Johnson Mountain Boys - Live At The Birchmere cover album

I Johnson Mountain Boys, ovvero grinta esplosiva, e il Birchmere Restaurant di Alexandria, Virginia, ovvero il miglior posto al mondo, probabilmente, dove suonare ed ascoltare bluegrass. Il frutto di un così alto connubio è un ottimo album live, Live At The Birchmere, che si aggiunge ai tre precedenti egregi album dei JMB. Le riserve sui possibili difetti di ogni album live (difetti tecnici, intendo) vengono superate dopo pochi minuti di ascolto: la registrazione è perfetta, il missaggio curatissimo, e nulla del calore della performance originale è andato perduto nel trasferimento su vinile.
I JMB sono sicuramente un gruppo più da palcoscenico che da disco, come spesso affermato da tutti, e i presenti al Birchmere nella serata di martedì 5 aprile 1983 testimoniano (su riviste, naturalmente!) che l’infuocata esibizione del gruppo è stata catturata nei suoi momenti migliori e in tutta la sua magia per questo album. E se tanto insisto sulla grinta e l’esuberanza dei JMB è perché proprio su questi elementi la band fonda il proprio successo: la perfetta coesione del suono, il ritmo serrato, il supporto ritmico che ogni musicista fornisce al resto del gruppo, e l’irruenza con cui banjoista, mandolinista e fiddler affrontano i breaks convogliano al pubblico una calda onda di entusiasmo e vitalità che sembra irrefrenabile e inesauribile.

Per il loro debutto live i JMB hanno ben scelto e dosato i pezzi: molti, come sempre, i classici di Bill Monroe, Flatt & Scruggs, Stanley Brothers, e i tradizionali, ma diversi anche gli originali: Georgia Stomp, strumentale firmato dal mandolinista Dave McLaughlin, Makin Up Stories del chitarrista e lead singer Dudley Connell, e l’altro brano strumentale dell’album (se si eccettuano i brevissimi ‘intro’ e ‘outro’), Sugarloaf Mountain Special del formidabile fiddler Eddie Stubbs. E al di là della notevole oculatezza di scelta è da notare la coerenza stilistica con cui i JMB scrivono e arrangiano i loro pezzi ed interpretano i classici dei ‘maestri’: e coerenza, in questo caso, significa intelligenza e personalità nella fedeltà all’originale, e perfetta assimilazione dell’idioma nella composizione personale.
Naturalmente un album come questo Live At The Birchmere esalta anche gli altri pregi del gruppo: il solido contrabbasso di Larry Robbins, il banjo scatenato ma impeccabile di Richard Unterwood (che negli States si sta avviando a diventare un caposcuola, grazie al successo del suo stile, riuscita sintesi degli stili di Earl Scruggs e Ralph Stanley), e soprattutto la fusione ed il vigore delle voci: il lead e tenor di Dudley Connell sono ormai marchio di fabbrica dei JMB, e le voci di Underwood e McLaughlin si fondono con quella di Connell in cori dove è difficile distinguere la singola voce di ciascuno.

Ma proprio nelle voci il Ferretti trova (quel pignolo!) uno dei difetti dei JMB: Connell sa un po’ troppo di avere una voce bella, forte e di estensione irreale, e l’uso che ne fa oltrepassa un po’ troppo spesso, a mio parere, i confini del buon gusto; se ascoltate, ad esempio, She’s Young, canzone tristissima e decisamente intima nel testo, non potrete fare a meno di considerare eccessivi sia i decibel sia i vocalizzi del buon Dudley. Non vorrei arrivare a citare l’Ecclesiaste, ma si sa che c’è un tempo per ogni cosa, e a volte il nostro orecchio si scopre a desiderare di ascoltare Bill Monroe in Wayfaring Stranger, o Tony Rice in Summer Wages.
Secondo difetto, già trattato altrove ma sempre presente a mio vedere: il tempo dei JMB è perfetto, impeccabile, più rigoroso di quello di un Rolex, ma è anche un po’ troppo uguale, legnoso, privo di raffinatezza; c’è molto dinamismo, ma non c’è sottile dinamica. Forse proprio qui sta parte della grinta dei JMB, e sicuramente sarebbero molti i gruppi contemporanei che dovrebbero fare tesoro della lezione di ritmo dei Johnson Mountain Boys, ma al mio orecchio, ormai ‘tarato’ sulla dinamica del timing di band come New South, Spectrum, Hot Rize, e perché no, Blue Grass Boys e Flatt & Scruggs il tempo semplicemente perfetto non basta… Il che non impedisce al mio piede di agitarsi furiosamente all’ascolto dei JMB, ascolto che raccomando senza esitazione.

Rounder 0191 (Bluegrass Tradizionale, 1984)

Silvio Ferretti, fonte Hi, Folks! n. 10, 1985

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