Local Exchange - Because He Lives cover album

Ecco un gruppo di cui nulla so, che non sia quello di cui un entusiasta, ed altrettanto a me sconosciuto Sonny Ludlam, scrive sulle note di copertina. Cioè niente. Bene, in questi casi è impossibile essere affetti da pregiudizi, nel bene o nel male.
La band è formata da cinque elementi: Vernon Hughes, mandolino e voce lead; Clyde Bailey, banjo, chitarra e harmony vocals (non meglio precisate: andando per esclusione immagino baritone); Mike Sharp, chitarra e dobro; Stephen Easter, basso acustico ed elettrico; e Michelle Nixon, cantante lead e, caso più unico che raro nel settore bluegrass, non suona niente. Direi che la sua voce, sia nella qualità che nel controllo, compensa abbondantemente la mancanza.
Un album di solo gospel può essere una cosa splendida o una cosa melensa. Diciamo che qui siamo a metà e metà. Accanto ad una quasi insopportabile In Times Like This (“di questi tempi hai bisogno di un punto di riferimento …”, e via di seguito filosofia spicciola da negozio di barbiere), ci sono cose come The Future Remains di Dudley Connel (la versione originale, pero, è un’altra cosa), una cosa dei Louvin, che non guasta mai, ed alcune composizioni originali di Michelle Nixon, che, devo dire, non sono niente male. Sono, giustamente, tagliate su misura della cantante.

I quattro suonano più che bene. Non ci sono pezzi a rotta di collo (il genere non si presta molto, del resto) ma non mancano gli up-tempo in cui non si notano problemi di timing o di coesione.
I pezzi lenti tendono a scivolare sul mieloso, come già detto, anche se con diverse eccezioni. Disturba un po’, a volte, l’intonazione non perfetta di, presumo, Vernon Hughes, che, se quando canta da solo si nota appena, in certi casi intacca sensibilmente la qualità dei cori. Peccato, perché ha una bella voce. Ma se le prestazioni vocali di certi cantautori nostrani non vi disturbano, andate tranquilli: non vene accorgerete nemmeno (anche se nel bluegrass certe dettagli, che altrove nemmeno si notano, non vengono tollerati: che volete, noi bluegrassari siamo fatti cosi).
Il gruppo, ed il disco, sono comunque sopra la media. Trenta o quarant’anni fa, quando nessuno suonava bluegrass, avrebbe suscitato notevoli entusiasmi. Oggi che, grazie a Dio, il numero di chi suona è grande (and rising), un gruppo come Local Exchange rischia di passare inosservato: ed è un peccato.

Copper Creek CCCD-0206 (Bluegrass Tradizionale, 2002)

Aldo Marchioni, fonte Country Store n. 66, 2003

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