Enrico Bottelli Liutaio chitarra Liutaio Meeting

Questo articolo è un reportage sulla 10ª riunione – mostra della Guild of American Luthiers, che si è svolta agli inizi di Agosto in Tacoma, Washington, e a cui ho avuto il piacere e la fortuna di poter partecipare. Penso sia opportuno, innanzitutto, dare qualche informazione sulla G.A.L., poiché probabilmente qui in Italia risulterà ai più sconosciuta. La G.A.L. è un’associazione, fondata nel 1972 senza scopo di lucro, costituita da liutai e in generale persone interessate alla costruzione di strumenti (non necessariamente americani, nonostante il nome) il cui obiettivo è la diffusione e lo scambio di informazioni e idee fra tutti i membri. Le iniziative principali della G.A.L. sono la pubblicazione di un giornale trimestrale che viene diffuso fra tutti i membri, e a cui ciascuno può contribuire con articoli sui più disparati argomenti, con lettere, comunicazioni o altro, e l’organizzazione di una riunione-mostra annuale con conferenze, dibattiti, seminari.

La motivazione di fondo che spinge i soci a contribuire alla rivista ed a partecipare attivamente alla vita della Guild è la voglia e il bisogno di condividere e confrontare le proprie esperienze e conoscenze in tema di costruzione di strumenti. Questo è estremamente positivo perché permette a tutti di imparare e migliorare, di avere informazioni utili, di mantenersi aggiornati su ciò che accade, di entrare in contatto con altri costruttori, e contribuisce ad innalzare notevolmente il livello medio dei liutai dissipando ignoranza e nozioni errate. Qualcosa di simile sarebbe utilissimo ed auspicabile qui da noi dove, secondo la mia esperienza, c’è parecchio isolamento e pochissimo scambio di informazioni fra i vari costruttori, anzi vi è la tendenza a custodire gelosamente i propri segreti: tutto questo porta ad un progresso molto lento e si traduce in enormi difficoltà per chi decide di imparare il mestiere cominciando da zero, lo credo che uno dei principali motivi, oltre alla maggiore ricettività e grandezza del mercato degli strumenti e della musica in generale, per cui negli Stati Uniti vi sono alcuni dei più geniali e innovativi costruttori e progettisti di strumenti del mondo, sia proprio la mentalità aperta e dinamica rivolta al futuro, che promuove lo scambio, il dialogo, il confronto e incentiva la ricerca tecnica ed estetica.

Ritornando alla Convention, il luogo di svolgimento era la Pacific Lutheran University in Tacoma, Washington State, all’estremità Nord Ovest degli Stati Uniti, a poca distanza dal confine con il Canada.
La presenza di liutai era massiccia: ad occhio e croce 200 persone con un centinaio di espositori provenienti da tutte le parti d’America, per la maggior parte costruttori di chitarre Classiche e Steel String, ma anche di violini, mandolini, dulcimers, strumenti vari e rivenditori di legnami per liuteria. L’organizzazione prevedeva 3 ore e 1/2 di esposizione al giorno e 11 conferenze-seminari sui più disparati argomenti nell’arco di 3 giorni. Fra le più interessanti una tavola rotonda sulla chitarra Steel String con la partecipazione di Ervin Somogyi (costruttore per Alex De Grassi e Mark O’Connor), Bruce Ross (Santa Cruz Guitar Company, costruttori per Tony Rice), Jean Larrivée (famoso costruttore canadese), Max Krimmel e Bob Steinegger; una conferenza sui legni per liuteria con diversi esperti (anche rivenditori) fra cui il direttore della segheria Martin, Dick Boak; una sulle innovazioni estetiche nella chitarra tenuta da due liutai che da tempo stanno sviluppando nuovi design scostandosi sempre più dalla tradizione, Steve Klein (costruì una chitarra su ordinazione per Joni Mitchell) e Gila Eban (è una donna, fatto abbastanza inusuale nel campo). Molto interessante infine anche la relazione di Tim Shaw (direttore del custom shop della Gibson) incentrata sulle difficoltà e i vantaggi che può avere un liutaio inserito in una realtà di scala industriale come quella della Gibson.

Il livello delle conferenze era veramente alto, viste anche le credenziali dei relatori, e molte informazioni interessanti e preziosissime dal mio punto di vista, quale costruttore. Molto positiva anche l’apertura dei conferenzieri alle domande del pubblico, che permetteva l’instaurarsi di dibattiti in cui ognuno portava la propria esperienza personale.
Passando alla mostra, in mezzo alle decine di strumenti e costruttori presenti, ne ho selezionati alcuni (quelli più all’avanguardia nella ricerca o più originali nell’estetica) su cui vorrei approfondire il discorso perché estremamente interessanti. Uno dei liutai più innovativi e preparati è certamente Richard Schneider, cinquantenne, da 25 anni costruttore di chitarre classiche, con il quale ho potuto passare parecchio tempo, in occasione di un seminario tenuto nel suo laboratorio prima della Convention, durante il quale ha spiegato i punti principali del suo nuovo design.

Da quasi vent’anni Schneider collabora con Michael Kasha, scienziato dai molteplici interessi e direttore dell’Istituto di Biofisica Molecolare alla Florida State University: i due insieme (Kasha è il teorico e Schneider traduce in pratica le idee) hanno sviluppato gradualmente un design completamente nuovo che interessa la chitarra nella sua totalità, dalla tavola armonica, al ponticello, al fondo, al manico. L’elemento più importante di questa nuova chitarra è la tavola armonica con la sua incatenatura che si discosta radicalmente da una di tipo tradizionale.
Schematicamente gli obiettivi principali di questa diversa catenatura sono: permettere ad una maggiore porzione della tavola di vibrare per favorire le frequenze basse; rendere asimmetriche le due metà del piano per avere una risposta più efficace alle diverse frequenze, alte, medie e basse: aumentare la sensibilità dello strumento lasciando il ponte più libero di ruotare intorno al suo asse (le catene si interrompono sotto il ponte, ostacolando meno la sua vibrazione e per cui il trasferimento di energia fra corda e piano armonico); acquisire maggior controllo sull’attacco e la durata delle note variando forma e posizionamento delle catene che partono dalla zona sotto il ponte.

Tutto questo è estremamente intelligente e motivato, ma anche abbastanza complesso e difficile da maneggiare vista la quantità di catene presenti sulla tavola e di elementi che possono influire sul risultato finale. Ecco perché vi è bisogno di molta sperimentazione e di molti liutai che lavorino intorno a questi concetti per ottimizzarne la messa in pratica; ed ecco perché Richard Schneider sta facendo di tutto per diffondere il messaggio sia tra i costruttori che fra i musicisti, assolutamente convinto della sua validità e della possibilità di portare la chitarra classica ad una forma più evoluta e perfezionata. L’estetica, in parte motivata da esigenze di ordine pratico (il ponticello ha quella forma per trasmettere più efficacemente alla tavola il moto vibratorio delle corde basse e delle acute separatamente), è assolutamente originale: stupende le rosette a mosaico tridimensionali che sono dei veri e propri pezzi d’arte. I filetti sono colorati personalmente con una diversa tinta per ogni chitarra. Altre caratteristiche uniche dei suoi strumenti sono il manico, appesantito con metallo per aumentare il sustain, e un portellino asportabile situato posteriormente sulle fasce, che permette di lavorare all’interno della chitarra una volta chiusa la cassa. Le chitarre di Schneider sono fatte, come si può intuire da quanto detto finora, senza risparmio di tempo e di materiali, con una filosofia di ricerca della perfezione e della qualità senza compromessi sia nella estetica che nel suono. Si può dire in definitiva che Schneider combini in sé una mentalità razionale e scientifica e un’enorme preparazione ed esperienza con uno spiccato gusto artistico; ciò ne fa un costruttore unico e di grande levatura.

Insieme a Schneider era presente alla Convention un suo ex allievo ora collaboratore, che sta applicando gli stessi principi alla chitarra Folk con risultati interessanti: Mark Wescott. Particolari di spicco sui suoi strumenti, le rosette e i segnaposizioni sulla tastiera, fatti con l’uso di resine epossidiche colorate, e i battipenna asportabili appoggiati su feltri per non appesantire la tavola armonica e ostacolarne la vibrazione. L’estetica generale dello strumento è veramente moderna e innovativa.
Altro liutaio famoso, costruttore principalmente di chitarre Steel String e da lungo tempo sostenitore delle teorie di Kasha è Steve Klein. La prima cosa che colpisce delle sue chitarre è la forma della cassa con una metà inferiore perfettamente circolare di diametro nettamente più grande (48 cm) rispetto allo standard, e una metà superiore molto schiacciata per poter situare il ponticello perfettamente al centro del piano circolare, mantenendo comunque un manico di 14 tasti. La catenatura della tavola segue i principi di Kasha pur essendo sensibilmente diversa da quella di Schneider-Wescott, e ha un sistema che permette di scaricare sulle fasce lo stress a cui il ponticello sottopone la tavola armonica quando le corde sono in tensione, lasciando così la stessa più libera di vibrare secondo i modi caratteristici delle diverse freqenze.

Analogamente al di sopra della buca vi è un altro sistema di assorbimento dello stress che la tensione del manico trasmette alla tavola: particolare unico e interessante è che i manici di Klein sono removibili come quelli di una chitarra elettrica avendo un sistema di incastro che permette di non usare colla e che impiega viti solo per assicurare manico e cassa: ciò rende molto agevole ogni tipo di riparazione.
Il fondo ha una catenatura radiale poco rigida che gli permette di rispondere meglio ai modi di vibrazione visto che la sua funzione non dovrebbe essere solamente quella di riflettere ma bensì di operare in fase con la tavola armonica per aumentare la proiezione e il volume. Le chitarre, un tempo intarsiate con avorio, madreperla, oro, argento e altri metalli, sono ora molto semplici per motivi di prezzo e vendibilità, pur mantenendo uno standard di lavorazione ineccepibile.

Passando a costruttori di tipo più tradizionale, uno di quelli più famosi ed apprezzati, e con maggiore personalità è certamente Ervin Somogyi, 42 anni, di Oakland, California, che ho avuto l’occasione di conoscere approfonditamente in veste di studente 4 anni fa. Le sue chitarre hanno una forma Dreadnought leggermente modificata: la incatenatura è la tradizionale X Martin. L’estetica dello strumento è estremamente personale e raffinata: a prima vista colpiscono le forme della paletta e del ponte che si armonizzano perfettamente fra di loro, le rosette (mosaici contornati da palissandro) spezzate in modo da formare tanti segmenti intercalati dal legno della tavola e il sistema di filettatura (sempre in legno) uguale a quello delle chitarre classiche di prestigio come pure la forma dello zocchetto del manico. Direi, in definitiva, che si tratta di chitarre Steel String con una quantità di soluzioni estetiche riprese od ispirate da strumenti classici: il risultato finale è veramente splendido. Una delle cose che salta all’occhio maggiormente all’osservazione di una sua chitarra è l’osso compensato sul ponte largo 5-6 mm, che permette, fornendo un punto d’appoggio diverso per ogni corda, di avere uno strumento il più possibile intonato su tutta la tastiera.
Altre finezze sono il capotasto d’osso lavorato con una lima tonda fra una corda e l’altra e le impiallacciature di radica o di palissandro sul davanti e sul dietro della paletta, che svolgono una funzione di rinforzo in un punto molto delicato. I legni usati per le tavole armoniche (abete tedesco e Sitka) vengono selezionati secondo criteri di rapporto fra peso e rigidità per avere un maggior controllo sulla resa sonora finale degli strumenti.

Per concludere dando un giudizio globale sulla Convention devo dire che l’organizzazione perfetta, il luogo splendido e il clima di unità, di amicizia e collaborazione presente ovunque, fornivano le migliori condizioni per poter usufruire al massimo di tutto ciò che di nuovo, valido e interessante veniva offerto. In definitiva un’esperienza che consiglierei a tutti coloro che sono interessati a venire in contatto con una realtà dinamica e all’avanguardia e a saperne di più nel campo della costruzione di strumenti.
Purtroppo, per questioni di spazio e di tempo, non ho potuto parlare dei contenuti delle conferenze, né approfondire molti discorsi appena accennati che avrebbero bisogno di molto più spazio, ed ho inoltre tralasciato molti validi costruttori. Ho tentato di fare una rapida panoramica generale e di dare degli spunti, per suscitare interesse: chiunque voglia saperne di più su qualunque argomento, può mettersi in contatto con Hi, Folks! o con me personalmente, e sarò ben felice di aiutarlo.

Enrico Bottelli, fonte Hi, Folks! n. 19, 1986

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