Cinque album all’attivo, un’attività molto intensa nell’area di New York City, uno stile che deve molto alla tradizione cantautorale americana delle radici, prendendo spunto dal folk ma toccando stili diversi come rock, country e anche jazz: si potrebbe condensare così quello che John Pinamonti ha dato e continua a dare alla scena indipendente d’oltreoceano. Una individualità interessante e poliedrica, esperienze musicali e di vita che lo hanno portato a vivere in California, Texas e Oregon dove è cresciuto e dove ha costruito il suo suono.
The Usual è un disco piacevolissimo, un viaggio sonoro e il manifesto della sua personalità, un lavoro che mostra talento e passione, ironia e tanto rispetto per i padri del suono roots americano. Rough And Rocky ricorda la più nobile canzone folk con uno sguardo a Tom Paxton e con tutto l’amore per la tradizione, Forget Everything You’ve Learned acquista tinte mexican, High ha classe e profondità, una ballata tra le migliori, I Want It Now elettrifica il suono dando colorazioni rock e southern, City Of Angles sorprende non poco con le sue atmosfere New Orleans e la presenza di fiati e un quasi rap, In Plain Sight è ballata country fresca e brillante, l’armonica e il finger picking di You la rendono godibile folk ballad, Happy Man è tra Steve Forbert e il primo Willie Nile. A chiudere due momenti più acustici, tra folk e tradizione, l’originale New Day e, unica cover, una splendida I Can’t Feel At Home In This World Anymore di Alvin Pleasant Carter, classica ciliegina (dal sapore appalachiano) sulla torta.
Album che scorre con grande naturalezza e che saprà regalare più di un momento piacevole, oltre ai già citati, consegnandoci un nome decisamente interessante.
Autoprodotto (Singer Songwriter, 2016)
Remo Ricaldone, fonte TLJ, 2016
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