Twenty Miles

Nati ad Appleton, Winsconsin, i fratelli Bauer cominciano a flirtare con la musica fin da piccoli, tra un litigio e l’altro. Poi, un giorno, Judah Bauer arriva alla corte di sua maestà Jon Spencer, il maltrattatore numero uno del rock’n’roll contemporaneo. Ma nel ’97, giusto prima della pubblicazione di Acme della Blues Explosion, a sorpresa, Judah si riunisce al fratello Donovan e a nome Twenty Miles i due fanno uscire per la Fat Possum un discaccio di stompin’ blues’n’roll, 29 minuti sporchi e umorali di putridume dal Mississippi, intitolato R.L. Boyce, Othar Turner Fife & Drum Spam, dai nomi dei batteristi coinvolti.

Sembra un’uscita estemporanea, per divertirsi e far casino, e invece nel ’99 ecco un secondo disco, I’m A Lucky Guy, completamente diverso, fatto di canzoni (12) scarne e costruite con semplicità (“Chiaro, perché io non è che sappia suonare tanto bene: giusto quanto basta a buttare giù qualche accordo”, afferma Judah con falsa modestia), meno rumorose e più intime: come un Neil Hagerty (Royal Trux) che emula i Rolling Stones nella propria cameretta.
Esce Plastic Fang, ed ecco il terzo disco dei Twenty Miles, Keep It Coming, a dimostrazione che il gruppo non è uno scherzo, ma ha uno spessore, un’anima, una necessità, anche se Judah si tratta con la solita modestia.

“Sì, la cosa ce l’ho a cuore, è come una valvola di sfogo dalla Blues Explosion, qualcosa di totalmente mio, che mi rappresenta, con semplicità e senza menate. In un certo senso il nuovo album ha un’aura più positiva rispetto a I’m A Lucky Guy, forse perché è nato dopo l’11 settembre, in un momento in cui avevo necessità di reagire, scatenarmi, piuttosto che affossarmi nella tristezza di ciò che è accaduto a New York. La Blues Explosion è per me più una party band, quindi i Twenty Miles sono più seri.”
Anche se c’è Donovan di mezzo, in realtà Twenty Miles è più un progetto solista di Judah…
“Già, perché le canzoni sono tutte mie, per Donovan è un divertimento, un’occasione di andare in giro in tour, di divertirsi: lui si occupa di cinema, sta finendo una scuola, o qualcosa del genere, ora sta a San Francisco. Non è un gran lavoro, alla fine, si tratta di canzoni semplici, non sono un gran chitarrista, non che sia un gran cantante… e poi se penso a R.L. Burnside, io non sono nulla in confronto: sono giusto un punk bianco che tenta di fare del blues. Uno fasullo, alla fine.”

“Le registrazioni dei dischi dei Twenty Miles non hanno mai richiesto tanto tempo. In particolare quest’ultimo disco l’ho registrato nel mio appartamento di New York con l’apporto di qualche musicista in più, giusto per potermi occupare maggiormente della chitarra: quindi c’è quasi una band stavolta, per avere un suono più pieno, con percussioni, basso e qualche coro.”
C’è poco altro da tirare fuori sui Twenty Miles: sta tutto nella musica, un impasto di country, rock’n’roll, rockabilly e Rolling Stones, semplice, genuino e a bassa fedeltà… eppure serissimo.

Barnaba Ponchielli, fonte JAM n. 82, 2002

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