John Gorka - The Company You Keep cover album

II nuovo album di un personaggio di primo piano del ‘new folk movement’ è sempre un evento per i cultori della musica d’autore. A due anni da After Yesterday, il quasi 40enne Gorka firma il suo secondo album dal suo ritorno alla Red House (la label che lo ha lanciato nell’87 con l’ormai classico I Know) e il suo ottavo in carriera (nel mezzo cinque album per la High Street). In questa produzione realizzata a Minneapolis, ancora una volta co-prodotta dal percussionista Andy Stochansky e dall’ingegnere dei suoni Robb Genedek, troviamo un Gorka in splendida forma, tanto come autore che come interprete, persino disposto a mettere in gioco il suo consolidato cliché, il suo marchio di fabbrica. Non che abbia abbandonato il suo personale e lineare stile cantautorale. Citiamo lo stesso Gorka: “..in ogni nuovo progetto ci deve essere un elemento di incertezza che lo renda più interessante. Lavorare in sicurezza può essere una buona strategia per gli affari o il commercio, ma non lo è facendo musica”.

Ha abbandonato le majors perché non gli concedevano la libertà artistica di cui aveva bisogno per esprimersi ed ora ripaga chi gliela ha concessa con un altro piccolo gioiello. Come nel precedente album troviamo arrangiamenti, strumenti e voci familiari. Lucy Kaplansky, armonie vocali, Michael Manrig, basso, Peter Ostroushko, violino, Dean Magraw e John Jennings, chitarre. L’effetto è particolarmente riuscito grazie anche all’immediatezza della registrazione live di molti di questi brani. La sua filosofia è chiara: “..prendiamo buoni musicisti e lasciamoli suonare insieme. Vediamo come reagiscono ascoltandosi l’uno con l’altro istintivamente. Non pensandoci tanto sopra, ma suonando.”
John ha vinto la paura dì questo tipo di approccio un pó pericoloso in studio e i musicisti lo hanno ripagato riversando nelle sue canzoni tutto l’acume, l’humor, la sensibilità di strumentisti di cui sono capaci. L’effetto, nelle ispirate e piane folk ballad di John Gorka, è immediato.
Già in apertura in What Was That, forse il brano più strutturato ed arrangiato della raccolta, ci affascinano e ci agganciano ad un discorso poetico-musicale che non dimenticheremo facilmente. Vi appaiono inoltre i primi ospiti, la vocalist emergente di Minneapolis Kathleen Johnson, il basso acustico di Gordy Johnson, e una strumentazione che comprende chitarra elettrica e tastiere.

Si prosegue con la bella melodia, semplice e sottolineata dalle percussioni di A Saint’s Complaint.
Oh Abraham, un’altra preziosa costruzione elettro-acustica con le chitarre che danzano su un fluttuante organo: traspare tutto l’acume di Gorka. Una parabola semiseria sulla vita politica americana dove troviamo al suo fianco Ani DiFranco, voce e chitarra.
La triste e acustica When You Walk In è giocata sulle chitarre di John Jennings e Gorka, corista d’eccezione è Mary Chapin Carpenter, che sottolinea il senso di empatia e speranza che la canzone vuole offrire a chi si trova in difficoltà.
Shape Of The World è una solida ballata elettrica giocata sulle tastiere e la chitarra di Patty Larkin, ulteriore ospite d’onore al femminile. Racconta con grazia ed una certa dose di humour di come l’avventura consista spesso nella capacità di sopravvivere ai propri errori.
Morningside è una ballata più minimale e tipicamente gorkiana con la voce della Kaplansky, e la sezione ritmica Manrig-Andy a sostegno.
Numerose canzoni ‘ci tengono compagnia’ e, sempre secondo Gorka, “..sono loro che ci offrono una gamma di emozioni infinite. A seconda della compagnia che noi abbiamo, ci sentiamo su o ci buttiamo giù, questa contribuisce a sostenerci o ad abbatterci”.

Passando dall’elettrica e giocosa Joint Of No Return, con la bella voce della Johnson ancora a sostegno, alla desolata e drammatica Let Them In, storia di giovani morti in guerra, ‘sentiamo’ il senso delle sue parole.
Over There è puro ed ispirato Gorka sound, la compagnia che ci aspettiamo ascoltando un suo lavoro.
Ispirato alla leggenda della country-music è la veloce e divertente Hank Senior Moment.
Around The House è una delicata esaltazione della spontaneità, delle gioie che offre la libertà di poter giocare.
Whisperies, storia di avventure immaginarie sottolineate dal basso e dai cori della Kaplansky, e People My Age, nello stile di un old-time folk song in una solitaria dimensione acustica.
La dolce voce baritonale del protagonista non è mai apparsa più calda e convincente in quello che crediamo sia, ad oggi, il disco più memorabile anche del Gorka autore.

Red House 151 (Singer Songwriter, 2001)

Tommaso Demuro, fonte Out Of Time n. 38, 2001

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