.
        Spesso i testi hanno subito adattamenti alla realtà del nuovo mondo; castelli, dame e cavalieri sono stati sostituiti da nuovi soggetti e ambientazioni diverse, tuttavia è stupefacente come struttura, metrica e modalità d’esecuzione rispecchino molto fedelmente, almeno stando a quanto asseriscono gli storici, quelle in uso nel passato più remoto, prima che venissero ‘esportate’ nel Nord America. Così come altrettanto stupefacente è il numero di fiddle tunes di origine anglo-scoto-irlandese tuttora diffuse in tutto il Sud Est statunitense, suonate da schiere di giovani musicisti durante le fiddle e old time music convention. (Maurizio Faulisi)

        Chicago Blues

        Già da prima della guerra civile Chicago rappresentava il sogno di una vita migliore per molti afro americani. A Chicago si trovavano molte “stazioni” della così detta Underground Railway per mezzo della quale i neri con l’aiuto degli abolizionisti del Nord, tentavano di raggiungere il Canada fuggendo dalla schiavitù.
        Dopo la guerra civile e durante le grandi migrazioni la città divenne un magnete per gli afro americani provenienti soprattutto dalla Louisiana, Mississippi e Tennessee, che stavolta cercavano di sfuggire alle durissime e pericolose condizioni di vita degli ex stati sudisti. Così fin dalla fine del 1800 Chicago divenne uno dei centri più importanti, insieme a New York, della musica nera che si svolgeva soprattutto nei locali lungo la State Street, per gli artisti in grado di procurarsi gli ingaggi, oppure in Maxwell Street per i “buskers”, o ancora nei frequentissimi “house parties”, le feste a pagamento organizzate dagli affittuari per pagare la pigione.

        Prima della seconda guerra mondiale decine di artisti Blues avevano scelto la città come loro casa e tra questi figurano i primi e grandi eroi di questo genere musicale come Arthur “Blind” Blake, James “Kokomo” Arnold, i pianisti Blind John Davis, Eurreal Wilford “Little Brother” Montgomery e Thomas A. Dorsey “Giorgia Tom”, il padre fondatore del moderno gospel che insieme al chitarrista slide Hudson Whittaker “Tampa Red”, prima della conversione religiosa, aveva composto alcuni tra i brani più “risquè” di tutto il repertorio Blues, John Lee “Sonny Boy” Williamson, il padre dell’armonica blues moderna, da distinguere dall’altro armonicista di grande successo e sempre di Chicago Aleck, detto Rice, “Sonny Boy” Williamson, e Arthur “Big Boy” Crudup, l’ispiratore dei primi successi di Elvis Presley.
        Tra tutti quanti il musicista più importante del periodo prebellico e in parte del postbellico era senza dubbio William Lee “Big Bill” Conley Broonzy. Big Bill Broonzy, oltre ad essere un notevole chitarrista e un band leader di successo, era anche il nume tutelare di tutti i musicisti che arrivavano a Chicago, procurando ingaggi, contratti con le case discografiche e talvolta alloggio. Anche nel dopoguerra Broonzy continuò ad aiutare la carriera di molti musicisti tra i quali Muddy Waters.

        Con l’elettrificazione degli strumenti, successivamente alla seconda guerra mondiale, lo stile di Chicago evolse fino a diventare, come accaduto in Texas, un vero e proprio sottogenere del Blues. I padri fondatori di questo genere sono senza dubbio McKinley Morganfield, universalmente conosciuto come Muddy Waters, e Chester Arthur Burnett, alias Howlin’ Wolf, le stelle della etichetta discografica Chess. Il loro successo aprì la strada ad una imponente schiera di artisti che hanno reso famoso il Chicago Blues in tutto il mondo, tra i quali si possono nominare gli armonicisti Marion Walter Jacobs “Little Walter”, Aleck “Sonny Boy” Williamson e James Cotton, i chitarristi Elmore James, John Brim, Earl Hooker, il contrabbassista e compositore Willie Dixon.
        Alla fine degli anni cinquanta e inizi del 1960 una nuova generazione di musicisti sostituì la precedente, tra i quali Jimmy Reed, Willie Clayton, J. B. Hutto, Otis Rush, Luther Allison, Hound Dog Taylor, Buddy Guy e Junior Wells, e molti altri. (Pio Rossi)

        Conjunto

        E’ un gruppo formato da pochi elementi, specificamente concepito per far danzare, con strumentazione tipica della zona del Nord Messico e del Sud Texas, accordeon e bajo sexto, basso e batteria. La musica dei conjunto è anche conosciuta come ‘norteña’ ed ha molte similitudini con la tejano music, ma, rispetto ad essa, è più vicina alla società e tradizione rurale. Le origini della musica conjunto affondano nell’Europa che ha prodotto, ed in seguito ‘esportato’ nel continente nord americano, la fisarmonica e con essa la polka, il valzer e la mazurca.
        Le canzoni di Flaco Jimenez, il più importante musicista del genere a partire dagli anni ’70, sono eseguite in uno stile che ha subito scarse modifiche rispetto alla conjunto music suonata nel 1800. E’ proprio la fisarmonica di questo importante musicista che ha popolarizzato la musica conjunto, grazie alla sua partecipazione a registrazioni di artisti molto famosi in campo country, blues e rock, a partire da Ry Cooder e Peter Rowan. La country music, particolarmente quella prodotta in Texas, risente dell’influenza conjunto; spesso i singer-songwriter che popolano il Lone Star State usano inserire il suono dell’accordeon nei propri dischi, per creare un’atmosfera che richiama alla memoria immagini legate al Sud Texas e Nord Messico. (Maurizio Faulisi)

        Country Acustico

        Dietro questa definizione trovate in The Long Journey album di artisti di diversa estrazione che eseguono generi musicali stilisticamente annessi al pianeta country, seppur provenienti da territori distinti. Una ballata eseguita con accompagnamento strumentale di chitarra, contrabbasso, violino e mandolino può non rivelare la provenienza stilistica della band che la propone, si tratti di una formazione bluegrass, new country, alt country o folk.
        A partire dall’inizio del nuovo millennio, a seguito di una sensibile flessione di interesse del mercato verso il new country nashvilliano, tante star del mainstream country hanno staccato la spina dei loro amplificatori per ‘tornare alle radici’, eseguendo country music acustica, a volte addirittura molto vicina ai suoni del bluegrass tradizionale di Bill Monroe. (Maurizio Faulisi)

        Country & Western

        Etichetta per lungo tempo utilizzata per identificare la musica country che faceva diretto riferimento all’immagine ‘western’. Il cinema hollywoodiano degli anni ’30, ’40 e ’50 contribuì in maniera determinante a diffondere l’immagine del West americano in tutto il mondo, e l’allora industria discografica si adeguò a tale trend fornendo il genere musicale più adatto a quelle immagini, amplificandone gli aspetti più pittoreschi.
        ‘Country & Western’ è una definizione vaga (ufficializzata dalla rivista Billboard nel 1949), caduta in disuso da quando il mercato, dagli anni ’70 in poi, si è diversificato in tal modo da dover coniare un’etichetta per tutti i possibili generi e sottogeneri, al fine di creare un preciso settore d’appartenenza per musicista.
        L’utilizzo di questa etichetta nel sito, riguarda quegli artisti e quei dischi legati all’immaginario del West, ma non propriamente attribuibili al filone cowboy music, un genere che si è andato sviluppando dagli anni ’90 con un approccio decisamente più filologico o comunque specifico. (Maurizio Faulisi)

        Country Blues

        L’espressione country blues è stata coniata nel 1959 dal musicologo Samuel B. Charters e usata come titolo del suo primo libro e della prima e storica ristampa su vinile, per la etichetta discografica RBF, di registrazioni di brani blues effettuate prima della II Guerra Mondiale, blues selezionati in forma antologica dallo stesso Charters. Il termine country potrebbe essere tradotto con campagnolo, rurale, paesano, ed è usato da Charters per identificare uno stile blues precedente al conflitto mondiale, scarno, elementare, basato sulla tradizione e percepito da Charters come la più pura, incontaminata e originale espressione della musica e cultura afro americana. Generalmente si intende uno stile blues tradizionale ed essenzialmente acustico, cantato o strumentale, nel quale vengono impiegati principalmente strumenti a corda, l’armonica o il piano.

        Negli anni prebellici lo strumento principe era la chitarra ma letteralmente spopolavano piccoli gruppi con le più disparate formazioni. Erano piuttosto comuni le Jug bands – la jug è una piccola damigiana nella quale si soffia per ottenere un suono simile alla tuba o al contrabasso – con accompagnamento di chitarra e banjo o mandolino e talvolta con l’aggiunta dell’armonica ma in generale ciò che faceva la jug band era essenzialmente la presenza appunto della jug.
        Anche le string bands riscuotevano un discreto successo e anche in questo caso le formazioni erano le più varie con l’utilizzo di violino, mandolino, banjo e ovviamente chitarra. La parte ritmica era spesso sostenuta dal contrabbasso, a volte in una tipica versione fatta in casa con uno spago attaccato ad un manico di scopa infilato in una tinozza, dalla washboard, dai cucchiai o da ossi appositamente sagomati.
        Sotto l’aspetto strutturale il country blues si caratterizza per l’estrema varietà. Oltre alle classiche dodici battute si trovano brani in sei, otto, dieci e sedici battute e persino composizioni in battute dispari. Oltre ai classici tre accordi, tonico, dominante e sottodominante venivano spesso suonati blues così detti modali, cioè costruiti solo sulla tonica, oppure che utilizzavano solo l’accordo tonico e dominante.
        Ugualmente, dal punto di vista poetico, il country blues presenta una grande diversità di temi raggruppabili in quattro principali: il tema dell’amore, del viaggio, delle cattive abitudini e dell’autostima. Tale varietà di struttura, di gradi, di temi e di strumentazione caratteristica del blues prebellico costituisce quella che unanimemente dagli studiosi viene considerata l’età dell’oro del blues.
        Il termine coniato da Charters presenta però alcuni difetti. Innanzi tutto molti artisti non vivevano nelle zone rurali del sud degli Stati Uniti ma operavano e talvolta erano nati in città come Memphis, Atlanta, St. Louis, Chicago o le città del Texas. Per un abitante della città essere chiamato “campagnolo” poteva costituire un’offesa, ed è così anche oggi. Il blues che si suonava nelle arre rurali era lo stesso che si suonava in città. Inoltre dopo la diffusione degli strumenti elettrici, quasi tutti gli artisti per ragioni di volume ed espressione, preferirono adottare strumenti amplificati, pur mantenendosi all’interno della tradizione più pura anche dopo la II Guerra Mondiale.

        Gli anni quaranta, con la scomparsa delle jug bands e delle string bands, vedono infine nascere i piccoli combo come chitarra elettrica e contrabbasso, oppure chitarra elettrica e batteria a cui si poteva aggiungere anche il contrabbasso o basso elettrico, che difficilmente possono essere intesi come esempi di musica “rurale”. Per questi motivi già dal 1960 Alan Lomax aveva adottato il termine folk blues per descrivere questo stile, ispirato nella scelta dall’enorme successo che riscuoteva la musica folk in generale e dal fatto che la parola folk ha una connotazione più ampia e non collegata ad un particolare periodo storico.
        Nel 1977, con il libro “Early Downhome Blues – A Musical & Cultural Analysis” (doppiato nel 1981 da “Downhome Blues Lyrics – An Anthology from the Post World War II Era”), Jeff T. Titon propose il termine downhome, che può essere tradotto con “casalingo”, “di casa”. Il termine downhome è indubbiamente più preciso ed evocativo. Non fa infatti riferimento alla “campagna” ma alla “casa” e la casa si trova anche nelle città, inoltre richiama la tradizione e la cultura passata di generazione in generazione, indipendente da periodi storici. Secondo lo stesso Titon, la parola downhome invece di un luogo fisico descrive piuttosto un luogo dell’anima e si presta meglio per descrivere questo particolare stile di blues. (Pio Rossi)

        Country Comedy

        In quanto musica di origine popolare, il genere country è ricchissimo di personaggi che hanno dimostrato di possedere notevoli doti comunicative e grande capacità di coinvolgere il pubblico attraverso uno spiccato senso dello humor. Tanti hanno evidenziato nei loro show l’aspetto comico del proprio lavoro di intrattenimento e spettacolo: sketch, barzellette, narrazione di aneddoti divertenti, ma anche cambi di costume, veri e propri show nello show, allo scopo di rendere più spassoso e leggero lo spettacolo. Proprio come succedeva nel passato remoto durante gli spettacoli itineranti ‘medicine show’ e più tardi nei ‘barn dance radio show’, divenuti in seguito televisivi. Una comicità popolare, un cabaret da ‘strada’, fatto di battute e smorfie, ma anche di canzoni simpatiche, divertenti, comiche.
        Il country è particolarmente ricco di ottimi musicisti dalle spiccate doti comiche. Si pensi a Jethro Burns, tra i migliori mandolinisti country e jazz, per anni ha fatto coppia con Henry ‘Homer’ Haynes, formando uno dei più importanti country duet (Jethro & Burns) della storia del country, o anche agli spassosissimi Riders In The Sky, che riescono a coniugare musica e humor, con una professionalità e rigore storico formidabili. Gli altri nomi importanti del country comedy sono Minnie Pearl, Ray Stevens, Lonzo & Oscar, Little Jimmie Dickens, Pinkard & Bowden, Brother Dave Gardner. (Maurizio Faulisi)

        Country Duet

        O ‘country duo’ o ‘close harmony’ o ‘brother duet’. E’ una delle storie più antiche della musica country. Nasce tra le mura domestiche, grazie soltanto a due semplici voci, quelle di due fratelli. La country music è caratterizzata da un’infinità di coppie di fratelli che, con le loro armonizzazioni vocali, hanno creato la base sulla quale sono stati costruiti stile e impostazione dei cori di questo genere musicale. La similitudine del timbro e la profonda conoscenza reciproca sono gli elementi naturali che hanno contribuito alla creazione di un suono vocale perfetto (composto da una voce solista – lead – e da una alta – tenor -) da parte di tante coppie di fratelli con cognomi quali Kessinger, McGee, Monroe, Delmore, Everly, McReynolds, Bolick (Blue Sky Boys) Louvin, Armstrong (erano gemelli), Bailes, Whitstein, solo per citarne alcuni.
        E’ fin troppo evidente l’importanza delle armonizzazioni vocali di questi country duet se si ascolta la musica dei Beatles, di Simon & Garfunkel, dei Byrds e di tante altre formazioni folk, rock e anche pop.
        Dietro la definizione ‘country duet’ si trovano in The Long Journey anche coppie formate da padre/madre-figlio/figlia, moglie/marito, o più generalmente da due cantanti il cui connubio è risultato essere vincente dal punto di vista artistico e di mercato. (Maurizio Faulisi)

        Country Folk

        Gli artisti ai quali è data questa etichetta sono di matrice country. Si tratta di cantanti che, di norma, scrivono le proprie canzoni rispettando gli stilemi e la metrica del traditional country. Artisti che cercano di scavare più a fondo nell’animo, alla ricerca di quegli aspetti meno evidenti del carattere umano e dei suoi comportamenti relazionali. Taluni vanno oltre, mettendo a disposizione della società la propria sensibilità artistica, dedicandosi a tematiche quali la pace, i diritti civili, il razzismo.
        Tra i tanti, elenchiamo alcuni importanti nomi di riferimento: Iris DeMent, Nanci Griffith, Hugh Moffatt, Barry & Holly Tashian, Butch Hancock, Deana Carter, Bobby Bare, Tom T. Hall, Kathy Mattea, Loretta Lynn, Mary Chapin Carpenter, Waylon Jennings, Dolly Parton. (Maurizio Faulisi)

        Country Gospel

        Mentre nel bluegrass gospel, dal punto di vista stilistico, sono evidenti le anime che hanno dato vita al sotto-genere (gli intricati arrangiamenti vocali sostenuti da un tappeto sonoro prodotto dai tipici strumenti bluegrass, il call and response, il canto a-cappella…), nel country gospel ciò che si ascolta è più semplicemente traditional country o country pop con testi religiosi. Un sotto-genere che si è diffuso negli USA, particolarmente a cominciare dall’inizio degli anni Ottanta, cioè da quando sempre più americani – in particolare nel Sud Est e Ovest -, trainati dai predicatori televisivi, hanno consolidato e approfondito il loro rapporto con la religione cristiana. (Maurizio Faulisi)

        Country Jazz

        Country Jazz
        E’ solo western swing il possibile risultato dell’incontro tra jazz e country? E’ il più popolare. Perché tra gli stili jazz quello che meglio si adatta, e non solo per ragioni ritmiche, al country, è sicuramente lo swing. C’è però dell’altro. Si pensi ad un’atmosfera notturna, morbida, creata da una band con fiati ma anche steel guitar, sulla quale si adagia la calda voce di un crooner che canta un brano lento, scelto dall’infinito repertorio della musica country… In questo caso, il jazz è ancora swing, ma in quanto al country, può facilmente non essere ‘western’.
        Dischi come quelli registrati da Lyle Lovett con la sua Large Band, dove si ascolta un delizioso swing accostato al suo personale modo di interpretare il country, non è obbligatorio che vengano sistemati nello stesso scaffale dove sono riposti i vecchi LP ‘western swing’ di Bob Wills e Spade Cooley.
        Abbiamo voluto aggiungere country jazz, country swing e swing acustico al più comune western swing perché negli ultimi decenni, da quando il numero di dischi che propongono un amalgama di country e jazz è andato via via aumentando, vi siano delle differenze stilistiche degne di nota rispetto alla musica di Bob Wills, The King of Western Swing. (Maurizio Faulisi)

        Country Music

        Termine con il quale cominciò ad essere identificata, già a partire dalla fine degli anni Venti del Novecento, la musica bianca di tradizione orale eseguita nell’area appalachiana. L’etichetta oggi ha il difetto di essere da una parte troppo generica — i generi musicali sviluppatisi nel corso del Novecento e classificati come ‘country’ sono numerosi — e dall’altra fuorviante — molti la identificano esclusivamente con la musica di Nashville. Esemplificando, tra i generi che sono stati etichettati come ‘country’ ci sono: old-time music, bluegrass, newgrass, western swing, Nashville sound, rockabilly, cowboy songs, honky-tonky, country-rock, outlaws, country & western, new country. Oggi si possono individuare tre filoni principali che hanno attraversato quasi tutta la storia discografica della country music nel Novecento: la old-time music, il bluegrass ed il Nashville mainstream. (Mariano De Simone)

        Country-Politan

        Termine utilizzato per definire la musica country-pop, che individua esplicitamente l’ibrido diluito ‘urbano-rurale’, derivato dalla fusione della country music, musica originariamente rurale, con la popular music, musica prevalentemente urbana. (Mariano De Simone)

        Country Pop

        La musica country dall’avvento del supporto fonografico ha sempre prestato molta attenzione nell’individuare gli elementi che potessero determinarne maggiore diffusione. Per quanto legata alle proprie peculiari caratteristiche, la country music ha dimostrato buona disponibilità a modificarsi facendosi contaminare da altri generi e stili musicali, auto innestandosi, a volte in forti dosi, ingredienti che si sono rivelati vincenti dal punto di vista commerciale.
        In alcuni momenti della sua storia, chiuse addirittura le porte agli strumenti più caratteristici con i quali la country music era stata identificata fino ad allora, affinché fosse assolutamente chiara la sua volontà di voltare pagina per conquistare un nuovo, diverso, più ampio e più giovane pubblico.
        Sviluppatasi nel Sud Est, e diffusasi ovunque negli Stati Uniti vi fosse una importante comunità di southerner, l’industria del country ha sempre avuto il costante obiettivo di conquistare le città del Nord, sin dagli anni Trenta fino ad oggi. Si pensi, a tal proposito alla soddisfazione di Garth Brooks, del suo entourage e dell’intera ‘comunità’ country, quando nel 1997 il Re del new country ‘invase’ New York per la sua storica esibizione al Central Park.
        Evidenti dimostrazioni di tale disponibilità ad adeguarsi alla realtà contemporanea, la country music ne ha sempre offerti sin dai suoi albori. Jimmie Rodgers, ‘The Father of Country Music’, in tal senso altro non è che la prima vera star che ha saputo sapientemente fondere il country di origine rurale col blues, il pop e il jazz. E prima di lui Vernon Dalhart, un cantante dall’impostazione classica proveniente dal Texas che raggiunse il successo nella New York dei primi anni ’20, registrò The Wreck On The Southern Old 97 nel 1924, dopo averne ascoltato la versione rurale di Henry Whitter su OKeh, con un taglio ovviamente diverso, più commerciale rispetto all’originale. Anche la sua versione, nonostante il cantante non fosse di estrazione hillbilly, fa naturalmente parte a pieno diritto della storia di questo genere musicale.

        Ciò che differenzia il country pop dal countrypolitan, new country, urban country e Nashville sound è relativo ai periodi storici nei quali sono stati diffusi tali termini piuttosto che a particolari, distinte caratteristiche stilistiche, sono generi che hanno assorbito in maniera massiccia il pop in voga nel relativo periodo storico.
        Il Nashville sound di Chet Atkins e di altri importanti produttori come Owen Bradley, è nato negli anni ’50; negli anni ’70 si è evoluto in countrypolitan, country pop e urban country per poi lasciare il posto – dopo una fase in cui i new traditionalist hanno cercato di reinserire i tratti più caratteristici nel tipo di produzione del periodo – al più moderno new country.
        Country pop, countrypolitan, urban country e Nashville sound sono gli stili che, seppur con le dovute distinzioni, più si sono avvicinati alla popular music, all’easy listening, alla musica che in Italia viene intesa come ‘leggera’; mentre il new country ha aggiunto al pop una forte dose di rock e altrettanto forti tratti di traditional country, honky tonk e persino di swing.
        I più famosi cantanti esponenti del country pop sono stati Crystal Gayle, Anne Murray, Kenny Rogers, Ronnie Milsap, Glen Campbell, Dolly Parton, Statler Brothers, gli Alabama. (Maurizio Faulisi)

        Country Punk

        E’ un fenomeno che si diffuse limitatamente e per un breve periodo nella prima metà degli anni ’80 col nome di ‘cowpunk’, nato sulla scia del punk dei ’70, e che vede in Jason & The Scorchers e pochi altri il più importante artista di riferimento.
        Elementi di country punk si possono individuare nel roots rock e rock’n’roll di formazioni che portavano i nomi di Beat Farmers, Blood On The Saddle, Rubber Rodeo, Country Dick Montana, fino ai Blasters, Rank & Files, Lone Justice, Del Fuegos, Long Ryders. (Maurizio Faulisi)

        Country Rock

        Fu la country music fortemente chitarristica dei primi anni ‘60, prodotta da band la cui composizione era simile a quella dei gruppi rock (basso, batteria, chitarra ritmica e solista), suonata nella Bakersfield di Buck Owens, Merle Haggard e Wynn Steward, ad ispirare una schiera di giovani musicisti californiani a suonare un rock che guardava verso il country. L’ispirazione spirituale era invece ‘fornita’ dalla figura di Hank Williams, una stella della musica country del passato che per le sue drammatiche vicende personali, per la sua sregolatezza e i suoi eccessi, per la sua vena artistica intrisa di poetica essenzialità, era molto vicina alla filosofia di vita dei giovani di quella generazione.
        Beau Brummels, Flying Burrito Brothers, Gram Parsons e in parte Byrds e Nitty Gritty Dirt Band furono i primi a dar vita a quel sound in seguito denominato country rock. Poi vennero i Pure Prairie League, gli Ozark Mountain Daredevils, gli Amazing Rhythm Aces, i Dillards, i Poco, i Mason Proffit, i canadesi The Band e, infine, i più famosi in assoluto, un gruppo che ha prodotto canzoni conosciute, ascoltate ed eseguite ancora oggi in tutto il mondo, gli Eagles. (Maurizio Faulisi)

        Country Swing

        Abbiamo voluto fare una distinzione tra ‘country swing’, ‘country jazz’ e ‘western swing’, il genere più popolare che fonde il country col jazz. Dietro l’etichetta western swing trovate i nomi che hanno reso famoso questo genere musicale dagli anni ’30 fino agli anni ’50 e tutti gli artisti che in seguito, fino ad oggi, hanno eseguito questa musica nello stile di allora. Country jazz propone invece artisti e incisioni dove la componente jazz è preponderante rispetto a quella country.
        Infine, il country swing. Per country swing intendiamo quello stile musicale che fonde i due generi differenziandosi dal più famoso western swing proprio per essere per nulla ‘western’. Lo swing da sempre è suonato anche a Nashville, dove vivono ed operano molti dei migliori musicisti country americani, session men che non perdono occasione di mettere alla prova le proprie doti tecniche. E, davvero, non vi è nulla di meglio dei lunghi assolo di un brano swing per dimostrare le proprie capacità sullo strumento. (Maurizio Faulisi)

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        Cowboy Music

        In passato la vaga definizione country & western racchiudeva in sé tutto il country che faceva riferimento all’immagine del Far West. Cantanti-attori che popolavano i film western (Roy Rogers, Gene Autry, ecc.) e cantanti country dell’Est (Slim Whitman, Hank Snow, Eddy Arnold, ecc.) che sfruttarono l’immagine western quando il filone stava raccogliendo grande successo, erano indistintamente etichettati come artisti country & western.
        The Long Journey ha deciso di inserire tra i generi trattati entrambe le etichette, ‘country & western’ e ‘cowboy music’, per sottolineare il diverso approccio verso lo stesso tema, quello del mondo del ‘cowboy’. Mentre il primo è nato e si è sviluppato a seguito di un preciso interesse di mercato che ha coinvolto, in un dato periodo storico, cinema, musica, moda e costume in generale, il secondo, di minore e più recente diffusione, si muove in un ambito formato esclusivamente da cultori, musicisti e storici del genere.
        Al contrario di quanto si possa pensare, la ‘lunga’ storia che ha visto protagonista il ‘cowboy’ in qualità di figura professionale legata ad un ruolo di cura e spostamento del bestiame nel Mid e Far West, si è consumata nell’arco di pochi decenni. Poche altre figure sono state rese mitiche e romantiche quanto quella del ‘cowboy’ nella storia dell’uomo nella società occidentale. Alla creazione di tale figura, sappiamo, ha contribuito in maniera determinante il cinema e la letteratura popolare. Anche la musica ha fatto la sua parte, ma, come il cinema, deviandone per lungo tempo i reali tratti storici e amplificandone gli aspetti più romantici.
        Così come il cinema ha prodotto, a partire dagli anni ’60, pellicole più vicine alla realtà dal punto di vista storico (Un uomo chiamato cavallo, Piccolo grande uomo, Corvo Rosso non avrai il mio scalpo, Balla coi lupi, ecc.) anche il country ha voluto approfondire il tema andando a riproporre brani che i cowboy amavano eseguire a fine giornata intorno al falò e nei momenti di festa. Oggi si possono ascoltare cantanti che interpretano quelle canzoni con rigore storico, autori che scrivono nuove canzoni nello stesso spirito e poeti che cercano di individuare l’essenza di una filosofia di vita, che dal punto di vista emotivo ha coinvolto, e continua a coinvolgere, milioni di persone in tutto il mondo. (Maurizio Faulisi)

        Dawg Music

        Termine con il quale David Grisman battezzò la propria produzione musicale in occasione dell’uscita dell’album ‘The David Grisman Quintet’ (1976), ma che dice poco o niente: non è proprio bluegrass, non è solo jazz, è molto swing. La scherzosa assonanza con dog-cane, la identificherebbe come ‘musica da cani’ e lo stesso Grisman ha fatto largo uso di iconografia appropriata sulle copertine dei suoi dischi.(Mariano De Simone)

        Delta Blues

        Lo stato del Mississippi viene considerato il cuore geografico del blues. Una delle ragioni è l’alta densità di popolazione nera, che in alcune contee del Delta raggiungeva, prima della II guerra mondiale, il 90% degli abitanti. Tale densità rendeva gli afro americani in un certo senso più impermeabili alla influenza musicale dei bianchi. Il Delta del Mississippi è una delle cinque regioni geografiche in cui si suole dividere lo Stato (Delta, Hills, Capital o River, Pines e Coastal). Generalmente in America si usa il termine “delta” per indicare le pianure alluvionali piuttosto che la foce di un fiume ed infatti il Delta si trova nel Nord-Ovest dello Stato, delimitato a Ovest dal fiume Mississippi, a Est dal fiume Yazoo a Nord dal confine con il Tennessee e a Sud dalla città di Vicksburg, formando un’area estremamente fertile, piatta come un pancake, i cui contorni ricordano la forma di una foglia di pecan, l’albero da frutto più comune della zona. Fino agli anni ottanta del 1800 era una regione selvaggia ed inospitale soprattutto a causa delle continue alluvioni causate dalle piene del Grande Fiume ma dopo la guerra civile il disboscamento e la conversione agricola dei terreni, era diventata l’area agricola più produttiva dello Stato, essenzialmente grazie alla cultura intensiva del cotone. Praticamente abitata solo da afroamericani, la regione più povera dello Stato più povero dell’intera Unione, era il posto ideale per un musicista nero per raggranellare un po’ di soldi suonando nelle feste private, nelle fiere, negli spettacoli ambulanti e soprattutto nei numerosi locali tirati su alla buona vicino ad ogni piantagione con assi e lamiere, chiamati Juke Joints.
        Come nel caso di altre regioni, quali il Texas o la regione del Piedmont, parlare di uno stile “Delta” – termine coniato a metà degli anni ’60 del 1900 – è un po’ ingannevole. In realtà il Delta era una meta obbligata per molti e diversi tipi di musicisti afro americani, soprattutto chitarristi e string bands, ciascuno con il proprio stile, la cui popolarità era in parte dovuta alla intesa commercializzazione discografica operata dalle etichette produttrici di race records. Fino al 1930 la string band più famosa era costituita da musicisti provenienti dalla stessa famiglia, i fratelli Lonnie, Sam e Armenter Chatmon: i Mississippi Sheiks. Ad essi si univano spesso altri musicisti in modo intercambiabile come Walter Vinson o i fratelli Joe e “Papa” Charlie McCoy. In particolare il talentuoso chitarrista Armenter Chatmon, più conosciuto con il nome di Bo Carter, in seguito abbandonò la band per intraprendere una ricca e fortunata carriera solistica. La fama degli Sceicchi cominciò a declinare quando apparve Charlie Patton, probabilmente uno dei più influenti bluesman della storia e considerato il padre del Delta Blues. Stabilitosi nel Delta fin da bambino, aveva stabilito la sua base di operazione nella immensa piantagione di Will Dockery, dove viveva la sua famiglia. Insieme a Edward “Son” House e Willie Brown aveva girovagato in lungo e in largo lo Stato del Mississippi e delle aree confinanti, diventando il capostipite di una tradizione che gli sopravviverà ben oltre la sua morte, avvenuta nel 1934. È inutile nominare le dozzine di musicisti che suonavano nell’area del Delta, basti sapere che la grande tradizione iniziata da Charlie Patton ha prodotto, tra gli altri, musicisti nativi del Delta del calibro di Muddy Waters, John Lee Hooker e B.B. King, quest’ultimo cugino di Booker T. Washington “Bukka” White, altro grande bluesman degli anni ‘30. Alcuni hanno identificato una tipica caratteristica dello stile “Delta” nel frequente uso dello slide ma è difficile usare categorie così definite a causa della grande varietà di tecniche. In realtà ciò che caratterizza lo stile è probabilmente l’uso dei bassi della chitarra per costruire cadenze poliritmiche, a differenza dello stile texano dove i bassi sono usati “a bordone”, o di quello dell’Est dove il “basso alternato” è più frequente. (Pio Rossi)

        Early Country

        Per ‘early country’ si intende musica traditional country registrata prima della Seconda Guerra Mondiale. In questa categoria The Long Journey inserisce personaggi storici quali Jimmie Rodgers, Carter Family, Sam & Kirk McGee, Delmore Brothers, Blue Sky Boys, Roy Acuff, ecc., musicisti le cui principali caratteristiche non permettono loro di essere collegati a precise categorie quali old time music , western swing o hillbilly, ma al ben più ampio filone dai tratti standard con i quali l’immagine della country music è comunemente identificata. (Maurizio Faulisi)

        Folk

        A differenza del traditional country, che propone principalmente temi inerenti la sfera famigliare, l’amore, Dio, la solitudine e tutta quella serie di contenuti che riguardano i sentimenti dell’essere umano e la sua quotidianità all’interno di una dimensione che lo riguarda direttamente, la musica folk affronta invece anche tematiche sociali e politiche.
        Gli artisti e produttori che in questo genere musicale, fino agli anni ’40, si sono maggiormente distinti per il loro impegno, oltre che per le doti artistiche, sono Woody Guthrie, Aunt Molly Jackson, Leadbelly, Pete Seeger, Cisco Houston, Bess Hawes, Almanac Singers, e naturalmente Alan Lomax per il suo lavoro di produttore e ricercatore.
        Successivamente, dagli anni ’50 e durante tutti gli anni ’60, una schiera di nuovi cantautori, trovando ispirazione dall’ascolto dei vecchi dischi degli artisti della precedente generazione, conquistarono popolarità cantando canzoni contro la guerra in Vietnam, per i Diritti Civili, per l’eguaglianza. Questo filone musicale, in questo preciso periodo storico, venne denominato folk revival.
        Ancora oggi i cantautori più impegnati continuano ad essere definiti artisti folk. Dal punto di vista stilistico molti di essi alla base ‘traditional’ country hanno aggiunto elementi sonori di differente provenienza, soprattutto rock, latin e irish. (Maurizio Faulisi)

        Folk Revival

        La seconda metà degli anni ’50, dal punto di vista musicale, non è stata caratterizzata esclusivamente dal boom del rock’n’roll. In quel preciso periodo storico furono molti i giovani che si lasciarono coinvolgere dall’energia di Elvis Presley, Eddie Cochran, Little Richard e Chuck Berry; molti meno, ma tuttavia un consistente numero, furono quelli che, nelle città del Nord e particolarmente intorno ai college, scoprirono i suoni della tradizione rurale. Quello del folk revival in un certo momento si poté definire come un vero e proprio fenomeno musicale oltre che sociale.
        Tanti giovani si improvvisarono promoter e cominciarono a organizzare concerti all’interno di auditorium, palestre e teatri ad anziani signori che avevano inciso dischi negli anni ’20 e ’30 e dei quali tutti si erano scordati. La Folkways Records assunse un ruolo di importante riferimento per i giovani nello scoprire questi vecchi artisti, che dopo tanti anni tornarono a registrare le canzoni del loro passato più remoto. Un periodo di grande fervore durante il quale cominciarono ad essere organizzati folk festival (quello di Newport fu uno dei più importanti), jam session di piazza (storica quella di Washington Square nel Greenwich Village di New York) e furono aperti numerosi folk club.
        Alcuni degli artisti che ‘tornarono in vita’ grazie al folk revival avevano nomi oggi considerati tra i più importanti del folk e del blues, da Mississippi John Hurt a Rev. Gary Davis, da Bradley Kincaid a Dock Boggs, a Bill Monroe (che finalmente riusciva a portare il suo bluegrass anche al Nord) e decine di altri. Artisti che in quegli anni condivisero i palchi con giovani musicisti emersi dalle fila di un esercito di giovani cittadini strimpellatori di banjo e chitarre acustiche, neo appassionati di old time music (New Lost City Ramblers…), cantautori che si sarebbero direttamente impegnati in prima persona nella lotta contro la guerra del Vietnam e per i diritti civili (Bob Dylan, Joan Baez, Pete Seeger, Phil Ochs, Tom Paxton) e altri ancora che avevano aggiunto elementi pop alle canzoni tradizionali, rendendoli successi da classifica (Kingston Trio). (Maurizio Faulisi)

        Gospel

        Il gospel è un’espressione artistica, un genere musicale che fa parte della cultura e tradizione degli afro-americani. Con il suo accostamento al rhythm’n’blues, al pop, al rock e al country, ha dimostrato di essere una musica al servizio del proprio messaggio, che non si pone quindi limiti stilistici. Il gospel classico, il più popolare nell’immaginario collettivo, è sicuramente quello di Mahalia Jackson e Sallie Martin – due vere e proprie icone della musica dei neri americani – ma anche del classico coro normalmente formato da cinque elementi, come quello dei famosi Soul Stirrers, Golden Gate Quartet, Swan Silvertones, Five Blind Boys of Alabama, Fairfield Four.
        Lo stile vocale dei neri nel gospel ha notevolmente influenzato la musica dei bianchi, anche quella più tradizionale. Mentre in passato nel bluegrass si poteva ascoltare il gospel a quattro voci, solitamente cantato in ‘call and response’ , accompagnato da chitarra e mandolino o solo chitarra finger-picking, a partire dagli anni ’70 un sempre maggior numero di formazioni ha cominciato a proporlo escludendo completamente l’accompagnamento strumentale.
        Oggi il gospel a-cappella è molto diffuso tra le formazioni bluegrass, in alcuni casi è stato raggiunto un livello che, se dal punto di vista emozionale continua probabilmente a rivelarsi meno coinvolgente rispetto al gospel interpretato dai neri, da quello puramente tecnico può risultare invece superiore: armonizzazioni, intonazione, arrangiamenti assolutamente perfetti.
        I dischi dei Mountain Heart, Doyle Lawson & Quicksilver, Ricky Skaggs, Nashville Bluegrass Band contengono canzoni la cui costruzione e interpretazione lasciano senza parole l’ascoltatore, particolarmente se le stesse sono ascoltate in concerto. (Maurizio Faulisi)

        Hillbilly

        Questo termine dispregiativo (da hill-collina, billy-capra), offensivo nei confronti della gente che viveva nella zona dei Monti Appalachi meridionali, è una delle prime definizioni data al genere oggi comunemente conosciuto come ‘country music’ da quando, nei primi decenni del XX Secolo, cominciò a diffondersi attraverso i ‘78 giri’ prodotti dalle case discografiche del Nord.
        Più tardi, per diverse ragioni, le major smisero di usarlo; forse per esigenze di catalogazione a causa del crescente numero di stili country, oppure, più probabilmente, per far sì che il genere musicale non fosse esclusivamente identificato con una particolare zona degli Stati Uniti, arretrata sotto ogni punto di vista rispetto alla società del Nord, moderna ed in continua e veloce evoluzione.
        Gli artisti e la sempre più importante industria musicale che andava sviluppandosi nel Sud Est non smisero mai di utilizzarlo. Anzi, la figura evocata dal termine, ovvero quella del campagnolo ignorante, trovava spazio all’interno di sketch umoristici durante le performance negli show dei radio barn dance. Lo stesso dicasi per i gruppi formati da artisti provenienti da zone rurali emigrati verso Ovest, come nel caso dei famosi Maddox Brothers And Rose, che con orgoglio rivendicavano le loro origini rurali chiamando hillbilly la musica che eseguivano.
        La country music grezza, chiassosa e festaiola alla quale si riferisce la definizione ‘hillbilly’, è proprio quella che meglio funzionò, con l’aggiunta di qualche altro importante ingrediente, nell’appagare i nuovi gusti musicali dei giovani bianchi della metà degli anni ’50, cresciuti in ‘territorio’ country ma con la forte esigenza di ascoltare qualcosa di decisamente più aggressivo: nasceva il rockabilly!
        E non si scordi neppure il genere country che, già diversi anni prima rispetto al fatidico 1954, era stilisticamente più vicino a ciò che sarebbe stato considerato in seguito rock’n’roll, l’ hillbilly boogie, un’esplosiva e ballabile commistione di country e boogie sviluppatasi nella seconda metà degli anni ’40. (Maurizio Faulisi)

        Hillbilly Boogie

        La prima volta che venne utilizzato il termine boogie-woogie risale al 1928, quando fu registrato il brano Pinetop’s Boogie-Woogie da parte di Clarence ‘Pinetop’ Smith, uno dei primi di una lunga serie di pianisti del Sud, con alle spalle esperienze in barrelhouse, emigrati a Nord nei primi anni ’20 in cerca di lavoro. La diabolica bravura di Pinetop Smith, Albert Ammons, Meade Lux Lewis e Pete Johnson sulla tastiera, fece furore per buona parte degli anni ’30, influenzando intere generazioni di musicisti neri e bianchi, blues e country.
        Gli anni ’30, già durante la Depressione – col tentativo di scacciare se possibile il fantasma della povertà – ma soprattutto dopo, quando l’effetto del New Deal di Roosevelt cominciò a farsi sentire, furono un decennio di musica da ballo, boogie-woogie e swing. Anche la musica country faceva ballare: da Chicago e da Nashville, via etere, giungevano fiddle tune a casa di milioni di ascoltatori, e nell’Ovest, in Texas, Oklahoma e California, le dance hall si riempivano per ballare al ritmo della musica western-swing di Bob Wills, Spade Cooley, Hank Penny, Milton Brown.
        Questo era il background dei musicisti country che nel periodo compreso tra il 1938/9 e il 1952/3 produssero un genere musicale country fortemente influenzato dal ritmo e dalle scale boogie, ballabile in coppia con la possibilità di riprodurre i passi e le coreografie del ballo swing. Questo genere musicale andò particolarmente forte nell’Ovest, in Texas e ancora di più California, dove aveva sede la Capitol Records che tanti musicisti di grande talento fece registrare, Hank Thompson, Tennessee Ernie Ford, Merle Travis, Jimmy Bryant & Speedy West, Jack Guthrie… Ma non si scordino la Columbia o la King Records, e tanto meno artisti come Delmore Brothers, Arthur Smith o Bill Haley che prima di Rock Around The Clock eseguiva un ottimo western-swing e hillbilly boogie, o Moon Mullican che tanto doveva ai pianisti boogie, e che tanto, a sua volta, ha trasmesso a Jerry Lee Lewis. (Maurizio Faulisi)

        Honky Tonk

        L’honky tonk era un locale dove venivano servite bevande alcoliche. Si chiamavano anche semplicemente bar, tavern, oppure juke joint o beer joint. L’utilizzo del termine ‘honky tonk’ risale al 1891, l’anno di pubblicazione di un articolo sulle pagine di un quotidiano texano, ma nel mondo del country entrò solo a partire dalla metà degli anni ’30. Uomini provenienti da zone rurali in cerca di lavoro nei giacimenti petroliferi popolavano questi locali, particolarmente il venerdì sera, dopo aver incassato la paga settimanale. Il fine settimana era una necessaria valvola di sfogo, un momento per incontrarsi e parlare, per ascoltare musica e per alzare il gomito, in uno di quei bar cittadini con prezzi economici frequentati da gente della propria classe sociale. Fumo, alcool e volumi alti.
        I gruppi che suonavano in questi posti ad un certo punto, quando fu possibile, dovettero cominciare ad amplificare i propri strumenti. Sempre per questo motivo, lo stile vocale che si sviluppò all’interno dei nebbiosi locali degli honky tonk, doveva necessariamente tenere conto dell’esigenza di farsi sentire, quindi note lunghe ad alto volume e lonesome feeling come nel canto bluegrass. Più tardi il microfono aiutò i cantanti e questi poterono quindi giocare anche con le note basse, sopra un ritmo che si era standardizzato intorno a precisi schemi: un basso elettrico pulsante, una chitarra ritmica in levare, steel, fiddle e chitarra elettrica che si prendevano i loro spazi per dei brevi assolo.

        Quando il grande del western swing Milton Brown nel ’36 morì in un incidente stradale, le fila della band vennero prese in mano da Cliff Bruner, il quale diede maggiore enfasi alla presenza nella band di una steel guitar amplificata (lo steeler era il bravo Bob Dunn, il primo ad amplificare questo strumento), e al nuovo pianista Moon Mullican, particolarmente influenzato dai neri che suonavano boogie. Tra i primi ad emergere dagli honky tonk e ad avere successo prima locale, poi nazionale, fu Ernest Tubb, per il quale, data la fama conquistata in una lunghissima e fortunata carriera, non vi è necessità di scrivere altro. Dopo di lui vennero, più o meno in ordine cronologico, Floyd Tillman, Hank Williams, Lefty Frizzell, Kitty Wells, Ray Price, quindi George Jones, Hank Locklin, Carl Smith…
        Erano gli anni ’50, primi ’60, il periodo d’Oro dell’honky tonk, una musica il cui particolare ritmo e sound non sono mai stati abbandonati dagli artisti country e rock’n’roll – Elvis Presley incise parecchi brani honky tonk, così come Jerry Lee Lewis e Carl Perkins – tant’è che ancora oggi i cantanti più legati al suono tradizionale – Dwight Yoakam, George Strait, Marty Stuart, Dale Watson… – continuano a registrarlo e, anche grazie ad esso, riscuotere il successo che meritano. (Maurizio Faulisi)

        Irish Folk

        Tra i generi musicali di origine celtica, non vi è alcun dubbio che la musica tradizionale irlandese sia quella che, in proporzione, ha maggiormente influenzato la nascita e lo sviluppo della musica country, grazie anche alla forte immigrazione a più ondate che a cominciare dall’inizio dell’Ottocento, andò a popolare molte grandi città industriali del Nordamerica. Ancora oggi molti degli artisti che eseguono musica acustica – bluegrass, old time music, folk revival – si lasciano spesso andare nell’esecuzione di brani di questa tradizione.
        A testimonianza di un legame mai venuto meno, vi sono le incisioni di artisti country americani di origine irlandese che riscoprono le proprie radici, i numerosi viaggi dei Chieftains a Nashville, l’emigrazione mai cessata del tutto di musicisti irlandesi negli Stati Uniti, i numerosi festival folk dove si ascoltano dallo stesso palco le musiche tradizionali di entrambi i Paesi. (Maurizio Faulisi)

        Jive

        Con questo termine si fa comunemente riferimento al ballo ‘jive’ o ‘jumpin’ jive’ derivato dallo swing. Ma lo si può ritenere un genere musicale a sé stante, si tratta in effetti di un sottogenere dello swing. Avendo dimostrato durante la sua evoluzione un’apertura nei confronti del rhythm & blues, e inserendo spesso il boogie, è possibile considerare il jive uno dei generi che hanno dato vita al rock & roll. Il nome di punta è quello di Louis Jordan, artista jazz che definì il genere verso la fine degli anni ’30. A seguire arrivarono Louis Prima e altri artisti in bilico tra jive e rhythm & blues, fino ad artisti rock che resero tributi estemporanei al genere come Brian Setzer e Joe Jackson, e tante altre formazioni come i Jive Aces che, in chiave moderna ma rispettose dei canoni classici, ancora cavalcano l’onda lunga del suo revival. (Maurizio Faulisi)

        Mariachi

        Genere ancora oggi molto popolare in tutto il Messico e nel Texas, e considerato il più tipico stile regionale messicano. Il nome deriva dalla parola francese ‘mariage’; la cultura francese si diffuse in Messico con le truppe di Massimiliano d’Asburgo. Una volta il termine si riferiva ad ogni tipo di orchestra che suonava ai matrimoni, ma a partire dalla metà degli anni Trenta del Novecento, quando durante una trasmissione radiofonica ad una band mariachi venne aggiunta una tromba, questa musica e la sua strumentazione sono diventate estremamente definite e stilizzate. Oggi un gruppo mariachi comprende una sezione tipo string-band ed una sezione di fiati (trombe, clarini). La musica eseguita da queste formazioni è allegra, ballabile, adatta non solo per i matrimoni ma per qualsiasi occasione di festa, per accompagnare le danze o per proporre canzoni. (Mariano De Simone)

        Nashville Sound

        Il rock’n’roll ebbe sulla società statunitense l’impatto di una vera e propria deflagrazione. Era la metà degli anni ’50. I suoni di questo nuovo genere musicale in realtà erano già stati quasi definiti, mancava solo l’elemento che facesse emergere in superficie una realtà che da qualche tempo viveva nell’underground. L’elemento fu Elvis Presley, affiancato da una schiera di altri grandi rocker. Nel giro di poco tempo l’intera attenzione dei media e dei giovani si indirizzò verso questi rocker impomatati. Le vendite dei dischi degli altri generi musicali normalmente sostenute anche dai giovani – dal Dopoguerra disponevano di maggior quantità di denaro, e il mercato di conseguenza non poteva non tenerne conto -, subirono una forte flessione.
        I produttori di Nashville, che avevano buon fiuto, sentirono con un certo anticipo che le cose stavano cambiando. Per troppo tempo, secondo costoro, i suoni del country erano rimasti fermi, legati all’immagine dei ‘balli del granaio’, delle ‘jam nell’aia’, della musica dalla forte connotazione rurale. La gente del Sud in cerca di lavoro aveva da tempo raggiunto le grandi città del Nord, e lì continuò ad ascoltare country music. Ora, però, bisognava fare ascoltare la musica country anche agli altri cittadini, gente che aveva scordato di avere origini rurali, ammesso le avesse. Come? Adeguandosi ai loro gusti. Quindi, secondo i più tradizionalisti, snaturandola.
        Banjo e mandolino vennero completamente esclusi dalle nuove produzioni. Per non parlare di autoharp, dulcimer e qualsiasi altro strumento potesse far pensare al Sud campagnolo. Si smise di chiamare ‘fiddle’ il violino, e non lo si lasciò più solo: da quel momento si utilizzavano intere sezioni d’archi che si alternavano ai famosi Jordainers e ad altri efficienti coretti. Le voci soliste si fecero pop nell’impostazione, la scelta del repertorio attenta ad interessare il più vasto pubblico possibile.

        Siamo nel 1957, in pieno boom del rock’n’roll. Dietro questa operazione, perché di operazione si tratta, vi erano capaci produttori, alla testa dei quali il già famoso Owen Bradley, e Chet Atkins, uno dei migliori chitarristi di allora, grande frequentatore degli studi di registrazione e produzione. La RCA Victor gli propose quell’anno la carica di responsabile della divisione country dell’etichetta.
        Da qui cominciarono i grandi lavori di restauro che, se da una parte effettivamente snaturarono la country music nel contenuto e nell’immagine, dall’altro garantirono continuità ad un genere musicale che davvero rischiava di rimanere relegato entro i confini geografici e culturali del Sud, mentre altrove era destinato a soccombere di fronte ad una industria discografica agguerrita e sempre pronta alla novità.
        Il cosiddetto Nashville sound mantenne in piedi l’industria discografica country e le permise di raccogliere grandi successi per tutti gli anni ’60 e buona parte dei ’70. Durante i ‘60 il Bakersfield sound contrastò con arrangiamenti più grezzi il suono pop di Nashville, e nei ’70, prima che il Nashville sound cominciasse a evolversi in urban country e countrypolitan, ci pensarono gli outlaw e i singer songwriter texani.
        Anche a Nashville, infine, giunse il desiderio di tornare ai suoni del traditional country, ma questo non avvenne prima degli anni ’80, quando una manciata di new traditionalist fece rientrare massicciamente in studio alcuni degli strumenti dimenticati da tempo e riabbracciando, rinvigorendoli, i vecchi stili del passato.
        Ma il pop non ha mai lasciato Nashville, dalla seconda metà degli anni ’80 il new country ha infatti riscosso un enorme successo mondiale solo per aver aggiunto, tenendo anche in considerazione i gusti dei neo tradizionalisti, l’ingrediente rock alla ricetta del Nashville sound, una formula che da molti decenni, con opportune modifiche, si dimostra intramontabile.
        I nomi più importanti del Nashville sound degli anni ’60 e ’70 sono stati quelli di Jim Reeves, Patsy Cline, Don Gibson, Ray Price, Marty Robbins, Floyd Cramer, Eddy Arnold, Porter Wagoner, Dolly Parton. (Maurizio Faulisi)

        Negro Spiritual

        Canto degli schiavi neri delle piantagioni strutturato con l’altercanto solista/coro a più voci. Considerato spesso di origine africana, consiste in una rielaborazione dei canti religiosi dei bianchi. Riferito generalmente a personaggi biblici, lo Spiritual contiene, mascherati, temi di protesta, di critica sociale, di speranza e di ribellione. Uno dei motivi per cui il cristianesimo ebbe tanto credito presso i neri è stato infatti che questi ultimi ritrovavano profonde analogie tra il destino della propria razza e quello di un altro popolo oppresso, gli ebrei dell’Antico Testamento. (Mariano De Simone)

        New Acoustic Music

        Woodstock, la Rivoluzione Sessuale, la Contestazione Studentesca, la Beat Generation, gli hippies, gli anni a cavallo tra i ’60 e i ’70… Nemmeno il bluegrass si dimostrò immune al turbinìo di cambiamenti sociali e di costume e alla forte volontà di cambiamento dei giovani di quel periodo.
        Gli anni ’60 avevano portato il folk e il bluegrass nelle università del Nord, i giovani impararono a conoscere i suoni della tradizione, per poi appropriarsene abbattendo i rigidi muri stilistici che li caratterizzavano. Il bluegrass si rivelò molto stimolante per i musicisti delle città, possedeva una tecnica strumentale complicata ma affascinante, al servizio di canzoni semplici e con pochi accordi: un perfetto punto di partenza dal quale librarsi in volo verso lidi stilistici tutti da definire… Aggiunsero rock, rock’n’roll, jazz, musica classica, etnica, lasciando sempre ampio spazio all’improvvisazione. Così nacque la new acoustic music.
        Le due più importanti ‘correnti di pensiero’ presero vita a New York con musicisti quali Tony Trischka, Andy Statman, Danny Weiss, Kenny Kosek, Barry Mitterhoff, Matt Glaser e Russ Barenberg, e a San Francisco con David Grisman, Tony Rice, Darol Anger, Mike Marshall, Mark O’Connor…
        Il tutto si consumò nell’arco di poco più di un decennio. Nella Costa Est riscoprirono i suoni della tradizione eseguendo del buon bluegrass moderno solo a tratti progressivo, mentre la ‘scuola’ di Grisman contribuì ad innestare in altri musicisti un diverso approccio nei confronti della musica acustica, che collegato a una nuova filosofia del vivere nella società moderna post-industriale, aiutò a dar vita, in seguito, alla musica New Age. (Mariano De Simone)

        New Country

        Il new country è il risultato raggiunto dall’accostamento di alcuni ulteriori elementi ad una ricetta popolare che ha saputo sempre adeguarsi ai cambiamenti, dimostrando grande disponibilità a farsi contaminare, ma con un controllo di se stessa che le ha sempre permesso di mantenere integri i propri tratti stilistici essenziali.
        A partire dalla seconda metà degli anni ’80, per tutti i ’90, sino ai primi cenni di flessione verso la fine del decennio, il new country si è dimostrato essere il genere musicale che ha venduto di più e in maggiore espansione a livello mondiale.
        Le ragioni di tale successo sono da individuare anche in campo extra-musicale. La vasta esportazione in tutto il mondo, durante gli anni ’90, di un genere come quello della musica country, con le sue immagini imprescindibilmente legate ai valori, tradizioni e cultura degli Stati Uniti, andrebbe evidentemente considerata non solo come fenomeno di costume, ma anche sociale e culturale.
        Pochi Paesi europei riuscirono a lasciare fuori dai propri confini questa ‘nuova onda’ country. Gran Bretagna, Irlanda, Scandinavia, Paesi Bassi, Francia, Svizzera, Repubblica Ceca, Spagna e persino Russia – chi di più, chi poco meno – durante quel decennio ospitarono un notevole numero di artisti americani in tour, videro crescere in maniera esponenziale le vendite di dischi country e il numero di concerti, eventi e festival sul proprio territorio. Gli album di Garth Brooks, il più importante esponente del new country, colui che è riuscito a surclassare Madonna e Michael Jackson in numero di copie vendute, che ha conquistato New York con un memorabile concerto al Central Park, furono pubblicati ovunque, in tutti i Paesi europei, eccetto Grecia e Italia.
        La musica country di Nashville, sempre fortemente influenzata dal pop – in special modo dalla fine degli anni ’50 – nei primi ’80 rinvigorì grazie ad un notevole numero di artisti considerati new traditionalist, che reinserirono in essa suoni tradizionali, generi e stili come honky tonk, Bakersfield sound, bluegrass tradizionale e persino piccole dosi di cajun e conjunto. Questi artisti continuarono a portare avanti la loro proposta musicale anche negli anni che seguirono, inserendosi di fatto nel nascente new country, un nuovo genere che dalla metà degli anni ’80 combinò sapientemente il country pop con i suoni riesumati dai neo tradizionalisti, incorporando a quest’amalgama, infine, l’ingrediente che in molti casi si rivelò il più importante, il rock.

        Gli artefici di questa operazione dell’industria discografica di Nashville, stavolta non erano individuabili in pochi elementi come fu negli anni ’50 col Nashville Sound di Chet Atkins, i responsabili si contavano in centinaia, migliaia. Si trattava dei migliori ingegneri del suono, tecnici, pubblicisti, manager, produttori e, soprattutto, autori e session men d’America. Una macchina che, dal punto di vista della produzione, riuscì negli anni ’90 a raggiungere l’apice di successo e qualità in un preciso periodo storico che si rivelò, probabilmente anche a causa della carenza creativa degli altri generi, il momento più importante della storia della musica country.
        Il suo parziale declino, intorno alla fine del millennio, è ancora da attribuire ad una molteplicità di fattori, stavolta tendenti al negativo, ma particolarmente alla ripetitività degli arrangiamenti causata dall’inaridirsi della creatività di quei produttori che da una quindicina di anni facevano la fortuna dell’industria discografica di Music City. Decine di cantanti, bravissimi professionisti che avevano venduto milioni di copie di dischi in tutto il mondo, a questo punto non videro rinnovarsi il contratto, in alcuni casi addirittura dovettero accettarne l’annullamento. (Maurizio Faulisi)

        New Traditionalist

        Nella storia della musica country, particolarmente negli ultimi decenni, tradizione e innovazione si sono alternati in una maniera così regolare da sembrare studiata a tavolino. E’ ormai costatato che, ciclicamente, gli appassionati di country moderno tendente al pop-rock devono cedere il passo, per un periodo più breve, ma tuttavia notevole rispetto a quello che ha visto primeggiare il loro moderno country, ai suoni più classici legati alla tradizione. Tanto ci si sposta verso il pop, tanto più dall’altra estremità cresce l’esigenza di ascoltare il ‘buon vecchio country’.
        Questo è quanto successo nei primi ’80. Dopo venti abbondanti anni di Nashville sound, di countrypolitan e country pop, gli appassionati del suono più tradizionale sentivano forte il desiderio di rivalutare i canoni più distintivi del passato. Quando intorno ai primi anni ’80 giunsero sulle scene artisti come Steve Earle, Judds, Patty Loveless, Dwight Yoakam, George Strait, Rickie Skaggs, Marty Stuart, Keith Whitley, O’Kanes e Randy Travis, questo plotone di giovani artisti venne salutato dagli appassionati dell’honky tonk, del Bakersfield sound e del traditional country in generale con infinita gratitudine.
        Alcuni di essi vennero assimilati dal new country (Marty Stuart, Randy Travis, George Strait, Judds, Patty Loveless), altri presero strade indipendenti (Steve Earle, Dwight Yoakam, O’Kanes), altri ancora dopo un periodo trascorso nel new country riscoprirono i suoni acustici e tradizionali (Rickie Skaggs, Patty Loveless).
        I new traditionalist non hanno mai smesso di produrre dischi alla loro maniera, ovvero con un occhio verso il passato e l’altro proiettato verso il futuro, e il numero degli artisti che si sono avvicinati a questo stile sono andati via via crescendo negli anni. Altri nomi giunti in seguito, assolutamente da sottolineare, sono quelli di BR549, Junior Brown, Dale Watson, Derailers, Hank Williams IIIrd, Big Sandy & His Fly-Rite Boys, Wayne Hancock, Heather Miles, Rosie Flores. Da notare che la scena dei new traditionalist, dagli anni ’90, pur non essendo legata ad una particolare zona degli Stati Uniti, ha trovato in special modo fertile e ricettiva l’area texana di Austin. (Maurizio Faulisi)

        Old Time Music

        Per old time music in The Long Journey si intende tutta la musica di origine tradizionale bianca di origine anglo-scoto-irlandese registrata prima del 1940 nell’ampia zona del Sud Est. Vi è una definizione diffusa, ‘string band music’, che all’interno dell’etichetta old time music, si riferisce più specificatamente alla musica prodotta nello stesso periodo con strumenti a corda dalle formazioni dell’area dei Monti Appalachi meridionali.
        Abbiamo preferito racchiudere in ‘old time music’ l’intero panorama della musica tradizionale bianca prodotta, sia prima della Seconda Guerra Mondiale che successivamente, compresa quella comunemente intesa come ‘string band music’.
        The Long Journey si distingue per aver deciso di usare una specifica definizione, early country, che racchiude artisti attivi nel periodo antecedente la Seconda Guerra Mondiale, a nostro avviso appartenenti allo stile standard del traditional country. (Maurizio Faulisi)

        Outlaws

        Quello dei ‘fuorilegge’ – alcuni di essi lo furono davvero – è stato un filone della musica country che si è imposto, ha avuto buon seguito, e si è consumato nel giro di pochi anni, nella prima metà dei Settanta. E’ stato il secondo tentativo, dopo il Bakersfield sound degli anni ’60, di far voltare pagina ad un genere musicale stanco, in mano a orchestre, violini, cori e voci di crooner di mezza età che avevano fatto perdere a questa musica ogni possibile appeal nei confronti dei giovani.
        Aveva nel suo DNA la buona vecchia musica honky tonk di George Jones e Carl Smith, il Bakersfield sound di Buck Owens e Merle Haggard, e il country rock dei Flying Burrito Brothers e Gram Parsons. Non tutti gli esponenti di questa corrente erano giovani o nuovi nel panorama della musica country. Waylon Jennings e Willie Nelson erano in pista dalla fine degli anni ’50, il primo attivo nel rock’n’roll (fu anche bassista di Buddy Holly) e nel country, il secondo come interprete, ma soprattutto autore di successo nella Nashville di Owen Bradley e Chet Atkins.
        Verso la fine degli anni ’60, con tante storie da raccontare, e desiderosi di farlo con una strumentazione scarna, abbigliamento trasandato e capelli lunghi, insieme ad altri come David Allen Coe, Jessi Colter, Johnny Paycheck e Billy Joe Shaver diedero, effettivamente, uno strattone al country di Nashville, aprendo la strada a tanti altri artisti, per lo più provenienti dal Texas, che in maniera ancora più scarna ed essenziale cominciarono a far fiorire il campo dei country singer songwriter. (Maurizio Faulisi)

        Piedmont Blues

        I monti Appalachi idealmente dividono la costa atlantica degli Stati Uniti dal Midwest e grossomodo si estendono da Nord a Sud dal Canada sudorientale fino all’Alabama centrale. La regione fisiografica del Piedmont è l’altopiano che si estende dalle pendici degli Appalachi e degrada fino ad incontrare le pianure costiere atlantiche. E’ una parte importante del territorio geografico della Virginia, Carolina, Carolina del Sud, Giorgia e Albama ed è anche la zona che ospita le comunità afro americane più antiche.
        Il termine Piedmont Blues fu coniato dallo studioso inglese Bruce Bastin nel 1971 ed è spesso usato come sinonimo del così detto East Coast Blues. La tradizione musicale nera sviluppatasi qui tende ad essere maggiormente influenzata dalla tradizione bianca, pur mantenendo solide caratteristiche afro americane. Il repertorio non è esclusivamente ancorato al Blues ma include anche ballate, pop songs, rags, breakdown e stomps.
        Come in tutte le altre regioni lo strumento principale è la chitarra, raramente suonata con l’ausilio del bottleneck, e le cui corde sono pizzicate soprattutto con la tecnica del basso alternato.
        Considerata la vastità geografica del Piedmont è possibile distinguere tradizioni corrispondenti grosso modo allo stato di origine dei musicisti. La principale tradizione prebellica è sicuramente quella della Georgia, discograficamente parlando nata con artisti come Joshua Barnes “Peg Leg” Howell, William Samuel McTier, conosciuto universalmente come Blind Willie McTell e Robert Hicks, alias Barbecue Bob, poco dopo seguiti dai notevoli chitarristi Curley James Weaver e Eugene “Buddy” Moss.
        Una caratteristica interessante del Blues della Georgia è il frequente uso della 12 corde praticato sia da McTell e Barbecue Bob e da diversi altri come Ed Edwards, Charlie Lincoln, Julius Daniel e George Carter.
        Dalle Caroline e dalla Virginia provengono alcuni tra i più grandi chitarristi del genere come Blind Willie Walker, Joshua Daniel White, Fulton Allen alias Blind Boy Fuller e il Reverendo Gary Davis dalle Caroline, William “Bill” Moore, Carl Martin e Luke Jordan dalla Virginia. Il Blues dell’Alabama presenta caratteristiche un po’ diverse; il canto e la chitarra richiamano spesso apertamente tradizioni africane come ad esempio in Ed Bell, Walter “Buddy Boy” Hawkins, Marshall Owens, Sonny Scott e Edward Thompson.
        Non si può dimenticare la tradizione pianistica dell’Alabama con Charles Edward “Cow Cow” Davenport, Jabo Williams e Walter Roland. Nel periodo postbellico lo stile Piedmont è stato portato avanti da numerosi artisti come il popolare duo Walter Brown “Brownie” McGhee e Saunders Terrell alias Sonny Terry, Elizabeth Cotten, Edward P. Harris alias Carolina Slim, il duo John Cephas e Phil Wiggins, Richard Leslie Henry alias Big Boy Henry, John Lee, Ralph Willis e Dan Pickett, per citarne alcuni. (Pio Rossi)

        Ragtime

        Termine usato per la prima volta nel 1897 da un compositore newyorchese, Kerry Mills. In inglese ‘to rag’ vuole dire stracciare, e con ragtime si vuole intendere il suonare un brano con un tempo spezzato, sincopato. Il ragtime è dunque una melodia fortemente sincopata con un accompagnamento rigorosamente regolare. La sua nascita è legata ai pianisti afroamericani delle barrel-houses delle città del Sud, che lo fissarono in forma ben definita nell’ultimo decennio dell’Ottocento. Generalmente associato al jazz, del quale non ha la natura di improvvisazione, deriva dalla musica dei Minstrel Show e dalla musica da banda, presentando sia elementi della musica colta europea che elementi afroamericani, come la struttura poliritmica che è uno degli elementi caratteristici della musica jazz. (Mariano De Simone)

        Rock & Roll

        Esplose come fenomeno di massa a metà degli anni ’50 grazie ai media, in particolare su scala internazionale il cinema, e in seguito la televisione. La radio, da anni, trasmetteva già musica jive, rhythm & blues, jump blues, hillbilly e hillbilly boogie. Inoltre dal 1949 il vinile 45 rpm consentì una maggiore diffusione di questi generi prodotti da un sempre maggiore numero di etichette indipendenti su tutto il territorio statunitense, il costo contenuto del disco permise ai giovani di acquistare le canzoni ascoltate alla radio.
        La denominazione del genere musicale è comunemente attribuita al disc-jockey Alan Freed che, prima attraverso la sua trasmissione radiofonica, poi con l’organizzazione di spettacoli che includevano numerosi artisti e band, infine grazie a film musicali di cui era protagonista, divulgò con un unico nome, ‘Rock & Roll’, la musica che si sviluppò dalle radici del rhythm & blues e dell’hillbilly.
        Il termine non fu in realtà Alan Freed a coniarlo, una canzone del 1934 del trio swing Boswell Sisters era intitolata proprio Rock & Roll. Le parole ‘rocking and rolling’ si erano già tante volte udite nei testi delle canzoni, in particolare nei race records; molto più spesso il solo termine ‘rock’, ben prima dell’uscita nel 1948 di Good Rockin’ Tonight di Roy Brown, e faceva riferimento all’atto sessuale.
        Moltissimi brani rhythm & blues, hillbilly boogie e successivamente rockabilly, registrati ben prima che il termine ‘Rock & Roll’ si diffondesse, possono essere considerate canzoni rock & roll. Si consideri quindi il termine come denominazione che comprende generi musicali precedentemente distinti e con propri nomi, esattamente come avvenne quando fu diffuso il termine ‘Country Music’.
        Il rock & roll, nella sua prima fase, è senza alcun dubbio il genere musicale che ha goduto di maggiore popolarità internazionale nel più breve periodo di tempo, dal 1955 al 1959, e quello di cui la gente comune, grazie alla letteratura e al cinema, ha conservato il ricordo.
        La partenza di Elvis Presley per il servizio di leva, il ritiro spirituale di Little Richard, l’arresto di Chuck Berry, il boicottaggio di Jerry Lee Lewis, la morte di Buddy Holly e il totale controllo dell’establishment su di un movimento nato spontaneamente ma trasformato in industria, decretò la fine della golden age del rock & roll. (Maurizio Faulisi)

        Rockabilly

        E’ un genere musicale tanto country quanto rock, dipende da quale punto di vista lo si osserva. I musicisti che lo hanno creato avevano tutti un background country; la strumentazione, eccetto la batteria, era completamente composta da strumenti a corda: chitarra acustica, chitarra elettrica (hollow o semi-hollow body) e contrabbasso – a volte si poteva ascoltare una steel guitar o un piano, molto più raramente uno strumento a fiato -. Le corde del contrabbasso erano pizzicate e, in particolari momenti della canzone, anche strappate (slapping), per creare un suono percussivo che poteva non far sentire necessaria la presenza della batteria. Molto spesso la chitarra elettrica era sostenuta da un effetto eco stoppato, mentre la voce da un notevolissimo riverbero. La voce solista era caratterizzata da una sua particolare ritmica a volte spezzata da continui singhiozzi ed era priva di cori, anche durante i ritornelli.
        La stagione del rockabilly fu breve, durò solo pochi anni, a partire dai primi anni ’50 fino alla fine del decennio. Nonostante si trattasse di una musica suonata quasi esclusivamente da artisti del Sud Est, il primo, o almeno uno dei primi brani rockabilly (Rocket 88 di Jackie Brenston, 1953) fu registrato da Bill Haley di Philadelphia, un cantante con precedenti esperienze western swing e hillbilly boogie, che di lì a poco con i suoi Comets avrebbe lanciato su scala mondiale Rock Around The Clock.
        L’autorevole Craig Morrison sostiene, in accordo con tanti fan e storici del genere, che il brano seminale, il brano che ispirò più di tanti altri, pur influenti hillbilly boogie della fine anni ’40 inizio ’50, fu il country-blues, quasi-rock’n’roll, Move It On Over registrato da Hank Williams nel 1947.
        L’artefice del ‘sound’ rockabilly fu un ex DJ, tecnico del suono e talent scout, Sam Phillips, che a Memphis diede vita ad uno studio di registrazione ed etichetta discografica, la Sun Records, cominciando prima con artisti blues, alcuni dei quali divenuti molto famosi (Howling Wolf, Little Walter, Rufus Thomas, Little Milton, James Cotton, Doctor Ross) aggiungendo subito dopo alcuni musicisti hillbilly. Il sogno di Phillips era quello di creare un amalgama molto evidente tra il blues dei neri e il country dei bianchi, elementi che aveva in studio quotidianamente.
        Nessuno degli artisti a disposizione, per quanto bravi, gli sembrava adatto a concretizzare questa formula. Finché non giunse un ragazzo di nome Elvis Presley. All’inizio non gli parve quel gran talento, poi, negli incontri successivi, affiancato da due musicisti Sun di rilievo, Scotty Moore alla chitarra e Bill Black al contrabbasso, successe quello che divenne Storia: la registrazione di Blue Moon Of Kentucky (Bill Monroe) e That’s Alright Mama (Arthur ‘Big Boy’ Crudup), il disco che fece conoscere Elvis, e il rockabilly, prima a livello locale, poi nazionale, quindi internazionale.
        Alcuni musicisti rockabilly che Sam Phillips lanciò dal nr. 706 di Union Avenue, sede della sua Sun Records di Memphis, Tennessee, si rivelarono essere alcuni dei più grandi talenti della musica moderna occidentale: Johnny Cash, Carl Perkins, Jerry Lee Lewis, Roy Orbison.
        Altri nomi minori, ma tuttora adorati da una schiera di fan del rockabilly distribuita sull’intero pianeta, sono quelli di Billy Lee Riley, Charlie Feathers, Sonny Burgess, Warren Smith, Carl Mann, tutti usciti dalla Sun, e anche quelli, a volte non esclusivamente rockabilly, di Eddie Cochran, Wanda Jackson, Burnette Brothers, Buddy Holly, Buddy Knox, Sonny Fisher, Janis Martin, Brenda Lee, Collins Kids, Ricky Nelson…
        A partire dalla fine degli anni ’70 il rockabilly tornò prepotentemente di moda – così prepotentemente da raggiungere persino l’Italia – grazie a nuovi tanto strepitosi, quanto selvaggi musicisti come Stray Cats di Brian Setzer, Robert Gordon, Ray Condo, Shakin’ Stevens, High Noon… Questo ritorno fece riemergere vecchie glorie degli anni ’50 e musicisti minori che colsero l’occasione, venticinque anni più tardi, per dimostrare il loro valore. (Maurizio Faulisi)

        Roots Rock

        Negli anni ’80 si sviluppò una corrente rock fortemente legata ai suoni tradizionali, classici americani, del rock’n’roll degli anni ’50 e ’60 e del country. Il decennio negli Stati Uniti fu caratterizzato in generale dal ritorno alle radici di diversi generi musicali: il bluegrass tradizionale dei Johnson Mountain Boys e di altre band similari fu la risposta tradizionale ai tanto progressivi anni ’70; i new traditionalist del country spazzarono via ciò che rimaneva del Nashville sound; nel rock un notevole numero di formazioni volle voltare pagina rispetto ai suoni dilatati e duri del progressive e dell’hard per tornare ad una musica grezza e immediata, che profumasse di terra, che facesse pensare alla Route 66, alla Provincia, al Mid-West e ricordare gli anni ’50 e ’60, con il John Fogerty dei Creedence Clearwater Revival come massimo ispiratore.
        Le formazioni che diedero vita a questo filone, e altre che giunsero più tardi, portavano i nomi di Blasters, Lone Justice, Del Lords, Green On Red, Long Ryders, Beat Farmers, Jacks, Evan & The H-Bombs, Tailgators, Del Fuegos, True Believers, Jason & The Scorchers, Silos, Le Roi Brothers, Los Lobos…
        The Long Journey, oltre ai musicisti rappresentanti il roots rock degli anni ’80, inserisce in questo genere tutti quegli artisti che si avvicinano ai suoni della tradizione giungendovi attraverso un percorso il cui punto di partenza è inequivocabilmente rock: John Mellecamp, John Hiatt, Uncle Tupelo, Wilco, Jayhawks, Slobberbones, Tarbox Brothers… (Maurizio Faulisi)

        Rhythm & Blues

        L’abbreviazione del termine in ‘R&B’ in tempi più recenti porta l’ascoltatore medio a pensare agli artisti, principalmente afroamericani, che hanno dato seguito alla ‘disco’ trasformando quella musica da ballo in un ibrido sul quale primeggiava l’hip hop, lasciando al soul e al funk solo lievi riferimenti. La musica rhythm & blues trattata in The Long Journey è naturalmente soltanto quella cosiddetta tradizionale, che si è sviluppata dal blues, al quale i musicisti e le etichette indipendenti aggiunsero ‘ritmo’ con l’obiettivo di conquistare l’interesse del pubblico più giovane che, a partire dalla fine degli anni ’40 dello scorso secolo, si rivelò essere una interessante fetta di mercato da soddisfare.
        Come succederà con il rock & roll nella metà degli anni ‘50, la denominazione del genere arrivò quando lo stesso già da tempo veniva diffusamente eseguito e ballato, prima nel Sud poi a livello nazionale. L’allora giornalista Jerry Wexler, collaboratore di Billboard e più tardi (1953) socio della Atlantic Records, nel 1949 ufficializzò l’utilizzo del termine ‘Rhythm & Blues’ ma, come ogni appassionato di American music sa bene, fino a quella data fu prodotta una considerevole quantità di canzoni oggi ritenute rhythm & blues, da artisti quali Roy Brown, Wynonie Harris, Big Joe Turner, Louis Jordan, Big Maybelle, Tiny Bradshaw, Buddy Johnson, Roy Milton e altre big band oltre che da formazioni ridotte a combo per esigenze economiche e per migliori opportunità di ingaggio. (Maurizio Faulisi)

        Singer Songwriters

        In italiano, ‘cantautore’. Una categoria di artisti che scrive testo e musica delle canzoni che esegue. I singer songwriter suonano e cantano utilizzando principalmente gli stili del traditional country, country acustico e folk, spesso accostati ad altri generi come il country blues, celtic folk, cajun, conjunto e rock. La loro originalità, dal punto di vista stilistico, emerge quando trovano un personale distinto amalgama tra i diversi generi, attraverso il quale esprimere le proprie tematiche, spesso con approccio sobrio e confidenziale.
        Quasi tutti imbracciano una chitarra e tutti in qualche modo si sentono figli di Bob Dylan. La loro provenienza, il loro background, può essere più o meno vicino al cosiddetto folk e risentire dell’influenza rock, almeno dal punto di vista dell’attitudine. Tra i grandi singer songwriter degli anni ’70 segnaliamo Joni Mitchell, Leonard Cohen, James Taylor e Jackson Browne. A seguire giunsero Ricki Lee Jones, Suzanne Vega, Joan Armatrading e Tracy Chapman, tutti artisti che sono riusciti a raggiungere un tale successo mondiale da influenzare lo stesso concetto di ‘popular music’ nel periodo in cui le loro canzoni scalarono le classifiche.
        The Long Journey presenta solo singer songwriter con evidenti affinità verso il folk e il country, artisti come John Gorka, Robert Earl Keen, Mary Chapin Carpenter, Guy Clark, Kevin Welch, Lyle Lovett, John Prine, Townes Van Zandt, Nanci Griffith… (Maurizio Faulisi)

        Skiffle

        Movimento musicale giovanile nato e sviluppatosi in Inghilterra nel corso degli anni Cinquanta. Collegato al Folk Revival si rivolse alla musica popolare nordamericana, in particolare a quella afroamericana: canti di lavoro, ballate, blues rurale. Gli strumenti utilizzati erano quelli delle jug bands: quindi chitarre, washboard, kazoo, washtub. Il risultato era una musica trascinante ed originale. (Mariano De Simone)

        Soul

        Blues, jazz e gospel sono le radici musicali della comunità afroamericana. Tutti i generi musicali nati successivamente in quell’ambito devono essere considerate ramificazioni ed evoluzione degli stessi, alla cui genesi possono avere influito anche fattori esterni, generi tradizionalmente bianchi, integrati naturalmente o forzatamente con l’obiettivo di abbattere i confini entro i quali si esprimeva originariamente, per volontà dell’industria musicale manovrata dai bianchi, avendo constatato l’appeal di questi generi esercitato nei confronti della propria popolazione.
        Il soul nasce sul finire degli anni ’50 dello scorso secolo, dalla tradizione del gospel e dello spiritual, con elementi jazz, country e pop, ma essenzialmente come evoluzione del rhythm & blues.
        Il soul divenne subito la musica della comunità nera per diverse ragioni: liberava il corpo, scavava nell’anima, dava voce allo stato d’animo, assumeva il ruolo di megafono per la richiesta del rispetto dei diritti civili.
        Nacque sul finire della spinta propulsiva del rock & roll, che aveva di fatto inglobato il rhythm & blues tra i generi e gli stili che lo avevano generato, nel periodo in cui iniziò ad affievolirsi. Alcuni artisti come Sam Cooke, Hank Ballard, Clyde McPhatter, Jackie Wilson, ritenuti fino ad allora semplicisticamente ‘rock & roll’, ma le cui radici gospel erano sempre state evidenti, amplificarono gli aspetti legati alla vocalità riportando in primo piano l’anima della musica che durante la loro infanzia e adolescenza eseguivano in chiesa. Nella biografia di gran parte degli artisti soul è riportata la loro esperienza di giovani cantanti all’interno dei cori gospel della chiesa locale. Molti di essi, in età avanzata, come numerosi bluesman con una vita a suonare musica ‘del Diavolo’ videro la luce e quindi abbracciato la fede, dopo aver vissuto il periodo d’oro del soul, tornarono da dove erano venuti; un esempio su tutti Al Green, che da anni é predicatore per una congregazione cristiana.
        Come tutti i generi musicali, anche il soul si è trasformato col trascorrere del tempo seguendo le tendenze di mercato e le contaminazioni musicali. Esso stesso ha però fortemente influenzato altri generi musicali di massa, come il rock e il pop. E anche il soul ha i suoi diversi stili che si sono sviluppati in relazione alle diverse località e contesti sociali, dal southern al northern style, dal suono di Philadelphia a quello del prog soul e dello psychedelic soul. Ciascuno di questi sottogeneri ha i suoi nomi di riferimento, i suoi studi di registrazione e le sue etichette che hanno forgiato specifici sound, dalla Stax alla Motown e alla Atlantic Records, dai Muscle Shoals Sound Studio ai Fame Recording Studios. (Maurizio Faulisi)

        Swing

        Genere nato in America nel corso degli anni Trenta tra i musicisti di Jazz bianchi; musica festosa ed eccitante, adatta per ballare, di intrattenimento e di largo consumo, addolcita perché senza più la rabbia, l’asprezza e l’aggressività del jazz nero delle origini. Tra i suoi rappresentanti di spicco Benny Goodman, Gene Krupa, Artie Shaw, Woody Herman, Glenn Miller, ma anche i neri Lionel Hampton, Cab Calloway, Cout Basie e Duke Ellington. (Mariano De Simone)

        Swing Acustico

        A partire dagli anni ’70, i musicisti bluegrass più progressivi cominciarono ad approfondire la loro conoscenza di una delle componenti di questo genere musicale, lo swing. Il bluegrass tradizionale, così come venne definito dai Bluegrass Boys di Bill Monroe nella seconda metà degli anni ’40, per il continuo alternarsi dei musicisti che col proprio strumento affrontavano gli assolo durante lo stesso brano, per il grado di improvvisazione e per la possibile libertà di espressione che questa musica offriva loro, per il tipo di scale e soluzioni, particolarmente nel fiddle (violino), aveva forti affinità col il jazz, e per questo si rivelò il perfetto punto di partenza per scoprire lo swing acustico e i grandi jazzisti acustici del passato, Joe Venuti, Eddie Lang e, in particolare, Django Reinhardt.
        Tra i musicisti che hanno cominciato col bluegrass, quelli che si sono distinti per aver eseguito dell’ottimo swing acustico sono David Grisman – che collaborò personalmente col grande Stéphane Grappelli – Mark O’Connor e Tony Rice. Altri nomi importanti da segnalare sono quelli di Mike Marshall, John Carlini, Raul Reynoso, John Sholle, John Jorgeson e formazioni che si sono fatte conoscere col nome di Hot Club Of Cowtown e Harmonious Wail. (Maurizio Faulisi)

        Texas Blues

        La reputazione dello stile texano risale agli inizi del genere blues. Uno dei primi blues apparsi su spartito viene da Hart Wand, un pianista bianco, con Dallas Blues pubblicato nel 1912. La popolazione nera cominciò a spostarsi in Texas subito dopo la guerra civile. Provenienti da diversi stati, soprattutto Louisiana e Oklahoma, gli afroamericani portarono la loro musica rimescolandola e trasformandola. Lo strumento principale è indubbiamente la chitarra, seguita dal piano, e quindi dalle string bands come la Dallas String Band guidata Coley Jones.
        Il capostipite riconosciuto dello stile è Lemon Henry ‘Blind Lemon’ Jefferson, il primo bluesman ad avere un grande successo commerciale fin dagli albori della sua carriera discografica, iniziata nel 1925. Conosciuto in tutto il Sud, ammirato per la sopraffina tecnica chitarristica unica e originale, Blind Lemon Jefferson ha influenzato artisti bianchi e neri dal Texas fino a New York. Il suo repertorio comprendeva blues, ballads, stomps, ragtime e canzoni religiose, suonava con uno stile chitarristico intricato ed inimitabile e cantava con una voce capace di grande estensione.
        Un altro artista prebellico di grande successo era il cantante solista Alger ‘Texas’ Alexander che durante la sua carriera discografica si era fatto accompagnare da dozzine di artisti famosi tra i quali il grande Lonnie Johnson. A parte l’outsider Blind Lemon Jefferson, lo stile chitarristico texano, caratterizzato dai bassi a ‘bordone’, era praticato da musicisti come J.T. ‘Funny Paper’ Smith, il cui vero nome era probabilmente Otis Cook (anche conosciuto come ‘Howling Wolf’, dal titolo del suo maggiore successo commerciale inciso nel 1930), George “‘Little Hat’ Jones e Willie Reed.

        Anche se lo stile texano non è incline all’uso dello slide, pure conta diversi musicisti maestri della tecnica col bottleneck tra i quali Willard ‘Ramblin’ Thomas, Babe Kyro Lemon Turner ‘Black Ace’ e sopratutto ‘Blind’ Willie Johnson, considerato il migliore chitarrista slide del blues anche se il suo repertorio è costituito esclusivamente da brani religiosi.
        Nel periodo post bellico lo stile è stato portato avanti da Sam ‘Lightnin’’ Hopkins, Melvin Lil’ Son Jackson e Mance Lipscomb. A partire dalla seconda metà degli anni ’50 lo stile texano si è elettrificato ed evoluto in un vero e proprio sottogenere popolato da artisti considerati i padri fondatori dell’uso solistico della chitarra elettrica quali Albert Collins, Freddie King, Albert King, Andrew ‘Smokey’ Hogg e Joe ‘Guitar’ Hughes e le cui influenze sono evidenti in chitarristi più moderni come il compianto Steve Ray Vaughan. (Pio Rossi)

        Tex-Mex

        Detta anche ‘border music’, è la musica delle minoranze ispano-americane del Texas, nata ed eseguita soprattutto nelle zone di confine (border) tra Messico e Stati Uniti. (Mariano De Simone)

        Traditional Country

        Traditional country è il country classico, dal quale sono partiti tanti musicisti per sviluppare un proprio stile che tendesse maggiormente verso il rock, il folk, il blues o il jazz. Il country tradizionale è quello che si suona solo con la propria chitarra, in duo, o accompagnati da una formazione, acustica o elettrica, è quello che è rimasto se stesso da quando esiste il disco, migliorandosi grazie all’evoluzione della tecnica strumentale e di registrazione, rispettando però i canoni classici del suo sound.
        Quando al traditional country viene aggiunto un ingrediente che si rivela essere importante per l’amalgama, al punto tale da modificarne il suono iniziale in maniera significativa, il risultato viene etichettato con una precisa denominazione che lo distingue dal suo punto di partenza. Ad eccezione della batteria, tutti gli strumenti utilizzati in questo genere musicale sono a corda, e possono essere elettrici o acustici: chitarra, basso, mandolino, violino, steel guitar, banjo, dobro.
        Alcuni musicisti che The Long Journey considera traditional country, sono Jimmie Rodgers, Carter Family, Uncle Dave Macon, Delmore Brothers, Roy Acuff, Blue Sky Boys, tutti inseriti nel genere ‘early country’ perché attivi prima della Seconda Guerra Mondiale. Alcuni altri nomi di riferimento dal Dopoguerra ad oggi: Hank Williams, Eddy Arnold, Lefty Frizzell, Louvin Brothers, George Jones, Kitty Wells, Johnny Cash, George Strait, Loretta Lynn, Randy Travis, Alan Jackson… (Maurizio Faulisi)

        Urban Country

        Il film Urban Cowboy, del 1980, contribuì a popolarizzare a livello internazionale la musica country spingendo il Nashville sound, in fase di declino dopo oltre vent’anni dalla sua affermazione, ad accelerare un processo di aggiornamento, già in atto, accogliendo in modo più rilevante elementi rock e l’approccio degli outlaws al fine di affermarsi come possibile alternativa agli altri generi di massa che popolavano le radio mainstream. La scelta di John Travolta da parte della produzione cinematografica aveva naturalmente la stessa motivazione, rendere accessibile al pubblico urbano americano e internazionale un mondo ancora troppo legato all’immagine di un Sud Est povero e ignorante, ben divulgata in altre importanti pellicole, come Un Tranquillo Weekend Di Paura.
        Il successo nella seconda metà degli anni ’70 di Smokey and the Bandit (con Burt Reynolds) e Every Which Way But Loose (con Clint Eastwood) aveva incoraggiato i produttori di Hollywood ad investire ancora sul tema e a seguire arrivarono nei cinema altri film dedicati alla musica country o con colonna sonora country (Honeysuckle Rose, Coal Miner’s Daughter…) e anche la televisione sfruttò il filone producendo la serie di telefilm Dukes Of Hazzard.
        Urban Cowboy, tra tutti questi titoli, fu la pellicola che creò maggiore interesse nel pubblico metropolitano, che seguendo un idolo cinematografico nella sala, apprezzarono la colonna sonora (migliore album dell’anno per la Academy of Country Music) che includeva nomi quali Charlie Daniels Band, Joe Walsh, Dan Fogelberg, Bob Seger, Eagles, Bonnie Raitt.. (Maurizio Faulisi)

        West Coast Blues

        Con il termine West Coast Blues si intende lo stile di blues originato e suonato nello stato della California.
        Non si conoscono artisti della California che abbiano inciso prima degli anni quaranta del ‘900 e questo non deve meravigliare. Durante la prima Grande Migrazione quasi due milioni di neri erano scappati dalla povertà e soprattutto dalle violenze e dalla oppressione delle leggi razziali in vigore negli stati del Sud, rifugiandosi nelle grandi città del Nord come Chicago, Detroit e New York, o in quelle del Midwest come St. Louis e Kansas City, evitando quasi completamente città come San Francisco e Los Angeles. Con lo scoppio della II Guerra Mondiale l’estremo bisogno di mano d’opera per i cantieri navali e l’industria bellica le cose cambiarono radicalmente. Dal 1941 al 1950 solamente, emigrarono in California circa un milione di afro americani provenienti principalmente dal Texas, Louisiana, Oklahoma e Arkansas, triplicando la popolazione nera di Los Angeles e quintuplicando quella di San Francisco.
        I giovani appena arrivati volevano ascoltare musica più moderna di quella dei loro genitori, sempre dotata di ritmo ma più innovativa e raffinata. Fin dall’inizio lo stile West Coast si caratterizza per una certa eleganza, con importanti influenze jazz ed in particolare lo swing, e novità ritmiche come il jive e il jump. Gli strumenti protagonisti del genere sono il piano, i fiati e in particolare la chitarra elettrica.
        I dominatori della scena blues californiana all’inizio erano soprattutto artisti provenienti dal Texas e dall’Oklahoma, come Charles Brown, Ivory Joe Hunter, Eddie Vinson, Amos Milburn, Lowell Fulson, Pee Wee Crayton, Roy Hawkins, Johnny ‘Guitar’ Watson e soprattutto Aaron Thibeaux ’T-Bone’ Walker, tutt’ora considerato il Re del West Coast Blues, il primo eroe della chitarra elettrica, uno dei primi artisti ad incidere e probabilmente uno dei chitarristi più influenti nella storia dello strumento. (Pio Rossi)

        Western Swing

        Tra i tanti generi che hanno avuto particolare importanza nel rendere ricco e diversificato il mondo della musica country, il western swing è forse quello che, per certi versi, può essere considerato più interessante. Interessante per la sua storia e composizione dell’amalgama di stili che hanno contribuito alla sua formazione, importante per la sua responsabilità nel far nascere la musica rock’n’roll.
        Texas, Oklahoma e più tardi anche California, sono gli Stati che hanno ospitato l’intero arco vitale di questa musica, nata a seguito di una serie di esperienze personali e al background di alcuni musicisti in rapporto con quanto andava fortemente di moda al tempo.
        Dal 1° novembre 1929, data della prima incisione di Bob Wills, o meglio, della Wills Fiddle Band, fino ad oggi, il western swing ha dimostrato di essere un genere musicale che, a fasi alterne, ha goduto dell’attenzione di un ampio pubblico, inizialmente locale, quindi nazionale ed infine internazionale.
        Erano gli anni ’30, la musica rurale di origine europea più diffusa in Texas era quella in qualche maniera vicina a ciò che oggi è considerato old time o, meglio ancora, string band music. Non molto differente, se si vuole, rispetto alla string band music suonata nel Sud Est degli Stati Uniti, ma con qualche concessione allo string ragtime e con uno stile piuttosto particolare: l’arcata lunga del violino, insieme ad un accompagnamento chitarristico ‘stoppato’ e ‘swingato’ era la più evidente delle caratteristiche che contraddistingueva la string band music del Texas.
        In quel periodo, grazie alle società di estrazione del petrolio che andavano aumentando anno dopo anno in maniera esponenziale, il Texas si rivelò la nuova meta per molti degli immigrati in cerca di lavoro diretti verso Ovest. Nel giro di un decennio, il ‘Lone Star State’ si trasformò nel luogo con la più alta concentrazione di immigrati provenienti da paesi diversi.
        Gli anni Trenta, musicalmente, furono caratterizzati dallo swing, il genere più alla moda in quel periodo, una musica popolare, ballabile, divertente e particolarmente stimolante anche dal punto di vista tecnico per i musicisti. Il suono delle big band swing che spopolava nelle grandi città d’America, ripreso dalle stazioni del Texas e trasmesso via etere sull’intero territorio dello Stato, fece quindi presa anche in questo ‘angolo’ del profondo West.

        Alcuni musicisti locali decisero di sfruttare questa diffusa moda, aggiungendo alla musica da loro eseguita durante le feste danzanti, progressivamente, alcuni degli elementi propri dello swing: un cantante dalla voce educata ed impostata, la batteria che evidenziava il ritmo marcandone il tempo, la fisarmonica che offriva un suono diverso rispetto agli strumenti a corda come violino e banjo (presto escluso definitivamente), la steel guitar e la chitarra elettrica. Tutti strumenti in grado di produrre un volume tale da ‘riempire’ le capienti music hall e ballroom dove al sabato sera centinaia di persone si concentravano per ballare. Una musica all’avanguardia eseguita da musicisti proiettati verso il futuro e quindi aperti alle innovazioni che i cambiamenti della società imponevano già allora. La disponibilità al nuovo li contraddistingueva rispetto ai loro colleghi di Nashville, più attenti invece a preservare gli aspetti tradizionali della musica country, tant’è che gli strumenti elettrici nella country music vennero inseriti prima nelle band di western swing e di cajun rivisitato dal western swing piuttosto che nel country nashvilliano.
        I due artisti fondamentali, che diedero inizio e popolarizzarono il genere nei primi anni Trenta, Bob Wills e Milton Brown, collaborarono nella formazione che oggi a buona ragione è ritenuta quella che fu responsabile della definizione del suono western swing, ovvero i Light Crust Doughboys (in alcune incisioni Forth Worth Doughboys). Nel 1933 Milton Brown lasciò in polemica la band e fondò i Musical Brownie, una formazione acustica che eseguiva musica altrettanto ballabile ma decisamente diversa per il tipo di strumentazione utilizzata: banjo tenore (a 4 corde), violino, chitarra, contrabbasso e piano. Milton Brown raccolse notevole successo fino alla sua prematura scomparsa, causata da un incidente stradale avvenuto il 13 aprile 1936.
        Difficile oggi dire chi dei due avrebbe avuto più fortuna se Brown non fosse morto, certo è che dopo la sua dipartita dalla band, Bob Wills lo sostituì con un cantante altrettanto valido, Tommy Duncan, e sviluppò una formazione che in alcuni momenti della sua lunga carriera raggiunse un tale successo da potersi permettere un numero di elementi da big band, 16 addirittura.

        Il suono di Bob Wills & his Texas Playboys ha accompagnato e fatto ballare intere generazioni di americani che vivevano nell’Ovest e fortemente influenzato le scelte stilistiche di tanti altri artisti a lui contemporanei o venuti dopo. Citarli tutti è impresa impossibile, ma è obbligatorio riportare almeno i nomi più importanti, quelli di Cliff Bruner, Tommy Duncan, Leon McAuliffe, Hank Penny, Tommy Allsup, Pee Wee King, Moon Mullican, Tex Williams, Hank Thompson, Spade Cooley, alcuni dei quali già componenti della band di Wills.
        Il western swing, come altri generi musicali popolari prima degli anni Cinquanta, già minato dall’entrata in guerra degli Stati Uniti (molti musicisti vennero richiamati sotto le armi e solo in minima parte sostituiti da colleghi del gentil sesso), entrò in crisi con l’avvento del rock’n’roll – che tanto, tra l’altro, contribuì a far nascere – e tornò ad avere una certa popolarità dagli anni Settanta grazie ad alcune band e artisti che lo rivitalizzarono, tra questi vanno citati gli Asleep At The Wheel, Commander Cody, Alvin Crow, Dusty Chaps e Merle Haggard.
        Gli anni Novanta, infine, hanno visto un diffuso interesse da parte della scena retrò, sviluppatasi in California, particolarmente nell’area di Los Angeles, e a Austin Texas, verso il vecchio western swing di Bob Wills, tanto da garantire continuità a questa musica. I gruppi e i musicisti più rappresentativi in attività dagli anni Novanta, oltre ai sempre bravi Asleep At The Wheel, sono Big Sandy & His Fly-Rite Boys, Riders in the Sky, Don Walzer, Johnny Dilks & The Visitacion Valley Boys, Honky Tonk Confidential, Hot Club Of Cowtown, Lucky Stars…
        Ma il western swing oggi non è tenuto in vita solo da formazioni con repertorio ad esso esclusivamente dedicato, infatti gran parte dei musicisti country e new country, famosi e non, anche di Nashville, inseriscono frequentemente uno o più brani di questo genere nei loro nuovi dischi, e il pubblico continua a gradire. (Maurizio Faulisi)

        White Spiritual

        Stile di canto degli inni religiosi introdotto nelle chiese Battiste e Presbiteriane per stimolare un maggiore coinvolgimento dei fedeli e fare proseliti. Il Pastore intonava il primo verso di un salmo seguito da tutta la Congregazione che cantava a più voci, senza voci principali o regole fisse, spesso con raddoppi all’ottava e piena libertà di improvvisazione. Questa struttura antifonale esisteva già nella innodia del New England. (Mariano De Simone)

        Zydeco

        Zydeco è un attributo che si riferisce alla musica dei Black Creoles, ma anche ai balli, ai locali ed alle feste rurali creole, con cibo, bevande, balli, musica e divertimento. Il termine fu proposto da uno studioso di folklore, Mack MacCormick, un etnomusicologo di Houston, che tentò di rendere foneticamente il termine che i musicisti black creole utilizzavano per identificare la propria musica. La musica zydeco è nata nel Southwestern Louisiana e nella lapland — l’area cajun-creola che sconfina nel Texas — riprendendo repertorio e stile di esecuzione dell’antica musica cajun e creola, con un peso maggiore attribuito agli elementi afrocaraibici ed afroamericani. È cantata in lingua francese-creola, con una forte connotazione blues e con strumentazione e ritmi ripresi dal rock e dal rock and roll. In conclusione, è l’espressione musicale della mescolanza di tradizioni diverse: europea, africana, caraibica. (Mariano De Simone)