È passato un bel po’ di tempo da quando la psicologa Lucy Kaplansky doveva dividere il suo studio e l’ambulatorio con lo studio di registrazione, strappata ai suoi pazienti da cantautori come Shawn Colvin, Nanci Griffith, John Gorka, che se la contendevano alle harmony vocal.
Ora quei pazienti hanno (speriamo) trovato qualcun altro cui confidare le proprie psicosi, e Kaplansky compie quest’anno il giro di boa dei dieci anni nel music biz, siglando con questo The Red Thread il suo quinto album, tutti per Red House.
Nel frattempo, in questi dieci anni (che l’hanno vista anche protagonista nei progetti Cry, Cry, Cry e The Wayfaring Strangers), Lucy Kaplansky è diventata una signora ormai vicina ai quarantanni, la sua voce da soprano si è arricchita di nuove sfumature timbriche e la sua scrittura di personalità e misura. Tutto questo riluce in The Red Thread, elegante raccolta nella quale trovano posto sei brani originali, composti assieme al marito, e quattro cover, e con la sola eccezione di una di queste, il rock, country flavoured, Off And Running, di James McMurtry, i brani migliori sono proprio quelli scritti da Lucy.
A cominciare dall’apertura di I Had Something, tra folk e pop e un chorus doppiato dalla voce di Richard Shindell, alle ballate ispirate dall’11 settembre, entrambe giocate con John Gorka, Line In The Sand e l’apice dell’album, assieme alla tematicamente gemella Brooklyn Train, Land Of Living, una delle istantanee più crude e prive di retorica di una città, New York, e di un Paese, gli Stati Uniti, alle prese con il giorno dopo e con quelli che ancora verranno. Musicalmente in equilibrio tra folk e pop screziato di country, The Red Thread, deve parecchio del suo fascino alla produzione di Ben Wittman e ai servigi di un cast di specialisti del settore, dalle chitarre di Duke Levine e di Jon Herington ai contributi vocali di Gorka, Shindell, Eliza Gilkynson e Jonatha Brooke.
Red House 166 (Singer Songwriter, Folk, Country Pop, 2004)
Mauro Eufrosini, fonte JAM n. 101, 2004
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