Joe Ely - Down On The Drag cover album

Ely, nativo di Lubbock, appartiene alla nuova generazione dei musicisti texani e prosegue quella tradizione musicale di cui lo stato della stella la solitaria va giustamente fiero. Nato, musicalmente parlando, nel regno di Walker e dei suoi discepoli (Guy Clark, Rodney Crowell), si è sviluppato con una personalità sua, ben poco lasciando al caso, seguendo una sua via musicale assai personale. Il grande merito di Jerry Jeff e soci è quello di avere aperto occhi ed orecchi alla gente, cambiando il corso di un certo genere musicale, fino a quel momento stantio e privo di iniziativa. Inoltre la rivoluzione attuata dagli outlaws (Willie Nelson e Waylon Jennings), aveva in gran parte contribuito a deviare il country made in Nashville dandogli nuove forme sonore.
Ely, pur avendo assorbito la lezione, ed avendo percepito certe direttive musicali nuove, ha un suo discorso musicale completamente personale. Innanzitutto è un autodidatta: scrive di sua mano le canzoni, oppure si affida ad un breve nucleo di amici, tra cui campeggia la figura di Butch Hancock, autore certamente poco usuale nel Texas, ma dotato di una versatile penna melodica. Inoltre rispetto a Walker, Clarke, Shaver, Waylon e Willie, il nostro ha creato un genere suo personale introducendo delle varianti strumentali. Strumento base della sua teoria sonora è (oltre alla classica strumentazione con basso, chitarra, batteria, steel guitar) la fisarmonica: Ely usa questo strumento (suonato da Ponty Bone) in modo veramente inusuale, cercando e raggiungendo un eccellente risultato.

Inoltre il personaggio è cresciuto di pari passo con il musicista: da un primo album Joe Ely, già di ottima fattura, ma leggermente scostante per quanto riguarda il materiale scelto, ad un secondo album Honky Tonk Masquerade, tanto bello e completo da lasciare gli ascoltatori stupefatti. Honky Tonk Masquerade è uno dei migliori album del 1978, e ci ha presentato il musicista Ely in tutta la sua potenza: dalla sua vena di scrittore veramente valida, alle ballate di Hancock (West Texas Waltz su tutte), alla sua personalità di leader e vocalist ineccepibile.
Con questo terzo album, una delle novità più attese di questo scarso inizio di anno 1979, il musicista si presenta con valide carte. Down On The Drag conferma le impressioni che i due precedenti lavori già avevano predetto: un cantante assai personale, che esegue una musica sua, pur rimanendo legato a schemi di musica country texana. Legato agli umori della sua terra, abituato alle smisurate distanze che legano una città all’altra, coinvolto in quella vita piuttosto periferica (o se vogliamo provinciale), Ely immette questi elementi reali nella sua musica: quella vena malinconica, che caratterizza gran parte della sua musica deriva da questo stato di cose.

Figlio di un ferroviere, fin da giovane ha partecipato a quel tipo di vita piuttosto povera, lontano dai grandi centri urbani; inoltre anche i grossi centri texani come Austin hanno sempre qualcosa di provinciale, così lontani nello schema di vita, dalla congestione dei grossi centri urbani come New York o Los Angeles. Lubbock, Amarillo, la classica Route 66 sono alcuni nomi ricorrenti nei le canzoni di Joe; e la sua musica riflette, legata anche alla particolare località dei testi, lo stato di vita di queste regioni. Down On The Drag è dunque il terzo album del nostro autore: la vena musicale si fa più dura, strumentalmente il disco ne acquista, soprattutto a livello di sostanza.

Rispetto a due precedenti lavori, questo terzo album, oltre che una innegabile e definitiva maturità dell’autore, ci presenta un gruppo assai affiatato, che suona all’unisono. Da Ponty Bone (fisarmonicista veramente eccellente), alla steel guitar di Lloyd Maines, quindi Steve Keeton alla batteria, Jesse Taylor alla chitarra e Gregg Wright al basso. Un particolare cenno per David Mason alle tastiere e per il produttore Bob Johnston, un uomo di grande talento ed esperienza, che certamente ha dato una mano a livello di ricerca di suono. Le canzoni sono tutte di valore, al di sopra della normalità, e ne cito alcune: Maria, una ballata romantica, Time For Travelin’, dall’andamento di un valzer, Crazy Lemon, grintosa, Barbecue And Foam, molto pianistica, per concludere con due brani di Hancock: Down On The Drag e Fools Fall In Love, due canzoni piuttosto tirate, che in pieno rispecchiano lo stato di grazia di Ely. Joe Ely è una valida risposta a coloro che definiscono la musica country un genere morto e privo di vita: ascoltate questo suo terzo album.

MCA MCAD-10221 (Traditional Country, Honky Tonk, 1979)

Paolo Carù, fonte Mucchio Selvaggio n. 18, 1979

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