Quante volte è capitato che ci chiedessero: ma il Bluegrass, esattamente, cos’è?
La definizione che generalmente diamo, più o meno cita: “E’ una forma di country music eseguita da 6 strumenti completamente acustici: banjo. chitarra, contrabbasso, dobro, mandolino e violino. Ecc…”.
Il luogo comune che il Bluegrass venga eseguito da sei strumenti, in realtà omette di considerare lo strumento, forse, più importante: la voce (settimo anche in ordine alfabetico). Si, perché in effetti anche la voce è uno strumento: ha suoi principi acustici, le sue corde, la sue casse di risonanza (tutto fornito da madre natura), una sua ben precisa tecnica attraverso la quale è possibile ottenere una determinata sonorità, un particolare timbro, una precisa ‘accordatura’ (intonazione).
E’ senza dubbio uno strumento di rilievo, nel contesto di un gruppo. Quante volte abbiamo esclamato, che voci! Nello stile bluegrass, molto spesso banjo e mandolino si fermano, ma i musicisti iniziano a cantare sulla base di basso e chitarra: due strumenti su quattro si fermano eppure l’armonia non crolla, anzi al loro rientro ne viene esaltata la dinamica generale.
E’ importante saper utilizzare la propria voce al meglio: anche il più preciso e virtuoso strumentista rischierà comunque una pessima figura se le voci del gruppo non saranno più che perfette. Come l’autista, che ben conosce il motore della propria auto e può trarre da esso le migliori prestazioni, così qualsiasi cantante conscio dell’attività fisiologica del proprio apparato fonatorio, potrà da esso trarre il miglior risultato fonico e artistico, evitando al contempo di danneggiarlo.
Eh si! perché se dopo un concerto avete mal di gola, significa che avete usato male la voce: avete spinto il motore fuori giri.
Attraverso questo articolo intendiamo fornire le indicazioni di base per esercitare correttamente lo strumento che è in noi. Verranno opportunamente tralasciati gli aspetti relativi all’impostazione (che varia a seconda del periodo o del genere: ad es. rinascimento, barocco, lirica, musica leggera… ) a favore esclusivamente delle nozioni fondamentali della tecnica di base, comune a qualsiasi stile o genere vocale.
Per intenderci, anche il miglior pianista jazz deve avere una impostazione tecnica di supporto, che avrà esercitato anche attraverso scale, arpeggi, esercizi ritmici, ecc. Nell’ordine verranno affrontati i seguenti argomenti:
-nozioni di acustica;
-fisiologia (corde vocali, diaframma e casse di risonanza);
-tecnica individuale (respirazione, articolazione, pronuncia, intonazione);
-tecnica di gruppo (estensione vocale, polifonia, intonazione)
Acustica.
Alcuni corpi sonori creano delle vibrazioni percepibili attraverso una massa d’aria definita. La condizione perché si produca un suono, piuttosto che rumore, è che queste vibrazioni siano regolari ed uniformi.
Il corpo elastico posto in oscillazione può essere ad esempio una piastra o una membrana negli strumenti a percussione (membranofoni), una sottile lingua di legno (ancia) negli strumenti a fiato (aerofoni), una corda negli strumenti a pizzico (cordofoni). L’oscillazione può avvenire direttamente attraverso una parte del corpo dell’esecutore (ad es. le dita) o indirettamente attraverso qualche strumento atto allo scopo (ad es. l’archetto del violinista o i martelletti del pianoforte).
Infine può avvenire anche attraverso l’immissione di una colonna d’aria quando questa è contenuta in un tubo rigido e allungato (come ad es. negli strumenti a fiato e… nella voce).
Una volta creata la vibrazione è necessario che un mezzo elastico interposto la trasmetta fedelmente al nostro orecchio: questo mezzo è l’aria, le cui molecole trasmettono dall’una all’altra il moto vibratorio del corpo sonoro. Allo scopo di amplificare l’effetto delle vibrazioni è preposta la cassa di risonanza. Questa è rappresentata, ad es., dal tamburo, dal cilindro del clarinetto, dalla coda del pianoforte, dalla cassa della chitarra… L’aria racchiusa, vibrando per ‘simpatia’, rinforza tutti i suoni prodotti dallo strumento.
La natura, però, aveva già pensato a creare uno strumento in noi:
-Il corpo posto in oscillazione è rappresentato dalle corde vocali
-L’oscillazione avviene attraverso espirazione d’aria controllata dal diaframma
Le casse di risonanza sono costituite da alcune cavità corporee.
Fisiologia
L’apparato fonatorio è composto da un insieme di organi cavi che occupano i seguenti ‘distretti’ corporei (doctor Ferretti docet: contraddicimi se sbaglio!):
-cavità nasali e seni paranasali,
-cavità faringea
-cavità laringea, trachea e bronchi
-cavità polmonari.
Senza addentrarsi nei particolari, ci interesserà puntualizzare in breve il ruolo svolto dalle corde vocali, dal diaframma e dalle cavità di risonanza.
–corde vocali
Le corde vocali sono dei muscoli posti nella cavità laringea. L’analogia con le corde degli strumenti musicali è totale: il tono della voce dipende dalla maggiore o minore tensione delle corde vocali e dal loro maggiore o minore spessore. Più la corda è spessa e robusta più il suono risulterà grave e sicuro, più la corda è sottile e debole più il suono sarà acuto e incerto.
Lo spessore è un problema fisiologico per il quale non è possibile intervenire, l’elasticità del muscolo, al contrario, può essere migliorata nel tempo a patto che, in parallelo, si ‘educhi’ la sensibilità dell’orecchio.
E’ assolutamente da sfatare il pregiudizio nei confronti degli ‘stonati’: è unicamente mancanza di ‘educazione’, lo stonato è, in realtà, un maleducato! Se vi sono problemi d’intonazione, con tempo, pazienza e attraverso esercizi corretti, si possono ‘tranquillamente’ risolvere.
–diaframma
Le corde vocali vengono poste in vibrazione da una uniforme colonna d’aria, precedentemente inspirata, in fase di espirazione controllata. Al controllo dell’uniformità è preposto un muscolo chiamato ‘diaframma’ (si tratta di un muscolo laminare che ha forma di cupola a concavità inferiore). E’ posto sotto ai polmoni. In fase di inspirazione si abbassa, in fase di espirazione si alza.
Saper utilizzare correttamente il diaframma è essenziale per la qualità e la stabilità del suono. Nel paragrafo relativo alla tecnica vedremo degli esercizi all’uopo.
Il completamento della funzione di vocalizzazione dipende dall’articolazione (in cui hanno un ruolo predominante labbra, lingua e palato molle) e dalla risonanza (che dipende da bocca, naso, seni paranasali e faringe).
–casse di risonanza
La caratteristica che rende unico il nostro settimo strumento è la possibilità, per l’appunto, di utilizzare più casse di risonanza. Queste sono costituite da quelle particolari cavità corporee nelle quali risuonano le vibrazioni prodotte dalla voce.
Anche in questo caso l’analogia con gli strumenti è presto individuata: più la cassa di risonanza è ampia, tanto maggiore sarà l’entità sonora e viceversa. Pensate, ad es., al contrabbasso in rapporto ad un violino: i suoni gravi del primo necessitano di una cassa più ampia in grado di sostenere la ridotta ampiezza delle vibrazioni.
Alla stessa stregua avviene per la voce: siamo in possesso di 4/5 casse di risonanza a seconda del ‘registro’ sonoro (vale a dire l’altezza di un suono in rapporto alla propria estensione).
Come per gli strumenti tanto più il registro è grave tanto più ampia sarà la cassa di risonanza e viceversa.
Per semplicità denominiamo come segue le casse di risonanza in rapporto ai precedenti distretti corporei:
-petto (registro grave – lirica)
–cavità polmonari
-gola (musica leggera)
–cavità laringea
-seconda gola (musica leggera)
–cavità faringea
-maschera (memorizzazione di un suono)
–cavità nasali e seni paranasali
-testa (registro acuto-rinascimento)
–cavità nasali e seni paranasali
Ad esempio chi ha l’estensione da tenore, utilizzerà il petto come cassa di risonanza per il registro grave, tendendo a passare di testa nel registro acuto
Il petto è rappresentato dalla zona attorno ai polmoni. Le cavità di risonanza interessate sono anche la trachea e i bronchi. Non pensate al famoso ‘DO di petto’ di Pavarotti: qui non si parla di impostazione della voce. Pavarotti utilizza l’impostazione lirica che a noi, indubbiamente, non interessa; ma nello stesso tempo, sfrutta la medesima cassa di risonanza: quella che garantisce la maggiore amplificazione.
L’errore che comunemente si commette è cantare troppo di gola. In parole semplici il registro di gola rappresenta la situazione usuale di quando parliamo: la zona preposta all’amplificazione delle vibrazioni è unicamente la gola, quindi la cavità laringea.
Tipico della peggiore musica leggera (ce n’è forse una migliore?), è da sconsigliarsi quando ci si ritrova nei registri acuto e grave. In particolare è abominevole tentare di intonare di gola una nota appartenente al proprio registro acuto: spesso si corrucciano sopracciglia o si fanno facce strane, dopodiché si sostiene che la nota è troppo alta per la propria estensione.
Tutto falso, la propria estensione di gola non corrisponde assolutamente con l’estensione che può raggiungere una voce educata a cantare di petto e di testa.
Stesso discorso vale per la seconda gola, che è una zona poco superiore che interessa la cavità faringea sulla quale, comunque, non vale la pena di soffermarsi.
La maschera rappresenta la zona attorno alle orbite degli occhi e in parte del setto nasale e paranasale. In pratica viene denominata così perché è la zona sulla quale poniamo la maschera di carnevale.
Si utilizza questa cassa di risonanza quando cantiamo… a bocca chiusa.
Proviamo a suonare un DO centrale e a intonarlo pronunciando una ‘m’ a bocca chiusa. Sentiremo le labbra vibrare: in quel momento sarà la maschera a sostenere le vibrazioni. Quando dobbiamo iniziare a cantare un gospel a cappella è molto utile prendere in questo modo la propria nota di partenza: ciò consente, tra l’altro, di evitare pericolosi cali d’intonazione che inevitabilmente condurrebbero ad una falsa partenza in grado di pregiudicare il proseguo dell’esecuzione
Infine la testa rappresenta il registro più importante, in quanto consente alla voce (così come il petto) di ‘arrivare’ a chi ci ascolta. Con ‘arrivare’ s’intende generalmente una capacità di emissione intensa, chiara, precisa, pulita, intonata e gradevole nel timbro.
Non si confonda il registro di testa con una particolare impostazione denominata ‘falsetto’: quest’ultimo viene utilizzato nella musica antica e nei cori virili.
Anticamente, infatti, le donne non avevano la possibilità di accedere alle cappelle musicali, pertanto si utilizzavano, con il sorgere della polifonia, le voci bianche (i bambini) come soprani e i ‘falsettisti’ (detti anche ‘castrati’) come contralti. Nei cori virili (ad es. i cori alpini) le parti acute vengono eseguite in falsetto, senza per questo ricorrere… a dolorose operazioni chirurgiche.
La testa è in realtà un registro vocale che sfrutta le cavità del setto nasale e frontale (quindi anche la maschera), la cavità boccale e mascellare. Il segreto per una intensa voce di testa è nel saper utilizzare il ‘palato molle’, vale a dire la parte terminale del palato (verso la gola). Tanto più sarà ampia la cavità boccale, tanto più il suono ‘arriverà’. Ma, in realtà, il segreto per ‘suonare’ perfettamente lo strumento che è in noi, è racchiuso in un insieme di accorgimenti che vanno dalla corretta respirazione, alla articolazione, alla pronuncia di vocali e consonanti, alla intonazione per giungere fino all’educazione dell’orecchio. In una sola parola il segreto è nella tecnica.
Non perdetevi il prossimo numero di Country Store, ne sentirete delle belle!
Andrea T. Gambetti, fonte Country Store n. 22, 1994