Mandolino Gibson bluegrass

Nel 1880 un liutaio autodidatta di Chateaugay, New York, inizia la sua attività in un piccolo centro a poche miglia dal lago Michigan, Kalamazoo.
Artigiano geniale e stravagante, Orville Gibson tende subito a distaccarsi dalla tradizione cercando di adattare i principi di ‘bombatura’ degli strumenti ad arco a chitarre e mandolini, definendo con disprezzo il mandolino napoletano ‘cimice delle patate’.
Proprio nel periodo in cui la moda delle orchestre a plettro si stava diffondendo in tutta l’America (1902), Orville vende nome e bottega a cinque signori di Kalamazoo i quali fondano la ‘Gibson Guitar & Mandolin Company’. Orville vi rimane un certo periodo in qualità di supervisore ma è costretto a lasciare dopo pochi anni per motivi di salute e muore a Ogdensburg, New York, nel 1918.

E’ Lewis Williams, uno dei soci fondatori, ad introdurre nel mandolino i fori armonici mutuati dalle ‘effe’ del violino; questa innovazione porterà al disegno definitivo dell’ F-5 Master Model (1922).
Ma ci sono due nomi che più di qualunque altro vengono associati all’F-5: Lloyd Loar e Bill Monroe.
Lloyd Loar, più tardi un precursore nel campo delle chitarre elettriche, lavorò alla Gibson negli anni ’20, firmando personalmente molti mandolini, oggi fra i più ricercati e quotati sul mercato tanto da comparire persino ad aste come quelle di Christie’s e Sotheby’s.

Bill Monroe, il ‘grande vecchio’, acquistò nel 1941 un Loar F-5 del 1923 facendone il suo strumento preferito e consacrandolo definitivamente come il mandolino da bluegrass (questo strumento, insieme ad un altro Loar, è stato seriamente danneggiato lo scorso novembre durante un’incursione di teppisti in casa di Bill).

La Gibson ha continuato la produzione di mandolini fino a tempi recenti senza però riuscire a raggiungere gli standards degli strumenti d’anteguerra. Esperti liutai come quelli della Gryphon a Palo Alto hanno cercato di ritoccare gli spessori di Gibson ‘post-war’ ma senza risultati apprezzabili.
Al di là del mito e delle deformazioni di mercato bisogna considerare che i mandolini ‘pre-war’ erano costruiti in modo artigianale e questo è testimoniato dal fatto che non se ne trovano due perfettamente uguali. Gli spessori delle tavole e delle catene venivano calibrati individualmente a seconda delle caratteristiche dei legni adoperati e anche la verniciatura variava sensibilmente da marrone scuro a tabacco chiaro a ‘sunburst’.

A questo bisogna aggiungere l’invecchiamento naturale del legno ed il fatto di essere stati suonati per tanti anni, ‘abituando’ le molecole del legno ad una certa gamma di frequenze.
Possiamo considerare Orville Gibson come l’inventore degli strumenti ‘archtop’ (fra cui la leggendaria chitarra L-5). Nel suo intento di applicare i metodi costruttivi del violino agli strumenti a plettro e sostenendo che bisognava ridurre al minimo le parti piegate e incollate, Orville ricavava fondo fasce e manico da un unico pezzo intagliato.
La Gibson Company conservò questa caratteristica per breve tempo per poi passare al sistema tradizionale delle fasce piegate e del manico innestato.

Il ‘top-of the-line’ F-5 Master Model presenta un corpo tondeggiante con due punte (la protezione degli angoli è in avorio), fori armonici ad ‘effe’ e il caratteristico riccio; fondo fasce e manico sono in acero fiammato mentre il piano armonico è in abete; i filetti sono in celluloide bianca e nera e lo stesso motivo lo ritroviamo intorno al battipenna e alla paletta che è intarsiata in madreperla con il logo The Gibson ancora in corsivo ed un motivo floreale.
All’interno della tavola armonica si trovano due catene incollate obliquamente. Le meccaniche sono placcate oro con palettina in avorio e la tastiera, filettata in bianco, è in ebano con segnatasti rotondi in madreperla sulle posizioni 5, 7, 10, 12 e 15; il diapason è di mm 17,5.
Gli altri modelli F (2 e 4) hanno il foro armonico ovale, manico in mogano e tipi diversi di rifiniture, mentre i modelli A (50, 4, 1, 00 e junior) sono a forma di pera con foro ovale, manico in mogano e rifiniture progressivamente più semplici.

Per completare la famiglia, ai mandolini vanno aggiunti: la mandola (H-1, H-2 e H-4), il mandocello (K-1, K-2, K-4) e l’elefantiaco mando-bass, con quattro corde singole.
Per concludere è opportuno menzionare anche il Gibson ‘Piccolo’, un mandolino di dimensioni ridotte con tre corde doppie accordate La-Mi-Si, simile all’A-1.
I pochissimi strumenti prodotti non entrarono mai in catalogo. Il polistrumentista Mark O’Connor ne possiede un raro esemplare.

Fabio Ragghianti, fonte Hi, Folks! n. 17, 1986

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