Terza uscita discografica per i fuoriusciti ex-Quicksilver e prima con la formazione rinnovata. Barry Abemathy (bj e vc) e Wayne Benson (md e vc, ex-Live Wire) hanno impiegato una sola settimana di prove intense per entrare in sintonia con il resto della band, fare le valigie e trovarsi in viaggio per la stagione estiva dei festival.
I fans del gruppo, che qualcuno ha definito l’espressione più progressiva del bluegrass anni ’90, non devono comunque preoccuparsi: il sound è rimasto sostanzialmente invariato, con le ‘solite’ eccellenti armonie vocali (se possibile anche migliorate), sottolineate dal ‘solito’ elegante back-up fiddle di Mike Hartgrove, il ‘solito’ impeccabile lead singing di Russell Moore (sicuramente uno dei migliori sul mercato) e la ‘solita’ grande professionalità di tutti e cinque i musicisti per i quali le tre T (tone-taste-timing) non sono un’opinione.
Le cose migliori dell’album sono i due brani firmati dal ‘solito’ Pete Goble, Silence And Pain e Count Every Tear Drop I Cry, le ballate lente Someday You’ll Call My Name e Grandpa’s Mandolin ed una Dixie Train targata Carl Jackson dove Russell ci ricorda che, in fondo in fondo, suonare la chitarra non gli riesce poi male.
Il resto invece scivola via abbastanza anonimo, tranne un terribile arrangiamento di Steel Guitar Rag che non riuscirete a togliervi dalla testa per un infinito quanto banale duetto di fiddle e mandolino. E l’uniformità di tonalità e qualche incertezza nella scelta delle velocità non aiutano certo a rendere più eccitante questo disco che, bontà d’esecuzione e d’incisione a parte, rimane qualche ‘pianerottolo’ più in basso rispetto ai primi due.
Prendete per esempio la versione di I’ve Waited As Long As I Can e confrontatela con quella incisa da Tony Rice sul suo ultimo album: la velocità dei IIIrd Tyme Out sembra forzatamente rallentata, non scorre via con naturalezza, quasi incespica nel tentativo (ma forse è solo una mia allucinazione perversa) di voler suonare il brano più lentamente possibile.
Non prendetemi però troppo sul serio: l’ascolto è sicuramente consigliato anche se il sottoscritto, forse per una irreversibile sindrome da senilità precoce, si commuove ormai soltanto all’uscita di un nuovo Del McCoury o Johnson Mountain Boys…
Catalogare sotto ‘perdibile-con-colpa-non-grave’.
I’ve Waited As Long As I Can /Count Every Tear Drop I Cry /Heaven Seemed So Near /Walkin’, Runnìn’, Flyin’ /My Heart Can’t Stop Loving You /Steel Guitar Rag /Dixie Train /I Can’t Stay Here Anymore /Someday You’ll Call My Name /Little Black Train /Silence And Pain /Grandpa’s Mandolin
Rebel CD-1713 (Bluegrass Moderno, Bluegrass Tradizionale, 1994)
Martino Coppo, fonte Country Store n. 22, 1994
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