Ian Tyson - Eighteen Inches Of Rain cover album

Parentesi familiare – LUI: (ammira sospirando la foto interna a colori del CD in questione) “Avrei bisogno di un mese della tranquillità che Ian dimostra in questa foto”. LEI: (sfreccia nel corridoio di casa rincorrendo invano un pestifero Francesco Riccardo di quasi due anni, diretto verso chissà quale domestico disastro) “A me basterebbero due…anni, forse!”.
Chiusa parentesi familiare ed inizio recensione seria –
Vecchio Ian, a distanza di ventun anni dal tuo disco di esordio come solista (quel Ol’ Eon su A&M del 1973), dopo i fasti folk del duo Ian & Sylvia, ritorni a noi – ancora sulla etichetta Vanguard – con sette album sulle tue spalle di attempato rancher, sette gioielli di purezza e sinceritá, ma la perla più preziosa l’hai serbata per il 1994, con questo superbo Eighteen Inches Of Rain. E’ un capolavoro: ballate ariose che si fondono sapientemente con la tradizione cowboy e le sonorità attuali, senza nulla concedere al business, ma senza nulla togliere all’immediatezza ed all’impatto positivo del clima western.
Ian compone da solo ed in coppia con vari amici, fra i quali il fedele Tom Russell (Heartaches Are Stealin’), Pat Alger (il title-track), Hagood Hardy, Paul Zarzisky, Gene Nelson ed il noto cowboy poet Baxter Black (Chasin’ The Moon), per una serie di schizzi musicali che sarebbe bello poter anche osservare, oltre che ascoltare. Ma lo possiamo fare con gli occhi della nostra fantasia (grande dono, per chi lo possiede): le Big Horn Mountains, la strada – anche figurata – che porta alla vita del rodeo, una casa vecchia di novanta anni ed una comune atmosfera di positiva rilassatezza e serenità (ascoltate Rodeo Road) che pervade i solchi di questo CD assolutamente imperdibile.

E’ importante – ma non imprescindibile – citare la presenza di alcuni ospiti che impreziosiscono questo già raffinato prodotto: Suzy Bogguss e Curtis Young fra gli altri forniscono un importante contributo vocale agli sforzi strumentali dei vari Sam Bush, Al Perkins (chi si risente!), Ben Keith e Joey Misculin. Eighteen Inches Of Rain, un prodotto sincero a tutti gli effetti; d’altronde la musica di Ian non potrebbe piegarsi a compromessi pseudo-commerciali (il prefìsso ‘pseudo’ è di rigore, in quanto questo genere di dischi non sarà mai destinato alle platinum sales) senza che i suoi fruitori se ne accorgessero immediatamente, ma la possibilità è e resta sul piano meramente accademico.
Ian è un puro: da quando ha abbracciato la vena western, si è sempre più legato a questa filosofia esistenziale, sia sul piano professionale, che personale e le foto sui suoi album ce lo regalano nella sua naturalezza: un fisico asciutto, un viso scavato, ma un’espressione serena sul viso, quasi un preludio ad un sorriso a metá fra il soddisfatto e l’ironico. Un approccio alla vita invidiabile!

Vanguard 79475-2 (Country & Western, Cowboy Music, 1994)

Dino Della Casa, fonte Country Store n. 24, 1994

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