Assistere ad un concerto bluegrass con musicisti che per esibirsi hanno deciso di utilizzare un solo microfono, panoramico, è uno spettacolo che tutti dovrebbero aver modo di gustare. Qualche anno fa la BCMAI organizzò uno show a Doyle Lawson e i suoi Quicksilver; anche in quell’occasione la band, come faceva da qualche tempo, cioè da quando Doyle prese una strada più tradizionale rispetto al passato, decise di usare quel sistema di amplificazione.
Che la musica bluegrass ascoltata in concerto dal punto di vista visivo, rispetto ad altri generi, non sia molto spettacolare è un dato incontestabile, altrettanto incontestabile è il fatto che l’elemento che stupì in maniera più determinante il pubblico di quella serata, aldilà delle indubbie doti dei singoli musicisti, fu proprio lo spettacolo dato dall’utilizzo di tale microfono: ogni musicista è fermo nella propria posizione ad una distanza che gli permette di far sentire il proprio strumento al volume giusto, poi, al momento dell’assolo, ciascun elemento del gruppo si sposta vicino al microfono. Ciò implica una serie di movimenti sul palco che aiutano a rendere l’esibizione accattivante anche dal punto di vista visivo.
Karl Shiflett, benchè sbandieri a voce alta la sua scelta stilistica, non è quindi il primo a riscoprire questa tecnica, obbligatoriamente diffusa negli anni ’40 e ’50, ma siccome oggi sono poche le formazioni ad utilizzarla, la cosa fa notizia.
Particolarmente se il gruppo ha pensato bene di utilizzare costumi che richiamano alla memoria quegli anni: cravatte con bellissime fantasie anni ’40, scarpe bicolore, calzoni con pences e persino taglio di capelli rigorosamente corto sulla nuca, oltre al cappello del capobanda, anche questo rétro come è giusto che sia. Il loro buon sound è tradizionale e la voce del leader tutta tesa a ricordare quella di Lester Flatt. Operazione riuscita, i nostalgici sono appagati.
Ma i dischi? Questo è il loro secondo lavoro, ma il primo che mi passa tra le mani. Mi piace, anche se l’idea che questi s’impongano anche in studio di far uso del solito ed unico microfono mi lascia un po’ perplesso. Nella mia collezione vi sono diversi dischi registrati live in studio, penso ad esempio alla Bluegrass Album Band, ma il suono, grazie all’utilizzo delle moderne tecniche di registrazione, è cristallino e di ottimo livello, con un effetto stereofonico che è un piacere.
In In Full Color la stereofonia è appena accennata e la qualità di registrazione discutibile. La scelta dei brani è buona, con qualche classico ben riuscito come You’re Gonna Miss Me When I’m Gone e Standing In The Need Of Prayer (che non regge però il paragone con quella dei Johnson Mountain Boys) e un’interpretazione scontata di Down In The Willow Garden.
Le altre canzoni sono farina del loro sacco, mediamente valide o molto valide, a parte il lento strumentale The Old South di una noia mortale. I musicisti sono bravi, in particolare il mandolinista, che nell’altro strumentale, Juke Joint Boogie, dà prova di buona, anzi ottima tecnica. Segue il banjoista, ‘Scruggs Style’ che più non si può, ascoltare Jakebrakes per credere.
Un buon disco, che non finirà spesso nel mio lettore. Magari di più nel vostro, chissà…
Rebel CD 1772 (Bluegrass Tradizionale, 2001)
Maurizio Faulisi, fonte Country Store n. 59, 2001