Silvio Ferretti banjo mandolino chitarra dobro pick up legni action materiali e tensioni

Mi auguro sinceramente che non abbiate aspettato questa nuova ‘puntata’ della saga set-up con i vostri strumenti smontati o in assetto diciamo ‘sperimentale’: mi farei troppi sensi di colpa (ma so che siete più furbi di me, o solo più pigri, e non avete ancora attentato all’integrità dei vostri preziosi bimbi).

Vorrei iniziare con alcune precisazioni su cose dette nelle due puntate precedenti. Iniziamo con la frase “squadrate il fondo del solco con una lima a sezione quadrata”, che trovate nella parte 1, capoverso “2) capotasto”. Trovata? OK, la frase è giusta, ma vorrei raccomandarvi di tentare questa cosa solo se la lima che avete è di larghezza esattamente corrispondente a quella del solco del capotasto: in caso contrario scaverete un solco più stretto del giusto sul fondo del solco originale, se la lima è troppo stretta, o peggio vi ‘mangerete’ un pó di tastiera se la lima e troppo larga.

Occhio anche a lavorare con calma e senza sbandare con la lima, sempre per evitare solchi di forma o profondità di totale fantasia. Nel dubbio, come sempre, consultate un liutaio vero. Ancora: ultimo capoverso, sotto “5) meccaniche e cordiera”: voglio dirvi, ancora una volta, di stare attenti a questo punto, ma senza esagerare; meccaniche troppo lasche sono facilmente individuabili anche per il danno che causano alla vernice della faccia della paletta, spingendone su piccole o grandi scaglie per la trazione delle corde. Attenzione però a non stringere troppo per eliminare questo lasco: ho visto diverse buone meccaniche spaccarsi in due per stringimenti alla Schwarzenegger…

Passando al numero 2 della serie, là dove parlo di materiali per capotasto e osso del ponte, vorrei aggiungere che esistono altri materiali oltre a quelli elencati, lo so: vi ho solo parlato di quelli usati più frequentemente per gli strumenti che ci interessano. E in ultimo vorrei scusarmi con voi tutti per il fetentissimo disegno di pag.8, da cui potreste a buon diritto avere ricavato l’impressione che esista una diversa action ‘a saliscendi’ sui diversi tasti: in realtà quello che ho definito ‘fingerboard relief’ è in continuazione, ovviamente, con il resto della curvatura del manico, in un tutto armonico. E già che ci siamo vi confesso che mi hanno informato che oggi il termine ‘relief’ (neck relief) è più spesso usato per indicare il ‘rilievo’ del manico nel suo complesso, la curvatura che contribuisce a creare l’action dello strumento. Caso chiuso.

Action:
Per molti è una specie di parola magica, per quasi tutti è più che altro una preoccupazione, per i musicisti veri è qualcosa da sistemare una volta per tutte (con possibilità di aggiustamenti successivi minimi ma proprio se non se ne può fare a meno), per potere iniziare a pensare solo alla musica.
Ognuno di noi, prima o poi, si fa un’idea sulla propria action ideale, cioè su quella altezza di corde sulla tastiera che consente alle nostre mani di volare a trovare tutte le note più incredibili e premere giù le corde facilmente per fare suonare queste note nel modo più pulito. Fattaci questa idea, ci accorgiamo che:
1) non esiste solo un’altezza di corde sulla tastiera, ma anche un angolo delle corde sul ponte, e ambedue i fattori influenzano il suono;
2) la facilità di azione per le nostre dita dipende anche dall’altezza delle corde sulla tastiera al capotasto;
3) il nostro strumento ci sembra più o meno ‘duro’ in giorni diversi, anche se non abbiamo toccato niente;
4) vogliamo quasi sempre l’impossibile, cioè uno strumento facilissimo con tastiera morbidissima, e con un suono da campanone di Notre Dame…

Andiamo per ordine, ricordandoci quanto detto sui musicisti veri:

1) la ‘morbidezza’ delle corde per la mano sinistra (= action facile) è principalmente dovuta all’altezza delle corde sulla tastiera, quindi se possiamo spingere indietro l’angolo del manico con la cassa e ottenere così corde basse sulla tastiera non c’è dubbio che la nostra mano sinistra sarà più felice. Ma non dimentichiamo che la nostra mano destra dovrà spingere su corde che, avendo un’angolo più acuto sul ponte e quindi maggiore tensione su di esso, saranno in qualche misura più dure per plettro o dita, per non parlare ancora delle conseguenze su timbro e volume già accennate. E ricordiamoci che la forza con cui mettiamo in vibrazione le corde sarà fondamentale per determinare l’action corretta per il nostro tocco.

2) Tony Rice insegna che a nulla serve avere corde rasoterra sulla tastiera se la loro altezza al capotasto è eccessiva: solitamente l’altezza giusta di ogni corda al capotasto è quella che la stessa corda ha quando viene premuta sul primo tasto: banale, no? Si, ma quante volte si vedono action di 2 mm al capotasto (cioè sul primo tasto con corda a vuoto) e di 1 mm al primo tasto (cioè sul secondo tasto con corda premuta al primo): in questo modo lavorare sulle prime posizioni diventa un’impresa titanica. Va da sé che ogni aggiustamento di action al ponte deve essere preceduto dalla sistemazione dell’action al capotasto, per evitare successivi sgradevoli friggimenti.

3) Variazioni saltuarie dell’action possono dipendere dall’umidità, che varia la curvatura del manico (tipiche queste variazioni stagionali, in grande misura dovute al riscaldamento delle case d’inverno, alla ben nota maggiore umidità estiva, ecc), o nel caso del banjo ad una minore tensione della pelle, che fa ‘affondare’ il ponticello per la pressione delle corde. Dato che siete ragazzi intelligenti non insisterò troppo sul ricordarvi che le corde vecchie e troppo usate perdono elasticità e diventano più dure, che le corde di calibro maggiore hanno si maggiore durezza, ma che calibro non significa necessariamente tensione, quindi corde di pari calibro di marche diverse possono essere più o meno tese e quindi dure (e variare la stessa action), e infine che magicamente un’action difficoltosa diventa facile facile se solo suoniamo un pó di più di 10 o 20 minuti…

4) Si, capita spesso che si voglia l’impossibile, ma con un pó di lavoro ci si può avvicinare all’action ideale sullo strumento ideale con un suono che ci soddisfi: e ricordatevi che il suono ‘giusto’ deve essere sempre valutato nelle situazioni più varie per potere decidere se lavorare di set-up e come: resa nelle situazioni che ci interessano, ad es. attraverso microfono o pick-up, o in situazione acustica ideale, o banalmente nella nostra cucina (se volete però l’obiettività dovrete registrarvi molto bene e con un buon microfono, come minimo). Credo di avere esaurito molti dei ‘perchè’ sull’action: parlerò dei ‘come’ strumento per strumento.
Bye.

Silvio Ferretti, fonte Country Store n. 26, 1994

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