Ogni volta che metto le mani su di un nuovo disco di Larry Sparks mi chiedo com’è possibile che dopo tutti questi anni ne possegga così pochi. Tenendo conto, tra l’altro, che quando mi viene chiesto il nome di qualche cantante bluegrass che stimo particolarmente il suo non lo scordo mai.
Ho sentito fare nei suoi confronti grandi complimenti, per la sua originalità di cantante e soprattutto di chitarrista, da altri musicisti molto più famosi di lui, eppure nelle note di copertina dei dischi nessuno lo cita come fonte d’ispirazione, e come ospite in lavori altrui del nostro neanche l’ombra.
Di lui si parla sulle pagine di Bluegrass Unlimited una volta ogni tot anni perché la cosa gli è ‘dovuta’ (è stato il primo cantante a sostituire Carter Stanley dopo la sua morte…). E non che viva ai margini del ‘giro’: durante la stagione dei festival le locandine riportano spesso la sua faccia tra quelle degli altri ospiti. Vai a capire quant’è strano il mondo.
Un po’ di anni fa l’ho ascoltato dal vivo, e gli ho pure parlato, durante un festival negli Stati Uniti. Non regala un sorriso neanche a pagarlo e di venire in Europa non gl’importava un fico secco, fu uno scambio di battute durato circa 3 minuti, e la cosa mi fece supporre che il tipo fosse un po’ orso, che il suo modo di cantare, ‘lonesome’ come pochi altri, corrisponda effettivamente alla sua personalità schiva e poco socievole.
Questa, se è così, è la sua forza. Ascoltarlo cantare è un piacere, t’inonda di tristezza, di malinconia, ti fa sentire tutta la sua emotività e passionalità, sia dal vivo che da disco, perché il suono è praticamente identico. Se c’è uno che in studio non fa niente, dico niente, per accattivarsi l’ascoltatore, questo è Larry Sparks. Nel 90% dei casi lo si ascolta infatti accompagnato di solo contrabbasso-banjo-mandolino. Come, ancora una volta, in Special Delivery.
Apre Coleen Malone, dalla firma di Pete Goble la canzone che venne giudicata ‘Best Song of the Year’ dalla IBMA nel 1990 (erano gli Hot Rize), bella, bellissima anche in questa versione.
Buona anche la seguente Timberline, una delle due tracce del CD scritte da Gary Ferguson, un cantante di Gettysburg che dopo tanti anni non riesce ad uscire come si deve.
L’atmosfera del brano iniziale torna con Ghost Stories, spezzata da un assolo chitarristico che ripete, ma in maniera tutt’altro che banale, la melodia, con un paio di accenni di tremolo che danno al break il tocco alla Sparks. Si va avanti col classico country di Jimmie Davis Be Nobody’s Darling But Mine. Un paio di strumentali, l’originale Around The Carousel e San Antonio Rose.
Un Hank Williams, California Zephyr, ci ricorda l’amore di Sparks verso Williams, tanti anni fa gli dedicò infatti un album, che non mi pare sia stato ristampato in CD. Il resto scopritelo da soli. Se siete dei sentimentaloni come il sottoscritto, Larry Sparks vi farà godere. Garantito.
Rebel CD-1756 (Bluegrass Tradizionale, 2000)
Maurizio Faulisi, fonte Country Store n. 59, 2001