Lee Palmer - Bridge cover album

Toronto è sinonimo di grande attenzione per le cosiddette ‘performing arts’ in tutte le sfumature e centro culturale tra I più attivi e variegati del Nord America. La scena cantautorale e quella blues della città canadese hanno regalato agli appassionati pagine di passione e amore viscerale per la musica grazie ai suoi numerosissimi club. Lee Palmer, chitarrista e autore, ha forgiato il suo suono attraverso anni di concerti, raccogliendo attorno a se la crema del panorama legato al blues. Ampliando questa sua proposta al rock di matrice sudista, al soul con sfumature jazz e anche a certa country music, Lee Palmer può ora definirsi un musicista di ‘americana’ con tutte le varianti che questo termine comporta.

Bridge è il suo quarto album di una attività molto ampia, un disco piacevolissimo che simbolicamente si apre con l’ispirata That’s No Way To Go introdotta da una sognante chitarra acustica per poi attraversare i territori del profondo sud tributando omaggio a Glen Campbell e alla sua battaglia con l’Alzheimer e chiudendo con la brillante So Long As You’ve Been Loved dalle limpide tinte country. Tra queste due c’è tutto quello che Lee Palmer ama del suono americano, da Tulsa Sound dove si paga pegno al sound di JJ Cale, uno dei suoi mentori, a una Back To Lonely dal fascino senza tempo che ricorda il Ray Charles più ispirato.
Da ricordare ci sono ancora una pianistica e notturna Did It Feel Like This in cui il nostro duetta con la brava Mary McKay, My Town spigliata e solare con le sue inflessioni country e pop, My Old Man con ancora la country music nei geni e una fiatistica Well, Well, Well, Well in cui sono evidenti le inflessioni ‘neworleansiane’ a la Dr. John.
Un album questo Bridge che getta ponti e unisce sonorità diverse nel segno dell’amore indissolubile e disinteressato per la musica americana delle radici.

Autoprodotto (Roots Rock, 2017)

Remo Ricaldone, fonte TLJ, 2017

Ascolta l’album ora

Link amici