Lynwood Lunsford And The Misty Valley Boys - A Portrait Of The Blues cover album

Ho giá avuto il piacere di recensire su queste pagine Lynwood Lunsford (Pick Along, HH 1349). Allora suonava per Lost & Found, storica band virginiana. Oggi guida la sua banda, e direi che la guida bene.
Lunsford (uso il cognome: il nome non è dei piú pronunciabili, per noi) suona il banjo, e lo suona molto bene. E canta un ottimo baritone. Gli altri componenti della banda sono James Crain, chitarra e lead vocalist; Jason Barie, fiddle e tutte le parti vocali; e Gary Baird, basso e armonie, e anche lead su un pezzo che avrebbe fatto meglio a lasciar cantare a qualcun altro.
Tutti cantano, quindi, e tutti i pezzi sono cantati, nonostante l’indiscussa maestria del bandleader sul suo strumento. Tutta la banda è sempre in evidenza, con il che Lunsford dimostra di essere appunto un bandleader, e non giá un leader e basta. Completa i ranghi, per l’occasione, Ronnie Privette al mandolino.
Il repertorio, e lo stile, sono quelli che definiscono il bluegrass contemporaneo: piedi ben piantati nella tradizione, con i musicisti cresciuti ascoltando rock, jazz, pop e quant’altro. Sempre senza tradire la lezione dei padri fondatori.

Pochi gli standard, e non tra i piú ascoltati: cito Journey’s End e Will You Be Satisfied That Way. Quattro o cinque pezzi originali composti dai membri della band. Ed il resto prelevato dalle fonti piú svariate con una certa originalitá.
Manca, direi, il pezzo memorabile, quello che definisce l’album e lo fa ricordare. Forse la title cut, che apre l’album, è quella che si fa piú notare. Ed una cosa che noto riascoltando il disco, è che i pezzi messi in coda sono consistentemente quelli meno riusciti tecnicamente, specie nelle voci.
La band non ha (ancora) un suo suono distintivo, uno stile che la definisce subito al primo ascolto, come puó essere per la Lonesome River Band, cui la banda assomiglia a tratti come concetto, non come suono, o Blue Higway, tanto per fare un paio di esempi.
Direi che i punti di forza sono nel lavoro strumentale di tutti e tre i solisti (alcuni bass run della chitarra, ascoltati in cuffia, sanno sorprendere), e nelle parti corali. La voce lead di James Grain non è tra le mie preferite come timbro, ma qui si tratta di gusti personali. È comunque usata bene. Diciamo che è un disco che vale la pena di ascoltare.

Hay Holler HH1349 (Bluegrass Tradizionale, 2001)

Aldo Marchioni, fonte Country Store n. 64, 2002

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