Jeff Talmadge - Secret Anniversaries cover album

Cosa ci si potrebbe attendere da un ex-seminarista con una vaga rassomiglianza fisica con John Stewart (con occhiali), praticamente avvocato, poeta e chissá cos’altro?
Per dirla all’americana, Jeff Talmadge è sicuramente ‘a man of many hats’, ed un poeta dalla musicalitá introspettiva, che sta cominciando a crearsi un certo seguito su entrambi i lati dell’oceano.
Di lui hanno scritto: “Con testi pungenti come spine di cactus, Jeff Talmadge dipinge un quadro musicale bello e colorato come un tramonto del Texas Occidentale”.
Le credenziali ci sono tutte, a cominciare dalla caratura dei session-men di Austin che si sono ‘scomodati’ per sedere in studio con questo esordiente: fra gli altri Glenn Fukunaga (basso con i grandi texani, vedi Joe Ely e Butch Hancock), Gene Elders (violino), Freddie Kirc (batteria per Lost Gonzo Band ed altri) e Beth Galiger (flauto e voce corista, co-titolare di un misconosciuto CD del 1995, intitolato Rolling Valentine, inciso per l’ormai defunta indie Dejadisc in coppia con Michael Elwood).

L’espressione di Jeff Talmadge è personale, anche se fonde in sè matrici a noi note e da noi apprezzate ed amate, qualcosa a metá strada fra Guy Clark, James Taylor e Lawrence Hammond (ve lo ricordate lo splendido Coyote’s Dream su Takoma del lontanissimo 1976?), il tutto con la costante del flauto insinuante di Beth Galigher, che conferisce un’aurea di raffinatezza al prodotto finito.
Tutte le canzoni di Secret Anniversaries portano la firma di Jeff, ad eccezione di Midnight Flight (ascoltate l’acustica solista), che vede il cantautore texano David Rodriguez collaborare con il nostro a livello compositivo.
La voce è rilassata, confidenziale, non cerca di impennarsi in impossibili esercizi funambolici e neppure l’accompagnamento musicale ha bisogno di sovraincisioni o di diavolerie varie.

Siamo di fronte ad un disco essenzialmente acustico, da seguire passo passo con il booklet in mano, per assaporare e centellinare le liriche colte e nello stesso tempo immediate, quotidiane e facilmente fruibili, quanto la citazione di apertura di Henry Wadsworth Longfellow: “Le piú sacre di tutte le vacanze sono quelle che teniamo per noi in silenzio e lontano dagli altri; gli anniversari segreti del cuore…”.
Non manca qualche puntatina atipica, come la ritmata e gradevolissima Train Sounds Like Tomorrow, ricamata dal flauto di Beth e dall’acustica solista davvero bella.
L’apice di Secret Anniversaries peró viene raggiunto, almeno a mio parere, con  Monmouth County, una di quelle dolci ballate che ti si insinuano in testa e sembrano non voler piú uscirne.
Onestamente anche here’s A Letter That You Can’t Send Back non è poi da meno, con le spazzole della batteria a fare da sottofondo alla chitarra acustica appena arpeggiata ed alla narrazione di Jeff, che si snoda, nostalgica e malinconica, in un viaggio vocale a ritroso nel tempo: davvero struggente.

E’ ancora l’intreccio delle chitarre acustiche a farci perdere tra i solchi di A Space So Small, timida proposta delicatamente acustica che prosegue nella omogeneitá dell’intero album.
Secret Anniversaries , eccellente e raffinato esordio, si chiude con un’ultima ballata, sempre rigorosamente acustica, intitolata Adeline, dove le note sobrie dei violoncelli si fondono e si amalgamano alle note cristalline delle chitarre acustiche, per dare vita ad un esercizio strumentale quasi rinascimentale nei suoi ricercatissimi intrecci armonici.
Nota per i fanatici di Steve Earle: nel booklet è riportata per ben due volte la carta da gioco raffigurante il cuore, che ha dato il titolo al suo penultimo CD.

Bozart 1002 (Country Acustico, 1999)

Dino Della Casa, fonte Country Store n. 50, 1999

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