Seconda prova per la Larry Stephenson Band, questo album di gospel non può che confermare il giudizio iniziale: strumentalmente fortissimi e vocalmente molto uniti, i quattro elementi del gruppo hanno in breve tempo creato un suono ben riconoscibile e validissimo.
Se infatti lo stesso Stephenson non è sicuramente il migliore mandolinista sulla scena bluegrass contemporanea (pur preciso e pulito tecnicamente), ci pensano Marc Keller, Rick Allred e Doug Campbell a fornirci le ormai necessarie ‘emozioni strumentali’, anche in un rilassato e pio album di gospel.
La chitarra di Keller è una delle migliori in circolazione, non troppo modellata sui vari Rice, Carr o Crary, e fondamentalmente molto grintosa, Rick Allred al banjo ci fa chiedere sempre di più perché mai abbia ‘sprecato’ tutti quegli anni a suonare il mandolino con i Country Gentlemen o i Summer Wages (mah…), e Doug Campbell è una piacevolissima e grintosissima scoperta al basso.
Globalmente si nota, e fa molto piacere notarlo, che il suono dello band creata da Stephenson deve molto di più all’esperienza che Stephenson si è fatta con i Bluegrass Cardinals che non ai molti anni passati in quel mortorio (ancorché sereno e pulitino) che sono i Virginians di Bill Harrell.
Parlando più specificatamente di Close My Eyes To Heaven, siamo d’accordo con Bill Vernon, che nelle note di copertina ha posto l’accenno sull’accurata scelta dei pezzi: qui non troverete una ennesima collezione di superclassici, né l’ennesima scopiazzatura dei Quicksilver e Nashville Bluegrass Band: i pezzi a me noti sono solo tre, il classico I Have Found A Way (da Flatt and Scruggs), The End Of The Road (da Southern Connection – di cui Keller fu uno dei fondatori – e in seguito anche da Doyle Lawson & Quicksilver), e il tradizionale How Great Thou Art.
Tutti gli altri, anche se nelle note di copertina si leggono i nomi di BilI Monroe, Osborne Brothers, Lewis Family, Statler Brothers e Chuck Wagon Gang, sono pezzi francamente oscuri, ma piacevoli e ben coordinati. L’atmosfera generale è piuttosto rilassata, in rari momenti anche un po’ mollina (il mio sospetto è che il cronico uso di ‘overdubbing’ stia alla base di questa mollezza), e l’esecuzione è quasi impeccabile.
L’unico problema dell’album, e fondamentalmente anche del gruppo, risiede nell’unicità della voce di Larry Stephenson, una voce altissima, il tenor ideale se vogliamo, ma un po’ priva di corpo per un lead che si rispetti. Stephenson sa cantare, e sa utilizzare le tonalità giuste per la propria voce, ma alla fine di un album come questa i nostri timpani agognano frequenze al di sotto dei 15.000 Hertz, e la mano corre istintivamente a un disco di Ernest Tubb o Waylon Jennings…
Il suono di voci e strumenti, a parte critiche, è splendido, e non penso sia sbagliato raccomandare l’acquisto di Close My Eyes To Heaven a tutti gli amanti del bluegrass gospel. Certo, ameno che gli stessi non stiano già rispettivamente per procurarsi i 4 CD di Flatt & Scruggs 1949-59 editi dalla Bear Family…
No, non facciamo confronti sleali: Flatt and Scruggs sono sì il passato dorato a cui dobbiamo fare sempre riferimento, ma Larry Stephenson Band è sicuramente parte di quello che di buono si può trovare nel presente: ed è veramente buono.
Webco CD-0139 (Bluegrass Moderno, Bluegrass Tradizionale, 1991)
Silvio Ferretti, fonte Country Store n. 10, 1991